Il conflitto in Afghanistan, combattuto dagli Stati Uniti d’America e dai suoi alleati per lunghi vent’anni, ha posto sfide sempre diverse e in costante evoluzione, che hanno richiesto spiccate capacità di iniziativa e adattamento, sia a livello politico, sia a livello militare. Si sono verificati sostanziali cambiamenti del tema della campagna nel corso del conflitto: si è infatti passati da una fase iniziale di combattimento, ad una, centrale, di tipo contro-insurrezionale, fino ad arrivare ad una missione di sicurezza. Tale variabilità denota la mancanza di una chiara definizione degli obiettivi da raggiungere, la quale, unita a decisione politiche discutibili e ad una situazione di profonda frammentarietà ed eterogeneità della popolazione afghana, pose i presupposti per la successiva e definitiva presa di Kabul da parte dei Talebani. La condotta delle operazioni di combattimento e di contro-insurrezione, da un punto di vista strettamente militare, può essere, di fatto, considerata un successo in quanto portò a risultati concreti; ciò che mancò fu l’effettiva volontà di portare avanti la campagna di ricostruzione del Paese da parte dell’opinione pubblica, e, soprattutto, da parte della componente politica. Nell’ultimo decennio, l’evolversi degli eventi ha determinato un cambiamento nelle priorità della NATO che ha dovuto adattare, in risposta alle nuove minacce di tipo asimmetrico, le proprie forze, il proprio addestramento e il posizionamento delle proprie truppe. Molte delle nazioni appartenenti all’Alleanza si sono fatte trovare impreparate dinanzi alla possibilità di un conflitto convenzionale, costringendole ad una frettolosa riforma del settore della difesa. La stabilità delle relazioni internazionali di cui ha goduto l’Europa e gli Stati Uniti rischia di degenerare da un momento all’altro ed è compito delle istituzioni statali ed internazionali prevedere le possibili minacce future, garantendo la preparazione di tutti gli assetti necessari per contrastarle. Uno Stato sovrano non può considerarsi tale se non dispone di uno strumento di difesa moderno che sia in grado di manovrare e operare all’interno dei cinque domini (terrestre, marittimo, aereo, spaziale e cibernetico) nei quali si prevede si combatteranno i conflitti futuri; questi, quindi, assumeranno le caratteristiche delle cosiddette Multi Domain Operations. Inoltre, ci si aspetta che i diversi attori internazionali facciano ampio ricorso alla guerra per procura, soprattutto in ambito cibernetico, e che si confrontino aspramente in campo economico e in merito al controllo delle risorse naturali.

IL “DOPO AFGHANISTAN”: FINITA L’ERA DELLE GRANDI OPERAZIONI MILITARI?

PALMA, MATTEO
2021/2022

Abstract

Il conflitto in Afghanistan, combattuto dagli Stati Uniti d’America e dai suoi alleati per lunghi vent’anni, ha posto sfide sempre diverse e in costante evoluzione, che hanno richiesto spiccate capacità di iniziativa e adattamento, sia a livello politico, sia a livello militare. Si sono verificati sostanziali cambiamenti del tema della campagna nel corso del conflitto: si è infatti passati da una fase iniziale di combattimento, ad una, centrale, di tipo contro-insurrezionale, fino ad arrivare ad una missione di sicurezza. Tale variabilità denota la mancanza di una chiara definizione degli obiettivi da raggiungere, la quale, unita a decisione politiche discutibili e ad una situazione di profonda frammentarietà ed eterogeneità della popolazione afghana, pose i presupposti per la successiva e definitiva presa di Kabul da parte dei Talebani. La condotta delle operazioni di combattimento e di contro-insurrezione, da un punto di vista strettamente militare, può essere, di fatto, considerata un successo in quanto portò a risultati concreti; ciò che mancò fu l’effettiva volontà di portare avanti la campagna di ricostruzione del Paese da parte dell’opinione pubblica, e, soprattutto, da parte della componente politica. Nell’ultimo decennio, l’evolversi degli eventi ha determinato un cambiamento nelle priorità della NATO che ha dovuto adattare, in risposta alle nuove minacce di tipo asimmetrico, le proprie forze, il proprio addestramento e il posizionamento delle proprie truppe. Molte delle nazioni appartenenti all’Alleanza si sono fatte trovare impreparate dinanzi alla possibilità di un conflitto convenzionale, costringendole ad una frettolosa riforma del settore della difesa. La stabilità delle relazioni internazionali di cui ha goduto l’Europa e gli Stati Uniti rischia di degenerare da un momento all’altro ed è compito delle istituzioni statali ed internazionali prevedere le possibili minacce future, garantendo la preparazione di tutti gli assetti necessari per contrastarle. Uno Stato sovrano non può considerarsi tale se non dispone di uno strumento di difesa moderno che sia in grado di manovrare e operare all’interno dei cinque domini (terrestre, marittimo, aereo, spaziale e cibernetico) nei quali si prevede si combatteranno i conflitti futuri; questi, quindi, assumeranno le caratteristiche delle cosiddette Multi Domain Operations. Inoltre, ci si aspetta che i diversi attori internazionali facciano ampio ricorso alla guerra per procura, soprattutto in ambito cibernetico, e che si confrontino aspramente in campo economico e in merito al controllo delle risorse naturali.
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