«Prima quidem scribentis cura est, cui scribat attendere»: Petrarca lo scrive nella lettera proemiale delle Familiares, indirizzata al dedicatario dell’opera, il suo Socrate, il musico Ludovico Santo di Beringen. Essa offre ai lettori un’informazione programmatica: il poeta, prima di iniziare a scrivere ogni lettera, pensa al destinatario, alla sua indole, alle emozioni che proverà quando leggerà l’epistola. Lo studio si propone di analizzare due destinatari delle Familiari, ovvero Giovanni Aghinolfi, cancelliere gonzaghese, e Guido Gonzaga, signore di Mantova, e le missive che Petrarca invia loro. Nel primo capitolo, prevalentemente compilativo, propongo un’introduzione al corpus, con un accenno al rapporto complesso che Petrarca intrattiene con il potere. In seguito, nel secondo e terzo capitolo, tratto la vita dei corrispondenti e l’analisi delle missive petrarchesche. Il lavoro tenta di delineare qualche “frammento”, qualche tratto della personalità storica del Petrarca e dunque dimostrare come, sebbene l’Aghinolfi e il Gonzaga appartengano alla sfera politico-diplomatica, il legame che intessono con il poeta è tutt’altro che freddo e sterile, ma bensì ricco di affetto e stima; esso è anche accomunato dalla passione per la cultura classica: la letteratura infatti incarna uno degli argomenti principali delle lettere. Petrarca consegna le Familiares alla posterità, offrendo la sua vita come modello: attraverso le lettere si è raccontato ai suoi contemporanei e continua a farlo ancora oggi. Il poeta comunica l’importanza dei valori a lui più cari, quali l’amicizia, tema centrale della raccolta. In Post. 6, vero e proprio testamento petrarchesco, egli afferma: «Convivere autem cum amicis adeo iocundum, ut eorum superventu nil gratius habuerum». Petrarca comunica in questa maniera che senza l’amicizia la vita non è degna di essere vissuta.

"Infinite sunt varietates hominum": su due corrispondenti delle Familiari di Francesco Petrarca

RIVELLO, FRANCESCA
2020/2021

Abstract

«Prima quidem scribentis cura est, cui scribat attendere»: Petrarca lo scrive nella lettera proemiale delle Familiares, indirizzata al dedicatario dell’opera, il suo Socrate, il musico Ludovico Santo di Beringen. Essa offre ai lettori un’informazione programmatica: il poeta, prima di iniziare a scrivere ogni lettera, pensa al destinatario, alla sua indole, alle emozioni che proverà quando leggerà l’epistola. Lo studio si propone di analizzare due destinatari delle Familiari, ovvero Giovanni Aghinolfi, cancelliere gonzaghese, e Guido Gonzaga, signore di Mantova, e le missive che Petrarca invia loro. Nel primo capitolo, prevalentemente compilativo, propongo un’introduzione al corpus, con un accenno al rapporto complesso che Petrarca intrattiene con il potere. In seguito, nel secondo e terzo capitolo, tratto la vita dei corrispondenti e l’analisi delle missive petrarchesche. Il lavoro tenta di delineare qualche “frammento”, qualche tratto della personalità storica del Petrarca e dunque dimostrare come, sebbene l’Aghinolfi e il Gonzaga appartengano alla sfera politico-diplomatica, il legame che intessono con il poeta è tutt’altro che freddo e sterile, ma bensì ricco di affetto e stima; esso è anche accomunato dalla passione per la cultura classica: la letteratura infatti incarna uno degli argomenti principali delle lettere. Petrarca consegna le Familiares alla posterità, offrendo la sua vita come modello: attraverso le lettere si è raccontato ai suoi contemporanei e continua a farlo ancora oggi. Il poeta comunica l’importanza dei valori a lui più cari, quali l’amicizia, tema centrale della raccolta. In Post. 6, vero e proprio testamento petrarchesco, egli afferma: «Convivere autem cum amicis adeo iocundum, ut eorum superventu nil gratius habuerum». Petrarca comunica in questa maniera che senza l’amicizia la vita non è degna di essere vissuta.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/79382