Il settore suinicolo rappresenta un segmento importante del settore agroalimentare italiano. La suinicoltura italiana è finalizzata alla produzione di capi da riproduzione e capi da ingrasso, che si suddividono in due categorie: suini “leggeri” per il consumo fresca e suini “pesanti” per la trasformazione in salumi. L’allevamento all’aperto viene considerato sostenibile dal punto di vista ambientale e rispettoso del benessere animale. Prevede il ricorso a superfici naturali di dimensioni più o meno ampie, attrezzate con semplici strutture per il controllo degli animali. Si utilizzano spesso razze locali, più rustiche e resistenti ad alcune malattie rispetto agli ibridi commerciali, contribuendo al recupero di un patrimonio genetico raro. Questa tipologia di allevamento è frequentemente realizzata in zone marginali dove il valore dei terreni è più contenuto. Anche per questo motivo, negli ultimi anni il numero di allevamenti all’aperto è in crescita costante, e a questo incremento hanno contribuito inoltre le recenti normative e la maggiore sensibilità dei consumatori nei confronti della sostenibilità ambientale e del benessere animale. Per la valutazione del benessere animale vengono analizzati diversi parametri, tra cui le condizioni di vita, il rispetto dei fabbisogni e la capacità di adattamento all’ambiente; queste valutazioni portano a una classificazione degli allevamenti su tre livelli di rischio. A prescindere dalla tipologia di allevamento, le misure atte a soddisfare il benessere animale portano sempre ad un miglioramento delle performance produttive. Anche la qualità della carne è più elevata se gli animali sono allevati in condizioni di ridotto o assenza di stress; come nel caso dell’allevamento all’aperto, dove tale condizione dovrebbe essere riconosciuta in un prezzo maggiore. A tale riguardo, uno studio ha dimostrato che i suini sono tra i più sensibili alla tipologia di ricovero, in dipendenza della quale cambiano il carattere e la predisposizione ad ammalarsi. L’allevamento all’aperto, se adeguatamente condotto, è una risposta interessante in questa direzione. Parallelamente agli aspetti etici ed etologici, è necessario valutare anche quelli economici. Conseguire un reddito netto adeguato rispetto ad un allevamento intensivo tradizionale è più difficile in quanto, benché alcune voci di costo risultino più contenute, i ricavi possono diminuire in relazione all’allungamento del ciclo di allevamento, e il prezzo di vendita potrebbe non compensarlo del tutto. La produzione complessiva potrebbe anche diminuire a causa del minor numero di capi allevabili per unità di superficie. Accanto agli aspetti positivi relativi al benessere e alla qualità dei prodotti, l’allevamento all’aperto presenta quindi alcune problematiche legate alla variabilità delle produzioni, ad un maggior rischio di esposizione ad alcune patologie e alla minor intensività di allevamento, che portano nel complesso a risultati economici più contenuti.

Allevamento suino all’aperto: benessere animale e valutazioni economiche

ANASTASI, FRANCESCA
2020/2021

Abstract

Il settore suinicolo rappresenta un segmento importante del settore agroalimentare italiano. La suinicoltura italiana è finalizzata alla produzione di capi da riproduzione e capi da ingrasso, che si suddividono in due categorie: suini “leggeri” per il consumo fresca e suini “pesanti” per la trasformazione in salumi. L’allevamento all’aperto viene considerato sostenibile dal punto di vista ambientale e rispettoso del benessere animale. Prevede il ricorso a superfici naturali di dimensioni più o meno ampie, attrezzate con semplici strutture per il controllo degli animali. Si utilizzano spesso razze locali, più rustiche e resistenti ad alcune malattie rispetto agli ibridi commerciali, contribuendo al recupero di un patrimonio genetico raro. Questa tipologia di allevamento è frequentemente realizzata in zone marginali dove il valore dei terreni è più contenuto. Anche per questo motivo, negli ultimi anni il numero di allevamenti all’aperto è in crescita costante, e a questo incremento hanno contribuito inoltre le recenti normative e la maggiore sensibilità dei consumatori nei confronti della sostenibilità ambientale e del benessere animale. Per la valutazione del benessere animale vengono analizzati diversi parametri, tra cui le condizioni di vita, il rispetto dei fabbisogni e la capacità di adattamento all’ambiente; queste valutazioni portano a una classificazione degli allevamenti su tre livelli di rischio. A prescindere dalla tipologia di allevamento, le misure atte a soddisfare il benessere animale portano sempre ad un miglioramento delle performance produttive. Anche la qualità della carne è più elevata se gli animali sono allevati in condizioni di ridotto o assenza di stress; come nel caso dell’allevamento all’aperto, dove tale condizione dovrebbe essere riconosciuta in un prezzo maggiore. A tale riguardo, uno studio ha dimostrato che i suini sono tra i più sensibili alla tipologia di ricovero, in dipendenza della quale cambiano il carattere e la predisposizione ad ammalarsi. L’allevamento all’aperto, se adeguatamente condotto, è una risposta interessante in questa direzione. Parallelamente agli aspetti etici ed etologici, è necessario valutare anche quelli economici. Conseguire un reddito netto adeguato rispetto ad un allevamento intensivo tradizionale è più difficile in quanto, benché alcune voci di costo risultino più contenute, i ricavi possono diminuire in relazione all’allungamento del ciclo di allevamento, e il prezzo di vendita potrebbe non compensarlo del tutto. La produzione complessiva potrebbe anche diminuire a causa del minor numero di capi allevabili per unità di superficie. Accanto agli aspetti positivi relativi al benessere e alla qualità dei prodotti, l’allevamento all’aperto presenta quindi alcune problematiche legate alla variabilità delle produzioni, ad un maggior rischio di esposizione ad alcune patologie e alla minor intensività di allevamento, che portano nel complesso a risultati economici più contenuti.
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