Study design: narrative review. Background: stroke is an extremely impactful and debilitating condition that, in the worst cases, results in death or severe disability of the affected individual. Neuroplasticity is the key element that determines the degree of recovery of a person post-stroke, always considering the severity of the damage. Physical therapy is always applied in the patient’s recovery; efforts should be made to optimize it to try to achieve the best possible outcome. Aim: to identify, in the acute phase post-stroke, the neurobiological and neurophysiological mechanisms underlying recovery, the indications present in the guidelines and adherence to them concerning outcomes, and finally, to understand the impact of spontaneous recovery and recovery induced by physical therapy on functional recovery, including the chronic phase to indirectly analyze the acute phase. Materials and methods: for each of the three objectives, a question was formulated from which appropriate search strings were generated to consult the main databases. The studies were then selected based on specific inclusion and exclusion criteria. Results: 51 studies were selected from the bibliographic research; 18 were used to answer the first question, 19 for the second question, and 15 for the third question. Regarding the first question, it emerged that there are multiple mechanisms contributing to post-stroke recovery, such as the resolution of diaschisis, resolution of cerebral edema, reduction of hyperexcitability in the contralesional hemisphere, and many others. In response to the second question, it was found that the guidelines have consistent indications regarding the early mobilization of the patient in the acute phase, after 24 hours but before 48 if there is clinical stability, and also regarding the fact that the patient must be treated in a Stroke Unit; there seems to be less uniformity regarding the hypothesis that a greater amount of rehabilitation gives better outcomes. Finally, the third question highlighted that it is clear that spontaneous recovery is predominant in the first three months post-stroke; however, it is not as clear what the extent of recovery induced by physical therapy is. Frequently, the results of the studies show a better outcome in the intervention group compared to the control group, as typically the intervention involves a greater amount of therapy and is more clearly defined than in the control group. However, some studies have indicated that this difference between the intervention group and the control group does not persist in the chronic phase, as the control group tends to achieve a similar final outcome. Some studies hypothesize that improvements in the chronic phase, compared to those in the acute phase, are primarily linked to therapy, as that phase would elude spontaneous recovery. Conclusions: post-stroke recovery is a subject that still offers little room for definitive and certain conclusions; however, due to the drastic impact it has on individuals and globally, such conclusions would be necessary to enable practitioners to act in the most appropriate way to attempt to achieve the maximum possible recovery of the patient. It is fairly certain that spontaneous recovery, through multiple mechanisms, reaches its peak in the first three months following the event. It is highly recommended that the patient be mobilized as soon as their clinical condition is stable, following medical assessment; there is a consensus on moving the patient after 24 hours, not before. It is still not clear what the impact of physical therapy is on the patient's recovery; however, it seems to be better understood that physical therapy acts in terms of compensation and adaptation rather than restitution, as occurs with spontaneous recovery.
Disegno dello studio: revisione narrativa. Background: l’ictus è una patologia estremamente impattante e invalidante, che nei casi peggiori esita con la morte o con la grave disabilità della persona colpita. La neuroplasticità è l’elemento chiave che determina il grado di recupero della persona post-ictus, sempre tenendo conto della gravità del danno. La fisioterapia è sempre applicata nel recupero del paziente, bisogna cercare di ottimizzarla per tentare di ottenere il miglior outcome possibile. Obiettivo: individuare, nella fase acuta post-ictus, i meccanismi neurobiologici e neurofisiologici alla base del recupero, le indicazioni presenti nelle linee guida e l’aderenza a esse rispetto agli outcome e, infine, comprendere quale sia l’impatto del recupero spontaneo e indotto dalla fisioterapia nel recupero funzionale. Materiali e Metodi: per ognuno dei tre obiettivi è stato formulato un quesito dai quali sono state generate le opportune stringhe di ricerca per consultare le principali banche dati. Gli studi sono stati successivamente selezionati con precisi criteri di inclusione ed esclusione. Risultati: dalla ricerca bibliografica sono stati selezionati 51 studi, rispettivamente 18 sono stati utilizzati per rispondere al primo quesito, 19 per il secondo quesito e 15 per il terzo quesito. Rispetto al primo quesito è emerso che sono molteplici i meccanismi che contribuiscono al recupero post-ictus, come la risoluzione della diaschisi, la risoluzione dell'edema cerebrale, la riduzione dell'ipereccitabilità dell'emisfero controlesionale e molti altri. In risposta al secondo quesito è risultato che le linee guida hanno indicazioni coerenti tra loro in merito alla mobilitazione precoce del paziente in fase acuta, dopo le 24 ore ma prima delle 48 se c’è stabilità clinica, e anche sul fatto che il paziente debba essere curato in stroke unit; meno uniformità sembra esserci in merito all'ipotesi che una quantità maggiore di riabilitazione dia outcome migliori. Infine, dal terzo quesito si è evidenziato che è chiaro che il recupero spontaneo sia prevalente nei primi tre mesi post-ictus, non è altrettanto chiaro quale sia l’entità del recupero indotto dalla fisioterapia; frequentemente i risultati degli studi mostrano un outcome migliore nel gruppo di intervento rispetto al controllo, poiché di solito l’intervento ha una quantità maggiore di terapia ed è ben delineato rispetto al controllo. Però da alcuni studi è emerso come questa differenza tra gruppo di intervento e gruppo di controllo non permanga nella fase cronica, in quanto il gruppo di controllo tende a ottenere un valore di outcome finale simile. Alcuni studi ipotizzano che i miglioramenti in fase cronica, rispetto a quelli in fase acuta, siano prevalentemente legati alla terapia in quanto tale fase eluderebbe il recupero spontaneo. Conclusioni: il recupero post-ictus è un argomento che lascia ancora poco spazio a conclusioni definitive e sicure anche se, per via del drastico impatto che ha sulle persone e a livello mondiale, sarebbero necessarie per permettere agli operatori di agire nella maniera più corretta nel tentativo di ottenere il massimo recupero possibile del paziente. È pressoché sicuro che il recupero spontaneo, con molteplici meccanismi, abbia la sua massima espressione nei primi tre mesi in seguito all'evento. È molto indicato che il paziente venga mobilitato non appena la sua condizione clinica sia stabile, dopo l’accertamento medico; come riferimento temporale c’è condivisione del far muovere il paziente dopo le 24 ore, non prima. Non è ancora ben chiaro quanto sia l’impatto della fisioterapia sul recupero del paziente, sembra però essere più compreso che la fisioterapia agisca in termini di compensazione e adattamento più che di restituzione, come invece avviene con il recupero spontaneo.
L’ictus in fase acuta: meccanismi di recupero e riabilitazione
CASALONE, NICCOLÒ
2023/2024
Abstract
Disegno dello studio: revisione narrativa. Background: l’ictus è una patologia estremamente impattante e invalidante, che nei casi peggiori esita con la morte o con la grave disabilità della persona colpita. La neuroplasticità è l’elemento chiave che determina il grado di recupero della persona post-ictus, sempre tenendo conto della gravità del danno. La fisioterapia è sempre applicata nel recupero del paziente, bisogna cercare di ottimizzarla per tentare di ottenere il miglior outcome possibile. Obiettivo: individuare, nella fase acuta post-ictus, i meccanismi neurobiologici e neurofisiologici alla base del recupero, le indicazioni presenti nelle linee guida e l’aderenza a esse rispetto agli outcome e, infine, comprendere quale sia l’impatto del recupero spontaneo e indotto dalla fisioterapia nel recupero funzionale. Materiali e Metodi: per ognuno dei tre obiettivi è stato formulato un quesito dai quali sono state generate le opportune stringhe di ricerca per consultare le principali banche dati. Gli studi sono stati successivamente selezionati con precisi criteri di inclusione ed esclusione. Risultati: dalla ricerca bibliografica sono stati selezionati 51 studi, rispettivamente 18 sono stati utilizzati per rispondere al primo quesito, 19 per il secondo quesito e 15 per il terzo quesito. Rispetto al primo quesito è emerso che sono molteplici i meccanismi che contribuiscono al recupero post-ictus, come la risoluzione della diaschisi, la risoluzione dell'edema cerebrale, la riduzione dell'ipereccitabilità dell'emisfero controlesionale e molti altri. In risposta al secondo quesito è risultato che le linee guida hanno indicazioni coerenti tra loro in merito alla mobilitazione precoce del paziente in fase acuta, dopo le 24 ore ma prima delle 48 se c’è stabilità clinica, e anche sul fatto che il paziente debba essere curato in stroke unit; meno uniformità sembra esserci in merito all'ipotesi che una quantità maggiore di riabilitazione dia outcome migliori. Infine, dal terzo quesito si è evidenziato che è chiaro che il recupero spontaneo sia prevalente nei primi tre mesi post-ictus, non è altrettanto chiaro quale sia l’entità del recupero indotto dalla fisioterapia; frequentemente i risultati degli studi mostrano un outcome migliore nel gruppo di intervento rispetto al controllo, poiché di solito l’intervento ha una quantità maggiore di terapia ed è ben delineato rispetto al controllo. Però da alcuni studi è emerso come questa differenza tra gruppo di intervento e gruppo di controllo non permanga nella fase cronica, in quanto il gruppo di controllo tende a ottenere un valore di outcome finale simile. Alcuni studi ipotizzano che i miglioramenti in fase cronica, rispetto a quelli in fase acuta, siano prevalentemente legati alla terapia in quanto tale fase eluderebbe il recupero spontaneo. Conclusioni: il recupero post-ictus è un argomento che lascia ancora poco spazio a conclusioni definitive e sicure anche se, per via del drastico impatto che ha sulle persone e a livello mondiale, sarebbero necessarie per permettere agli operatori di agire nella maniera più corretta nel tentativo di ottenere il massimo recupero possibile del paziente. È pressoché sicuro che il recupero spontaneo, con molteplici meccanismi, abbia la sua massima espressione nei primi tre mesi in seguito all'evento. È molto indicato che il paziente venga mobilitato non appena la sua condizione clinica sia stabile, dopo l’accertamento medico; come riferimento temporale c’è condivisione del far muovere il paziente dopo le 24 ore, non prima. Non è ancora ben chiaro quanto sia l’impatto della fisioterapia sul recupero del paziente, sembra però essere più compreso che la fisioterapia agisca in termini di compensazione e adattamento più che di restituzione, come invece avviene con il recupero spontaneo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/7889