Come la razionalità (o irrazionalità) di un individuo influisce sull’ambiente circostante? Con “ambiente circostante” si sono intese tutte le situazioni in cui un soggetto si ritrova ad effettuare decisioni attraverso o un ragionamento superficiale (il quale non richiede molto sforzo), o un’attività cognitiva che prevede più tempo, quindi più “profonda”. Ciò ha permesso di identificare sia le scelte che influiscono sulla produzione, sia le scelte economiche e strategiche che le imprese attuano col fine di ottenere migliori risultati e una “fidelizzazione” del cliente verso i propri prodotti e marchi. L’irrazionalità diventa quindi un fondamentale oggetto di studio di molte imprese, le quali modellano e procedono nella produzione e nella scelta di strategia di vendita del prodotto, in base agli errori sistematici e non che il cliente commette nel momento di acquisto e di valutazione di un prodotto. Questo approccio interpreta il comportamento economico tramite diversi metodi di studio quali la statistica, esperimenti in laboratorio e pratici. Attraverso l’approfondimento sullo studio dell’opera di Kahneman, si è evinto che il decisore presenta vincoli cognitivi, che impediscono alla mente di effettuare una scelta ottimale, e che generano bias ed euristiche. L’individuo viene condizionato da tanti fattori che lo portano a cambiare scelta, nonostante l’esito di quest’ultima comporti un risultato uguale se non peggiore. Da qui la definizione di razionalità limitata di Simon, il quale osserva che molti comportamenti non perseguono processi di scelta ottimali capaci di valutare tutte le alternative possibili. Dal punto di vista economico i consumatori commettono degli errori di valutazione scegliendo certi prodotti piuttosto che altri, perché influenzati o “ingannati” dalle strategie di marketing che le imprese attuano. La scelta di acquisto e di consumo di un certo prodotto, si riferisce infatti sempre più a sensazioni ed emozioni che quest’ultimo provoca, piuttosto che al bisogno e all’utilità. In questa prospettiva, si osserva come sia difficoltoso stabilire metodi e modelli univoci volti a comprendere la scelta del consumatore. Le determinanti cognitive del valore di un brand sono sempre più essenziali per aumentare ciò che è l’obbiettivo di un’impresa: i profitti. Grazie all’utilizzo di un modello definito come Associative Network Memory Model, è stato possibile analizzare le caratteristiche che influiscono sull’approccio che il consumatore ha nei confronti di un marchio. Il modello definisce una serie di reti associative formate da nodi che rappresentano informazioni e concetti che l’individuo apprende. Ciò ci permette quindi di capire come viene attribuito valore ad un brand e quali caratteristiche possono influire sulla propensione verso l’uno piuttosto che verso un altro. Attraverso il Prisma di Kapferer, il quale rappresenta le sei dimensioni che formano l’identità di un brand (elemento fisico, personalità, cultura, immagine, riflesso, relazioni), si è mostrato come soddisfacendo queste dimensioni sia possibile differenziare il brand rendendolo unico, ottenendo quindi un marchio vincente. Epstein sottolinea, però, che non esistono attributi ed errori sistematici che consentono di prevedere il mercato, ma ciò non implica che non ci possano essere studi riferiti a previsioni sulla irrazionalità del consumatore.

Economia comportamentale e consumo

QUINES, DANIEL ROBERTO
2021/2022

Abstract

Come la razionalità (o irrazionalità) di un individuo influisce sull’ambiente circostante? Con “ambiente circostante” si sono intese tutte le situazioni in cui un soggetto si ritrova ad effettuare decisioni attraverso o un ragionamento superficiale (il quale non richiede molto sforzo), o un’attività cognitiva che prevede più tempo, quindi più “profonda”. Ciò ha permesso di identificare sia le scelte che influiscono sulla produzione, sia le scelte economiche e strategiche che le imprese attuano col fine di ottenere migliori risultati e una “fidelizzazione” del cliente verso i propri prodotti e marchi. L’irrazionalità diventa quindi un fondamentale oggetto di studio di molte imprese, le quali modellano e procedono nella produzione e nella scelta di strategia di vendita del prodotto, in base agli errori sistematici e non che il cliente commette nel momento di acquisto e di valutazione di un prodotto. Questo approccio interpreta il comportamento economico tramite diversi metodi di studio quali la statistica, esperimenti in laboratorio e pratici. Attraverso l’approfondimento sullo studio dell’opera di Kahneman, si è evinto che il decisore presenta vincoli cognitivi, che impediscono alla mente di effettuare una scelta ottimale, e che generano bias ed euristiche. L’individuo viene condizionato da tanti fattori che lo portano a cambiare scelta, nonostante l’esito di quest’ultima comporti un risultato uguale se non peggiore. Da qui la definizione di razionalità limitata di Simon, il quale osserva che molti comportamenti non perseguono processi di scelta ottimali capaci di valutare tutte le alternative possibili. Dal punto di vista economico i consumatori commettono degli errori di valutazione scegliendo certi prodotti piuttosto che altri, perché influenzati o “ingannati” dalle strategie di marketing che le imprese attuano. La scelta di acquisto e di consumo di un certo prodotto, si riferisce infatti sempre più a sensazioni ed emozioni che quest’ultimo provoca, piuttosto che al bisogno e all’utilità. In questa prospettiva, si osserva come sia difficoltoso stabilire metodi e modelli univoci volti a comprendere la scelta del consumatore. Le determinanti cognitive del valore di un brand sono sempre più essenziali per aumentare ciò che è l’obbiettivo di un’impresa: i profitti. Grazie all’utilizzo di un modello definito come Associative Network Memory Model, è stato possibile analizzare le caratteristiche che influiscono sull’approccio che il consumatore ha nei confronti di un marchio. Il modello definisce una serie di reti associative formate da nodi che rappresentano informazioni e concetti che l’individuo apprende. Ciò ci permette quindi di capire come viene attribuito valore ad un brand e quali caratteristiche possono influire sulla propensione verso l’uno piuttosto che verso un altro. Attraverso il Prisma di Kapferer, il quale rappresenta le sei dimensioni che formano l’identità di un brand (elemento fisico, personalità, cultura, immagine, riflesso, relazioni), si è mostrato come soddisfacendo queste dimensioni sia possibile differenziare il brand rendendolo unico, ottenendo quindi un marchio vincente. Epstein sottolinea, però, che non esistono attributi ed errori sistematici che consentono di prevedere il mercato, ma ciò non implica che non ci possano essere studi riferiti a previsioni sulla irrazionalità del consumatore.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/78623