Dalla fine del secolo scorso in Italia, così come in altri paesi europei, vari fattori di carattere economico e politico hanno portato le politiche nazionali ad una rivalutazione del ruolo e delle potenzialità dell'arboricoltura da legno. La progettazione delle nuove piantagioni ha previsto, rispetto all'esperienza passata, l'impiego di specie diverse quali noce, ciliegio, quercia. Ad orientare la scelta verso le ¿latifoglie di pregio¿, hanno concorso i prezzi di mercato del legno, ma ancor più gli incentivi della nuova Politica Agricola Comunitaria, che si è posta come finalità ultima la diminuzione delle produzioni agricole in eccedenza, anche favorendo l'imboschimento di terreni coltivati, con finanziamenti. Ciò ha portato alla realizzazione di alcune migliaia di impianti a partire dagli anni '90 del secolo scorso. Sovente però i progettisti e gli agricoltori si sono trovati di fronte a difficoltà, nella realizzazione di queste piantagioni, sia nel reperire materiale vivaistico adeguato, sia nell'affrontare con scarsa esperienza e conoscenze le problematiche relative alle diverse specie arboree e alla loro gestione colturale. Ci si chiede quindi se gli attuali impianti di arboricoltura risentano di scelte errate, per cui difficilmente l'obiettivo della produzione di assortimenti di pregio possa essere raggiunto. Questo lavoro vuole approfondire la conoscenza delle reali condizioni e delle potenzialità produttive degli arboreti realizzati in Piemonte tra il 1994 ed il 2000, sia sotto l'aspetto quantitativo, sia dal punto di vista della qualità degli assortimenti ritraibili. La valutazione qualitativa degli impianti è stata condotta con l'ausilio di un protocollo di classificazione dei fusti di piante in piedi, collaudato e validato nel corso di alcune ricerche condotte negli ultimi anni. Si è quindi cercato di fornire uno strumento oggettivo di analisi qualitativa e quantitativa degli assortimenti ritraibili da questi impianti, basato su una metodologia di campionamento replicabile a fini inventariali. Nel corso di questo lavoro si è focalizzata l'attenzione sull'analisi di piantagioni, in fase di dimensionamento, che vedono come specie principali (uniche o consociate) il noce e la quercia. Sono stati campionati 13 impianti e misurate 592 piante. La metodologia adottata ha previsto la realizzazione di aree di saggio, in impianti situati in un bacino di raccolta virtuale. Il campione di impianti di noce e quercia oggetto di indagine hanno evidenziato l'esistenza di alcuni problemi riconducibili a scelte di progettazione e a tecniche di gestione che oggi risultano superate dalle odierne conoscenze, ma che si riflettono sulla attuale produzione legnosa di queste. Tuttavia, la presenza di materiale discreto in percentuali comunque significative portano a formulare delle considerazioni sulle potenzialità produttive che possono essere offerte da queste tipologie di colture, e quindi sulla necessità di attuare delle cure colturali, mirate e tempestive, atte a valorizzare al meglio materiale ancora potenzialmente di valore. Si ritiene in questa fase consigliabile intervenire con dei diradamenti finalizzati al miglioramento dell'IQ degli impianti. Il diradamento infatti sortisce un doppio effetto positivo sull'¿Indice di qualità¿, poiché asportando i fusti peggiori si aumenta la percentuale di quelli assortimentabili, e riducendo la densità si ottengono migliori incrementi ed il conseguente aumento dei valori di vigoria.
Indagine sulla qualità degli assortimenti ritraibili da impianti di arboricoltura da legno di noce e quercia in provincia di Alessandria ed Asti
PERSEGHIN, GIULIA
2009/2010
Abstract
Dalla fine del secolo scorso in Italia, così come in altri paesi europei, vari fattori di carattere economico e politico hanno portato le politiche nazionali ad una rivalutazione del ruolo e delle potenzialità dell'arboricoltura da legno. La progettazione delle nuove piantagioni ha previsto, rispetto all'esperienza passata, l'impiego di specie diverse quali noce, ciliegio, quercia. Ad orientare la scelta verso le ¿latifoglie di pregio¿, hanno concorso i prezzi di mercato del legno, ma ancor più gli incentivi della nuova Politica Agricola Comunitaria, che si è posta come finalità ultima la diminuzione delle produzioni agricole in eccedenza, anche favorendo l'imboschimento di terreni coltivati, con finanziamenti. Ciò ha portato alla realizzazione di alcune migliaia di impianti a partire dagli anni '90 del secolo scorso. Sovente però i progettisti e gli agricoltori si sono trovati di fronte a difficoltà, nella realizzazione di queste piantagioni, sia nel reperire materiale vivaistico adeguato, sia nell'affrontare con scarsa esperienza e conoscenze le problematiche relative alle diverse specie arboree e alla loro gestione colturale. Ci si chiede quindi se gli attuali impianti di arboricoltura risentano di scelte errate, per cui difficilmente l'obiettivo della produzione di assortimenti di pregio possa essere raggiunto. Questo lavoro vuole approfondire la conoscenza delle reali condizioni e delle potenzialità produttive degli arboreti realizzati in Piemonte tra il 1994 ed il 2000, sia sotto l'aspetto quantitativo, sia dal punto di vista della qualità degli assortimenti ritraibili. La valutazione qualitativa degli impianti è stata condotta con l'ausilio di un protocollo di classificazione dei fusti di piante in piedi, collaudato e validato nel corso di alcune ricerche condotte negli ultimi anni. Si è quindi cercato di fornire uno strumento oggettivo di analisi qualitativa e quantitativa degli assortimenti ritraibili da questi impianti, basato su una metodologia di campionamento replicabile a fini inventariali. Nel corso di questo lavoro si è focalizzata l'attenzione sull'analisi di piantagioni, in fase di dimensionamento, che vedono come specie principali (uniche o consociate) il noce e la quercia. Sono stati campionati 13 impianti e misurate 592 piante. La metodologia adottata ha previsto la realizzazione di aree di saggio, in impianti situati in un bacino di raccolta virtuale. Il campione di impianti di noce e quercia oggetto di indagine hanno evidenziato l'esistenza di alcuni problemi riconducibili a scelte di progettazione e a tecniche di gestione che oggi risultano superate dalle odierne conoscenze, ma che si riflettono sulla attuale produzione legnosa di queste. Tuttavia, la presenza di materiale discreto in percentuali comunque significative portano a formulare delle considerazioni sulle potenzialità produttive che possono essere offerte da queste tipologie di colture, e quindi sulla necessità di attuare delle cure colturali, mirate e tempestive, atte a valorizzare al meglio materiale ancora potenzialmente di valore. Si ritiene in questa fase consigliabile intervenire con dei diradamenti finalizzati al miglioramento dell'IQ degli impianti. Il diradamento infatti sortisce un doppio effetto positivo sull'¿Indice di qualità¿, poiché asportando i fusti peggiori si aumenta la percentuale di quelli assortimentabili, e riducendo la densità si ottengono migliori incrementi ed il conseguente aumento dei valori di vigoria.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
328329_relazionefinale.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
333.97 kB
Formato
Adobe PDF
|
333.97 kB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/77955