La tesi è incentrata sull'analisi delle pratiche terapeutiche a base musicale mettendo a confronto il fenomeno socio-culturale del tarantismo con i modelli musicoterapici del novecento, con particolare attenzione al pensiero di R.O. Benenzon; in questo quadro l'idea fondamentale è quella di trovare un filo conduttore che colleghi l'analisi etnografica del rituale pugliese con i processi di riorganizzazione dell'Io stimolati invece dalla musicoterapia. Di fatto la riflessione è incentrata sulle modalità di utilizzo dell'elemento sonoro all'interno delle due metodologie citate: nel caso del tarantismo si mettono in evidenza gli aspetti salienti a livello dei significati della taranta e del suo morso, focalizzando poi l'attenzione sulla pratica rituale in toto, analizzando a livello formale i tre nuclei principali che la compongono: il suono, la danza e i colori. Successivamente viene fatta una breve panoramica sui modelli di musicoterapia attiva maggiormente impiegati nel contesto riabilitativo, e cioè il modello Nordoff-Robbins, la musicoterapia Analitica di Mary Priestlay e l'Orff Schulwerk. Verrà approfondito maggiormente il modello Benenzon sia per la sua maggior complessità teorica che vede l'intersezione di teorie e concetti a matrice psicologico dinamica di molteplici autori tra cui S. Freud, C.G. Jung, D. Winnicott, E.T Hall, H. Fiorin... Sempre in relazione al modello Benenzon viene concesso ampio spazio alla riflessione attinente alla relazione che si instaura tra paziente e musicoterapeuta a partire dalla destrutturazione formale della musica in singoli suoni, al fine di permettere la complementarietà dell'agire nella tra i due attori: la volontà di prestare aiuto da parte del terapeuta e la disponibilità alla cura del paziente. A partire da questo si passa a definire la duplice natura dell'intervento, veicolato e permesso dalla figura del professionista, ma che vede allo stesso tempo il paziente come elemento attivo nella ricostituzione del proprio Sé. La riflessione si conclude prendendo in considerazione la comunanza degli obiettivi e dei fini tra le due tipologie di terapie, relative all'azione ristrutturante del soggetto riguardo la propria soggettività, mettendo comunque in evidenza che nonostante la lontananza metodologica le due pratiche terapeutiche presentano aspetti che riconducono concettualmente un corpus di significato condiviso: la potenzialità dell'azione ristrutturante dell'Io ferito attraverso il piano non-verbale.
Il suono dell'Io Dalla cura rituale del tarantismo salentino al modello musico terapeutico di Benenzon
ROSSETTO, NICOLÒ
2014/2015
Abstract
La tesi è incentrata sull'analisi delle pratiche terapeutiche a base musicale mettendo a confronto il fenomeno socio-culturale del tarantismo con i modelli musicoterapici del novecento, con particolare attenzione al pensiero di R.O. Benenzon; in questo quadro l'idea fondamentale è quella di trovare un filo conduttore che colleghi l'analisi etnografica del rituale pugliese con i processi di riorganizzazione dell'Io stimolati invece dalla musicoterapia. Di fatto la riflessione è incentrata sulle modalità di utilizzo dell'elemento sonoro all'interno delle due metodologie citate: nel caso del tarantismo si mettono in evidenza gli aspetti salienti a livello dei significati della taranta e del suo morso, focalizzando poi l'attenzione sulla pratica rituale in toto, analizzando a livello formale i tre nuclei principali che la compongono: il suono, la danza e i colori. Successivamente viene fatta una breve panoramica sui modelli di musicoterapia attiva maggiormente impiegati nel contesto riabilitativo, e cioè il modello Nordoff-Robbins, la musicoterapia Analitica di Mary Priestlay e l'Orff Schulwerk. Verrà approfondito maggiormente il modello Benenzon sia per la sua maggior complessità teorica che vede l'intersezione di teorie e concetti a matrice psicologico dinamica di molteplici autori tra cui S. Freud, C.G. Jung, D. Winnicott, E.T Hall, H. Fiorin... Sempre in relazione al modello Benenzon viene concesso ampio spazio alla riflessione attinente alla relazione che si instaura tra paziente e musicoterapeuta a partire dalla destrutturazione formale della musica in singoli suoni, al fine di permettere la complementarietà dell'agire nella tra i due attori: la volontà di prestare aiuto da parte del terapeuta e la disponibilità alla cura del paziente. A partire da questo si passa a definire la duplice natura dell'intervento, veicolato e permesso dalla figura del professionista, ma che vede allo stesso tempo il paziente come elemento attivo nella ricostituzione del proprio Sé. La riflessione si conclude prendendo in considerazione la comunanza degli obiettivi e dei fini tra le due tipologie di terapie, relative all'azione ristrutturante del soggetto riguardo la propria soggettività, mettendo comunque in evidenza che nonostante la lontananza metodologica le due pratiche terapeutiche presentano aspetti che riconducono concettualmente un corpus di significato condiviso: la potenzialità dell'azione ristrutturante dell'Io ferito attraverso il piano non-verbale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/77753