Che tipo di sguardo posiamo sui corpi delle persone che si prostituiscono in strada? Giudicante o mitico, colpevole o vittimizzante, a ogni modo, uno stigma. L'obiettivo perseguito in questa tesi è usare una lente d'occhiale alternativa per guardare i corpi delle sex workers, in particolare di provenienza nigeriana. Affrontare il mutamento, tra chi è appena arrivato e chi alle proprie spalle ha già una certa esperienza. Come cambia nel tempo la percezione del corpo? L'immaginario collettivo che ci appartiene ci porta superficialmente a vedere queste persone a un estremo come figure forti, provocanti, talvolta manipolatrici, dotate di una conoscenza profonda circa il proprio corpo, la propria sessualità e quella del cliente (quindi del maschio), all'altro estremo invece le guardiamo come vittime di un sistema di sfruttamento tale da non lasciare spazi di autonomia di nessun grado, schiave di un circuito opprimente e costrittivo. Come spesso accade, però, le rappresentazioni nette di un fenomeno non lasciano spazio alle sfumature che caratterizzano la realtà. L'occasione per avvicinarmi a questa realtà è sorta grazie al mio lavoro all'interno dell'Associazione Tampep Onlus di Torino e trasformatosi poi in una opportunità lavorativa a pieno titolo. La mia indagine nasce in particolare da riflessioni intorno all'attività di unità di strada, uno degli strumenti principi del lavoro dell'Associazione. Attraverso il contatto diretto e continuo con le vittime di tratta in strada, luogo in cui la prostituzione viene maggiormente esercitata, vengono osservate le dinamiche e i bisogni, nel territorio di Torino e dell'area metropolitana, al fine di mettere a punto strategie di tutela delle sex workers. Grazie a questa attività ho potuto posare uno sguardo privilegiato sui corpi delle persone che lavorano in strada nel campo della prostituzione, svelando i corpi in modo diverso. L'esempio durante i contatti a volte è palese: quando si incontra una sex worker da poco approdata in Italia la sua presenza è quasi timorosa, impacciata, a volte impaurita. Rivedendola dopo qualche tempo, in un secondo contatto, salta all'occhio il cambiamento del suo ¿stare in strada¿: il modo di presentarsi diventa quasi teatrale. Alcune persone prostitute riportano esplicitamente di "recitare una parte" soprattutto con i clienti. A volte è possibile osservarle mentre si preparano al loro ruolo: si cambiano d'abito, si truccano, si mettono la parrucca. Recitare un personaggio in strada può avere molteplici significati, uno tra questi il salvaguardare il proprio sè. Forse la protezione è propriamente mascherarsi, uscire dal proprio sé per entrare in quello di un personaggio e poter sopportare il lavoro. Una sorta di apnea per reggere la durezza della strada. E' possibile documentare visivamente questa realtà? Nel riportare il filo del mio pensiero, la scrittura mi sembrava solo uno degli strumenti possibili da usare. O quantomeno uno strumento che, da solo, avrebbe zoppicato, dato che è grazie al senso della vista che ho potuto inizialmente nutrire un immaginario condiviso comune circa la figura della prostituta e poi decostruirlo, passo passo, attraverso l'incontro con questi corpi che raccontavano storie altre. Ecco perché la scelta di produrre oltre alla tesi un video etnografico che può, a mio parere, parallelamente alla scrittura, riportare un'altra faccia di racconto, di analisi. Quel lato della medaglia che ha colpito e colpisce lo sguardo di chi si accinge a usare una lente alternativa per guardare i corpi in strada.
CORPI (o)SCENICI. La percezione del corpo tra le sex workers nigeriane di Torino
MEDICI, SERENA
2014/2015
Abstract
Che tipo di sguardo posiamo sui corpi delle persone che si prostituiscono in strada? Giudicante o mitico, colpevole o vittimizzante, a ogni modo, uno stigma. L'obiettivo perseguito in questa tesi è usare una lente d'occhiale alternativa per guardare i corpi delle sex workers, in particolare di provenienza nigeriana. Affrontare il mutamento, tra chi è appena arrivato e chi alle proprie spalle ha già una certa esperienza. Come cambia nel tempo la percezione del corpo? L'immaginario collettivo che ci appartiene ci porta superficialmente a vedere queste persone a un estremo come figure forti, provocanti, talvolta manipolatrici, dotate di una conoscenza profonda circa il proprio corpo, la propria sessualità e quella del cliente (quindi del maschio), all'altro estremo invece le guardiamo come vittime di un sistema di sfruttamento tale da non lasciare spazi di autonomia di nessun grado, schiave di un circuito opprimente e costrittivo. Come spesso accade, però, le rappresentazioni nette di un fenomeno non lasciano spazio alle sfumature che caratterizzano la realtà. L'occasione per avvicinarmi a questa realtà è sorta grazie al mio lavoro all'interno dell'Associazione Tampep Onlus di Torino e trasformatosi poi in una opportunità lavorativa a pieno titolo. La mia indagine nasce in particolare da riflessioni intorno all'attività di unità di strada, uno degli strumenti principi del lavoro dell'Associazione. Attraverso il contatto diretto e continuo con le vittime di tratta in strada, luogo in cui la prostituzione viene maggiormente esercitata, vengono osservate le dinamiche e i bisogni, nel territorio di Torino e dell'area metropolitana, al fine di mettere a punto strategie di tutela delle sex workers. Grazie a questa attività ho potuto posare uno sguardo privilegiato sui corpi delle persone che lavorano in strada nel campo della prostituzione, svelando i corpi in modo diverso. L'esempio durante i contatti a volte è palese: quando si incontra una sex worker da poco approdata in Italia la sua presenza è quasi timorosa, impacciata, a volte impaurita. Rivedendola dopo qualche tempo, in un secondo contatto, salta all'occhio il cambiamento del suo ¿stare in strada¿: il modo di presentarsi diventa quasi teatrale. Alcune persone prostitute riportano esplicitamente di "recitare una parte" soprattutto con i clienti. A volte è possibile osservarle mentre si preparano al loro ruolo: si cambiano d'abito, si truccano, si mettono la parrucca. Recitare un personaggio in strada può avere molteplici significati, uno tra questi il salvaguardare il proprio sè. Forse la protezione è propriamente mascherarsi, uscire dal proprio sé per entrare in quello di un personaggio e poter sopportare il lavoro. Una sorta di apnea per reggere la durezza della strada. E' possibile documentare visivamente questa realtà? Nel riportare il filo del mio pensiero, la scrittura mi sembrava solo uno degli strumenti possibili da usare. O quantomeno uno strumento che, da solo, avrebbe zoppicato, dato che è grazie al senso della vista che ho potuto inizialmente nutrire un immaginario condiviso comune circa la figura della prostituta e poi decostruirlo, passo passo, attraverso l'incontro con questi corpi che raccontavano storie altre. Ecco perché la scelta di produrre oltre alla tesi un video etnografico che può, a mio parere, parallelamente alla scrittura, riportare un'altra faccia di racconto, di analisi. Quel lato della medaglia che ha colpito e colpisce lo sguardo di chi si accinge a usare una lente alternativa per guardare i corpi in strada.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/77231