La tesi intende analizzare i due istituti introdotti nel nostro diritto societario dal Decreto Legge n. 91 del 24 Giugno 2014, convertito in Legge n. 116 dell'11 Agosto 2014: le azioni a voto maggiorato e le azioni a voto plurimo. Attraverso l'intervento normativo è stato abrogato il divieto di emettere azioni a voto plurimo previsto dal vecchio art. 2351 c.c. al comma 4, rendendo possibile per le società non quotate l'emissione di categorie di azioni che assegnino il diritto di esprimere in assemblea più di un voto, fino ad un massimo di tre, e per le società quotate il riconoscimento al socio, che possegga le azioni per un periodo continuativo di almeno ventiquattro mesi, di una maggiorazione del voto, fino ad un massimo di due voti. L'abrogazione del divieto del voto plurimo e l'introduzione del voto maggiorato costituiscono una tappa significativa del processo di superamento del principio one share-one vote e di detipicizzazione del titolo azionario già intrapreso con la riforma del 2003, attraverso un forte ampliamento dell'autonomia statutaria. Nella prima parte, attraverso un'analisi storico-comparatistica della valenza del principio capitalistico e del suo progressivo abbandono, il lavoro si propone di illustrare come il diritto societario azionario si sia nel tempo orientato maggiormente verso un diverso paradigma: l'utilizzo di vari meccanismi di rafforzamento del controllo. Il legislatore indica esplicitamente la funzione di rafforzamento del controllo svolta dalle azioni a voto plurimo come il mezzo per raggiungere una delle finalità dell'intervento normativo: consentire il ricorso al mercato del capitale di rischio, evitando il rischio di una diluizione del potere di voto. Le azioni a voto maggiorato, inoltre, andando a premiare il socio che si sia dimostrato fedele nel tempo, potrebbero costituire uno stimolo ad investimenti di lungo periodo in favore di una maggior stabilità economico-finanziaria. Il lavoro procede con un excursus storico sull'utilizzo del voto plurimo dal Codice di Commercio ad oggi. Dopo alcuni cenni comparatistici circa l'utilizzo del voto potenziato negli altri ordinamenti internazionali, in particolare in quello statunitense e quello francese (quest'ultimo ispiratore della nostra attuale disciplina della maggiorazione del voto), la tesi si occupa del dibattito in ambito comunitario relativo al principio one share-one vote. L'intervento del legislatore italiano opera un allineamento del nostro diritto societario agli orientamenti seguiti dagli altri Stati, eliminando un elemento di concorrenza ineguale di tutto svantaggio per il mercato nazionale. Sebbene da tempo invocata, la scelta del legislatore ha destato però forti critiche. Grande è infatti lo scetticismo verso quello che sembra essere un protezionismo nei confronti dei gruppi di comando, data l'evidente limitazione della contendibilità del controllo della società e il potenziale ostacolo alla corretta dialettica fra i portatori dei diversi interessi che entrano in gioco nei processi decisionali della società. La nuova disciplina è stata da più parti riconosciuta foriera di problemi interpretativi, anche da chi ha accolto con favore la novella del 2014. Nella seconda parte del lavoro vengono in dettaglio analizzate le questioni applicative che maggiormente hanno occupato il dibattito dottrinario, senz'altro lungi dall'esaurirsi, che ha evidenziato la necessità di correttivi atti a prevenire gli abusi, piuttosto che di una definitiva censura.
Azioni a voto maggiorato e a voto plurimo
VIGNOLO, ELISA MARIA
2014/2015
Abstract
La tesi intende analizzare i due istituti introdotti nel nostro diritto societario dal Decreto Legge n. 91 del 24 Giugno 2014, convertito in Legge n. 116 dell'11 Agosto 2014: le azioni a voto maggiorato e le azioni a voto plurimo. Attraverso l'intervento normativo è stato abrogato il divieto di emettere azioni a voto plurimo previsto dal vecchio art. 2351 c.c. al comma 4, rendendo possibile per le società non quotate l'emissione di categorie di azioni che assegnino il diritto di esprimere in assemblea più di un voto, fino ad un massimo di tre, e per le società quotate il riconoscimento al socio, che possegga le azioni per un periodo continuativo di almeno ventiquattro mesi, di una maggiorazione del voto, fino ad un massimo di due voti. L'abrogazione del divieto del voto plurimo e l'introduzione del voto maggiorato costituiscono una tappa significativa del processo di superamento del principio one share-one vote e di detipicizzazione del titolo azionario già intrapreso con la riforma del 2003, attraverso un forte ampliamento dell'autonomia statutaria. Nella prima parte, attraverso un'analisi storico-comparatistica della valenza del principio capitalistico e del suo progressivo abbandono, il lavoro si propone di illustrare come il diritto societario azionario si sia nel tempo orientato maggiormente verso un diverso paradigma: l'utilizzo di vari meccanismi di rafforzamento del controllo. Il legislatore indica esplicitamente la funzione di rafforzamento del controllo svolta dalle azioni a voto plurimo come il mezzo per raggiungere una delle finalità dell'intervento normativo: consentire il ricorso al mercato del capitale di rischio, evitando il rischio di una diluizione del potere di voto. Le azioni a voto maggiorato, inoltre, andando a premiare il socio che si sia dimostrato fedele nel tempo, potrebbero costituire uno stimolo ad investimenti di lungo periodo in favore di una maggior stabilità economico-finanziaria. Il lavoro procede con un excursus storico sull'utilizzo del voto plurimo dal Codice di Commercio ad oggi. Dopo alcuni cenni comparatistici circa l'utilizzo del voto potenziato negli altri ordinamenti internazionali, in particolare in quello statunitense e quello francese (quest'ultimo ispiratore della nostra attuale disciplina della maggiorazione del voto), la tesi si occupa del dibattito in ambito comunitario relativo al principio one share-one vote. L'intervento del legislatore italiano opera un allineamento del nostro diritto societario agli orientamenti seguiti dagli altri Stati, eliminando un elemento di concorrenza ineguale di tutto svantaggio per il mercato nazionale. Sebbene da tempo invocata, la scelta del legislatore ha destato però forti critiche. Grande è infatti lo scetticismo verso quello che sembra essere un protezionismo nei confronti dei gruppi di comando, data l'evidente limitazione della contendibilità del controllo della società e il potenziale ostacolo alla corretta dialettica fra i portatori dei diversi interessi che entrano in gioco nei processi decisionali della società. La nuova disciplina è stata da più parti riconosciuta foriera di problemi interpretativi, anche da chi ha accolto con favore la novella del 2014. Nella seconda parte del lavoro vengono in dettaglio analizzate le questioni applicative che maggiormente hanno occupato il dibattito dottrinario, senz'altro lungi dall'esaurirsi, che ha evidenziato la necessità di correttivi atti a prevenire gli abusi, piuttosto che di una definitiva censura.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/76957