Il caso Georgia v. Russia riguarda la presunta esistenza di una prassi amministrativa che prevedeva l'arresto, la detenzione ed espulsione collettiva di cittadini georgiani dalla Federazione Russa nell'autunno del 2006 e l'adozione di misure provvisorie, in seguito al conflitto russo-georgiano dell'agosto del 2008. Secondo il governo georgiano, nel primo caso si è trattato di misure rappresaglia in seguito all'arresto di quattro ufficiali russi a Tbilisi nel settembre 2006, segnando così il culmine delle tensioni tra i due paesi. Il governo russo ha contestato le accuse georgiane, affermando di non aver adottato misure di ritorsione contro cittadini georgiani, ma di aver semplicemente continuato ad applicare le disposizioni per la prevenzione dell'immigrazione clandestina. Secondo le dichiarazioni dei testimoni, i cittadini georgiani sono stati arrestati in seguito a controlli di identità per le strade, nei mercati, sul luogo di lavoro e nelle loro case. Dopo essere stati in custodia della polizia, sono stati portati in gruppo davanti al giudice, il quale ha imposto sanzioni amministrative e ordinato la loro espulsione amministrativa dal territorio russo. I testimoni dichiarano di aver trascorso la detenzione in centri per gli stranieri, in celle sovraffollate, rendendo necessari turni per dormire e avendo un secchio come wc, prima di essere espulsi. Nella sua sentenza definitiva, la Corte ha rilevato che nell'autunno 2006, una politica coordinata di arresto, detenzione ed espulsione di cittadini georgiani era stata seguita dalle autorità russe, che ammontava a una prassi amministrativa incompatibile con la Convenzione, per cui vi sono state una violazione: dell'art.4 del protocollo n. 4 (Divieto di espulsione collettiva di stranieri); dell'art. 5 § 1 (diritto alla libertà e alla sicurezza); dell'art. 5 § 4 (diritto di revisione giudiziaria della detenzione); dell'art. 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti); dell'art. 13 (diritto a un ricorso effettivo) in combinato disposto con l'art. 5, paragrafo 1 e all'art. 3. Riguardo invece all'adozione di misure provvisorie, la Georgia ha adito la Corte Internazionale di Giustizia nel 2008, fondando il proprio ricorso sull'art. 22 della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. La Georgia sosteneva ripetute violazione da parte della Russia degli artt. 2, 3 ,4, 5 e 6 della Convenzione, che in particolar modo concernevano l'ingiustificato intervento e le numerose violazioni che hanno condotto a diversi episodi di discriminazione razziale in relazione alle vicende dell'Ossezia del Sud e dell'Abkazia. La Georgia ha denunciato la situazione in Ossezia del Sud e in Abkazia anche alla Corte Europea dei diritti umani. La Corte Europea dei diritti dell'uomo, nel 2011, ha dichiarato ricevibile il ricorso presentato dalla Georgia contro la Russia, accusata di aver violato diverse disposizioni della Convenzione a causa degli attacchi indiscriminati contro la popolazione civile nelle regioni autonome della Georgia. In particolare la Corte ha riconosciuto la violazione dell'art. 2 della CEDU e sono state rilevate diverse violazioni sostanziali e procedimentali inerenti all'art. 3 della CEDU, come torture e trattamenti disumani sia nei confronti dei militari georgiani che nei confronti dei civili. Infine, è stata riconosciuta la violazione del diritto all'istruzione.

IL CONFLITTO TRA GEORGIA E RUSSIA DINANZI ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI

BONA, SABRINA
2014/2015

Abstract

Il caso Georgia v. Russia riguarda la presunta esistenza di una prassi amministrativa che prevedeva l'arresto, la detenzione ed espulsione collettiva di cittadini georgiani dalla Federazione Russa nell'autunno del 2006 e l'adozione di misure provvisorie, in seguito al conflitto russo-georgiano dell'agosto del 2008. Secondo il governo georgiano, nel primo caso si è trattato di misure rappresaglia in seguito all'arresto di quattro ufficiali russi a Tbilisi nel settembre 2006, segnando così il culmine delle tensioni tra i due paesi. Il governo russo ha contestato le accuse georgiane, affermando di non aver adottato misure di ritorsione contro cittadini georgiani, ma di aver semplicemente continuato ad applicare le disposizioni per la prevenzione dell'immigrazione clandestina. Secondo le dichiarazioni dei testimoni, i cittadini georgiani sono stati arrestati in seguito a controlli di identità per le strade, nei mercati, sul luogo di lavoro e nelle loro case. Dopo essere stati in custodia della polizia, sono stati portati in gruppo davanti al giudice, il quale ha imposto sanzioni amministrative e ordinato la loro espulsione amministrativa dal territorio russo. I testimoni dichiarano di aver trascorso la detenzione in centri per gli stranieri, in celle sovraffollate, rendendo necessari turni per dormire e avendo un secchio come wc, prima di essere espulsi. Nella sua sentenza definitiva, la Corte ha rilevato che nell'autunno 2006, una politica coordinata di arresto, detenzione ed espulsione di cittadini georgiani era stata seguita dalle autorità russe, che ammontava a una prassi amministrativa incompatibile con la Convenzione, per cui vi sono state una violazione: dell'art.4 del protocollo n. 4 (Divieto di espulsione collettiva di stranieri); dell'art. 5 § 1 (diritto alla libertà e alla sicurezza); dell'art. 5 § 4 (diritto di revisione giudiziaria della detenzione); dell'art. 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti); dell'art. 13 (diritto a un ricorso effettivo) in combinato disposto con l'art. 5, paragrafo 1 e all'art. 3. Riguardo invece all'adozione di misure provvisorie, la Georgia ha adito la Corte Internazionale di Giustizia nel 2008, fondando il proprio ricorso sull'art. 22 della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. La Georgia sosteneva ripetute violazione da parte della Russia degli artt. 2, 3 ,4, 5 e 6 della Convenzione, che in particolar modo concernevano l'ingiustificato intervento e le numerose violazioni che hanno condotto a diversi episodi di discriminazione razziale in relazione alle vicende dell'Ossezia del Sud e dell'Abkazia. La Georgia ha denunciato la situazione in Ossezia del Sud e in Abkazia anche alla Corte Europea dei diritti umani. La Corte Europea dei diritti dell'uomo, nel 2011, ha dichiarato ricevibile il ricorso presentato dalla Georgia contro la Russia, accusata di aver violato diverse disposizioni della Convenzione a causa degli attacchi indiscriminati contro la popolazione civile nelle regioni autonome della Georgia. In particolare la Corte ha riconosciuto la violazione dell'art. 2 della CEDU e sono state rilevate diverse violazioni sostanziali e procedimentali inerenti all'art. 3 della CEDU, come torture e trattamenti disumani sia nei confronti dei militari georgiani che nei confronti dei civili. Infine, è stata riconosciuta la violazione del diritto all'istruzione.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/76294