Nell' Ottocento la maggior parte dei fisiologi tedeschi abbracciava una visione meccanicistica, secondo la quale la spiegazione dei fenomeni fisiologici doveva fondarsi sulle sole forze della fisica. Partendo da questo presupposto c'era chi dava importanza al materialismo per cui ¿ l'uomo è ciò che mangia¿ e chi invece aveva un'idea spiritualistica per cui ogni fenomeno fisiologico è espressione di una ¿forza vitale¿ non fisica. Tra i tanti materialisti Jacob Moleschott si dimostrò più riflessivo e misurato nel proporre i propri punti di vista. L' opera ¿La circolazione della vita¿ fu scritta in polemica col tentativo di Liebig di conciliare teologia e scienza, espressione di un positivismo materialistico ostile a qualsiasi concetto antropomorfico o teleologico, volto a sottolineare, in modo spesso dogmatico e rigidamente riduzionistico, il ruolo dei determinanti materiali nella vita umana e a vedere nei modelli meccanicistici della scienza gli unici schemi esplicativi validi in assoluto. La materia è studiata, dal punto di vista scientifico, nella sua essenza. E' eterna e dotata di forze e questa potenza è presente in ambito non solo fisico, ma anche chimico e biologico. Per lui la forza vitale non è immateriale, ma va considerata proprietà della materia, un prodotto di conversione tra altre forze naturali. La conversione di queste forme di forza è in continuo movimento, in circolazione, ovvero crea dinamicità. Moleschott parte dalla certezza che la materia c'è, c'è stata e sempre vi sarà. Essa è eterna e se non ci fosse, niente e nessuno esisterebbe. Tra le diverse prolusioni, ne scrisse una dal titolo ¿Dei limiti della natura umana¿ parlando di come, alla fine dell'Ottocento, diversi fisiologi proposero di indagare sui limiti della natura umana, essendo consapevoli di contribuire alla soluzione di uno dei più grandi problemi della filosofia.
L'importanza della materia. Il contributo di J. Moleschott al dibattito tra vitalismo e materialismo
GOMENA, VALERIA
2014/2015
Abstract
Nell' Ottocento la maggior parte dei fisiologi tedeschi abbracciava una visione meccanicistica, secondo la quale la spiegazione dei fenomeni fisiologici doveva fondarsi sulle sole forze della fisica. Partendo da questo presupposto c'era chi dava importanza al materialismo per cui ¿ l'uomo è ciò che mangia¿ e chi invece aveva un'idea spiritualistica per cui ogni fenomeno fisiologico è espressione di una ¿forza vitale¿ non fisica. Tra i tanti materialisti Jacob Moleschott si dimostrò più riflessivo e misurato nel proporre i propri punti di vista. L' opera ¿La circolazione della vita¿ fu scritta in polemica col tentativo di Liebig di conciliare teologia e scienza, espressione di un positivismo materialistico ostile a qualsiasi concetto antropomorfico o teleologico, volto a sottolineare, in modo spesso dogmatico e rigidamente riduzionistico, il ruolo dei determinanti materiali nella vita umana e a vedere nei modelli meccanicistici della scienza gli unici schemi esplicativi validi in assoluto. La materia è studiata, dal punto di vista scientifico, nella sua essenza. E' eterna e dotata di forze e questa potenza è presente in ambito non solo fisico, ma anche chimico e biologico. Per lui la forza vitale non è immateriale, ma va considerata proprietà della materia, un prodotto di conversione tra altre forze naturali. La conversione di queste forme di forza è in continuo movimento, in circolazione, ovvero crea dinamicità. Moleschott parte dalla certezza che la materia c'è, c'è stata e sempre vi sarà. Essa è eterna e se non ci fosse, niente e nessuno esisterebbe. Tra le diverse prolusioni, ne scrisse una dal titolo ¿Dei limiti della natura umana¿ parlando di come, alla fine dell'Ottocento, diversi fisiologi proposero di indagare sui limiti della natura umana, essendo consapevoli di contribuire alla soluzione di uno dei più grandi problemi della filosofia.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/75709