Definire cos'è l'autismo e chi è la persona autistica è un compito molto difficile in quanto questo disturbo non si presenta con sintomi e caratteristiche omogenee. Ogni persona con disturbo dello spettro autistico ha peculiarità proprie e specifiche, e sarebbe un errore incorrere in generalizzazioni e luoghi comuni nel tentativo di definire lei ed i suoi bisogni. Il fulcro centrale del mio lavoro è dedicato ai movimenti associazionistici nati in favore della disabilità intellettiva e del disturbo dello spettro autistico. Infatti, è prevalentemente attraverso l'unione dei genitori in associazioni che si può rendere tangibile l'operato delle famiglie. Ho scelto di concentrarmi sull'ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o relazionale) e sull'ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e di raccogliere alcune testimonianze.Per quel che riguarda le associazioni è emerso che tutte le famiglie hanno usufruito almeno una volta dei servizi da esse erogati; i genitori percepiscono l'importanza e il merito di tali strutture e hanno riscontrano un aumento della movimentazione sociale intorno al problema dell'autismo. Resta il fatto che le associazioni sono il frutto della mobilitazione e iniziativa dei genitori, per tale motivo, per quanto organizzate e strutturate non riescono a soddisfare tutta la domanda proveniente dal territorio perché vanno incontro a limitazioni di ordine economico. Sono pertanto costrette a porre dei limiti nell'accesso alle terapie, trovandosi a dover selezionare le persone sulla base della residenza o su l'ordine d'attesta. I genitori possono fare molto ma non tutto e in assenza di appoggi istituzionali ed economici la loro capacità di azione ne risulta limitata. La responsabilità non è di certo da attribuire alle associazioni ma bensì alla carenza del welfare italiano e quindi di servizi sanitari adeguati; questa mancanza fa si che tutta la domanda si concentri intorno alle strutture associazionistiche. Se lo Stato continuerà a procedere come ha fatto fin'ora sarà inevitabile l'aumento delle richieste rivolte alle associazioni, che a meno che non incrementino di numero, cosa che richiederebbe un ulteriore mobilitazione sociale da parte dei famigliari, non riusciranno a soddisfare i bisogni di tutti. Nuovi campi di ricerca potrebbero aprirsi, nei confronti delle associazioni, con l'obbiettivo di evidenziare quali siano le risorse mancanti di cui necessitano, per migliorare ulteriormente il loro operato, e comprendere in che modo si possa incrementare il contributo sociale e istituzionale nei loro confronti.
Autismo e Associazionismo. La prospettiva dell'ANGSA di Novara.
LISA, CRISTINA
2014/2015
Abstract
Definire cos'è l'autismo e chi è la persona autistica è un compito molto difficile in quanto questo disturbo non si presenta con sintomi e caratteristiche omogenee. Ogni persona con disturbo dello spettro autistico ha peculiarità proprie e specifiche, e sarebbe un errore incorrere in generalizzazioni e luoghi comuni nel tentativo di definire lei ed i suoi bisogni. Il fulcro centrale del mio lavoro è dedicato ai movimenti associazionistici nati in favore della disabilità intellettiva e del disturbo dello spettro autistico. Infatti, è prevalentemente attraverso l'unione dei genitori in associazioni che si può rendere tangibile l'operato delle famiglie. Ho scelto di concentrarmi sull'ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o relazionale) e sull'ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e di raccogliere alcune testimonianze.Per quel che riguarda le associazioni è emerso che tutte le famiglie hanno usufruito almeno una volta dei servizi da esse erogati; i genitori percepiscono l'importanza e il merito di tali strutture e hanno riscontrano un aumento della movimentazione sociale intorno al problema dell'autismo. Resta il fatto che le associazioni sono il frutto della mobilitazione e iniziativa dei genitori, per tale motivo, per quanto organizzate e strutturate non riescono a soddisfare tutta la domanda proveniente dal territorio perché vanno incontro a limitazioni di ordine economico. Sono pertanto costrette a porre dei limiti nell'accesso alle terapie, trovandosi a dover selezionare le persone sulla base della residenza o su l'ordine d'attesta. I genitori possono fare molto ma non tutto e in assenza di appoggi istituzionali ed economici la loro capacità di azione ne risulta limitata. La responsabilità non è di certo da attribuire alle associazioni ma bensì alla carenza del welfare italiano e quindi di servizi sanitari adeguati; questa mancanza fa si che tutta la domanda si concentri intorno alle strutture associazionistiche. Se lo Stato continuerà a procedere come ha fatto fin'ora sarà inevitabile l'aumento delle richieste rivolte alle associazioni, che a meno che non incrementino di numero, cosa che richiederebbe un ulteriore mobilitazione sociale da parte dei famigliari, non riusciranno a soddisfare i bisogni di tutti. Nuovi campi di ricerca potrebbero aprirsi, nei confronti delle associazioni, con l'obbiettivo di evidenziare quali siano le risorse mancanti di cui necessitano, per migliorare ulteriormente il loro operato, e comprendere in che modo si possa incrementare il contributo sociale e istituzionale nei loro confronti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/75230