La reintroduzione dei Cervidi Cervus elaphus e Capreolus capreolus, pressoché scomparsi nel territorio italiano, dopo la metà del XX secolo ne ha consentito una rapida diffusione e la ricolonizzazione di molte aree. Incrementi della popolazione di questi ungulati sono avvenuti anche in Germania: in entrambi i paesi ne sono derivati danni alla vegetazione forestale. Nella mia regione di appartenenza, la Valle d'Aosta, questi ungulati hanno avuto un notevole aumento della popolazione, ma non hanno ancora raggiunto una densità tale da creare problemi alle foreste, secondo dati forniti dall'Ufficio per la Fauna Selvatica della Valle d'Aosta. Per approfondire la problematica dei danni forestali dovuti a cervo e capriolo ho analizzato due articoli scientifici: Motta R. 2003. Ungulate impact on rowan (Sorbus aucuparia L.) and Norway spruce (Picea abies (L.) Karst.) height structure in mountain forests in the eastern Alps. Forest Ecology and Management 181: 139-150. Ammer C. 1996. Impact of ungulates on structure and dynamics of natural regeneration of mixed mountain forests in the Bavarian Alps. Forest Ecology and Management 88: 43-53. Per valutare gli effetti della brucatura sulle piante forestali nel Trentino , Motta ha analizzato 4 zone a differente densità di ungulati, confrontando gli effetti su due specie forestali, il sorbo (Sorbus aucuparia) e l'abete rosso (Picea abies). Lo studio è stato effettuato nelle Alpi orientali italiane, in Trentino. Il sorbo, essendo molto più appetibile è risultato molto più soggetto ai danni rispetto all'abete rosso, che viene brucato solo quando non ci sono altre specie disponibili. La brucatura del getto apicale ha avuto forti ripercussioni sulla rinnovazione e sulle classi di altezza della prima specie. Analisi dendroecologiche si sono rivelate importanti per evidenziare gli effetti degli ungulati in mancanza di dati storici e la sottostima di specie particolarmente appetite, dovuta alla scomparsa delle classi di età più soggette alla brucatura. Il lavoro di Ammer riguarda l'impatto degli ungulati selvatici nelle foreste miste di montagna d elle Alpi Bavaresi. Anche in questo caso, analizzando parcelle recintate ed altre lasciate al pascolo libero, si è notato che questi animali selezionano le piante su cui si nutrono provocando quindi maggiori danni alle specie più appetibili come l'abete bianco e l'acero di monte, rispetto a quelle meno appetibili come l'abete rosso. Secondo questo articolo, l'unica soluzione per limitare i danni è la riduzione consistente di questi animali attraverso una gestione venatoria adeguata. In entrambe queste ricerche il principale fattore di danno alle foreste è attribuibile all'alta densità di questi ungulati.

Impatto dei Cervidi in ambiente forestale, con particolare riferimento alla Valle d'aosta.

VICQUERY, VALERIO
2013/2014

Abstract

La reintroduzione dei Cervidi Cervus elaphus e Capreolus capreolus, pressoché scomparsi nel territorio italiano, dopo la metà del XX secolo ne ha consentito una rapida diffusione e la ricolonizzazione di molte aree. Incrementi della popolazione di questi ungulati sono avvenuti anche in Germania: in entrambi i paesi ne sono derivati danni alla vegetazione forestale. Nella mia regione di appartenenza, la Valle d'Aosta, questi ungulati hanno avuto un notevole aumento della popolazione, ma non hanno ancora raggiunto una densità tale da creare problemi alle foreste, secondo dati forniti dall'Ufficio per la Fauna Selvatica della Valle d'Aosta. Per approfondire la problematica dei danni forestali dovuti a cervo e capriolo ho analizzato due articoli scientifici: Motta R. 2003. Ungulate impact on rowan (Sorbus aucuparia L.) and Norway spruce (Picea abies (L.) Karst.) height structure in mountain forests in the eastern Alps. Forest Ecology and Management 181: 139-150. Ammer C. 1996. Impact of ungulates on structure and dynamics of natural regeneration of mixed mountain forests in the Bavarian Alps. Forest Ecology and Management 88: 43-53. Per valutare gli effetti della brucatura sulle piante forestali nel Trentino , Motta ha analizzato 4 zone a differente densità di ungulati, confrontando gli effetti su due specie forestali, il sorbo (Sorbus aucuparia) e l'abete rosso (Picea abies). Lo studio è stato effettuato nelle Alpi orientali italiane, in Trentino. Il sorbo, essendo molto più appetibile è risultato molto più soggetto ai danni rispetto all'abete rosso, che viene brucato solo quando non ci sono altre specie disponibili. La brucatura del getto apicale ha avuto forti ripercussioni sulla rinnovazione e sulle classi di altezza della prima specie. Analisi dendroecologiche si sono rivelate importanti per evidenziare gli effetti degli ungulati in mancanza di dati storici e la sottostima di specie particolarmente appetite, dovuta alla scomparsa delle classi di età più soggette alla brucatura. Il lavoro di Ammer riguarda l'impatto degli ungulati selvatici nelle foreste miste di montagna d elle Alpi Bavaresi. Anche in questo caso, analizzando parcelle recintate ed altre lasciate al pascolo libero, si è notato che questi animali selezionano le piante su cui si nutrono provocando quindi maggiori danni alle specie più appetibili come l'abete bianco e l'acero di monte, rispetto a quelle meno appetibili come l'abete rosso. Secondo questo articolo, l'unica soluzione per limitare i danni è la riduzione consistente di questi animali attraverso una gestione venatoria adeguata. In entrambe queste ricerche il principale fattore di danno alle foreste è attribuibile all'alta densità di questi ungulati.
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