In campo brevettuale esistono due forme di contraffazione:la contraffazione letterale e per equivalenti. Riferendoci al Protocollo e all'art. 69 E.P.C., la base normativa della distinzione sta nella contrapposizione tra ¿senso stretto e letterale del testo delle rivendicazioni¿ e protezione che risulta altrimenti dal ¿tenore¿ delle rivendicazioni. Il principio degli equivalenti viene in considerazione, cioè, quando si dà al brevetto una portata protettiva più ampia di quella che risulta dalla stretta lettera delle rivendicazioni. Ha senso perciò parlare di ¿equivalenti¿ in quanto si distingua tale forma di attuazione dell'idea brevettata da quella che si realizza seguendo letteralmente le indicazioni delle rivendicazioni. Secondo la teoria degli equivalenti, l'impiego da parte di terzi di oggetti e forme non eguali, ma sostanzialmente della stessa funzione di quelli brevettati, per raggiungere lo stesso risultato, costituisce violazione del brevetto o, con diversa formulazione, l'impiego da parte di terzi di mezzi (ossia di oggetti e forze) equivalenti (che cioè hanno la stessa funzione e che servono ad ottenere lo stesso risultato) rientra nell'estensione della privativa. Gli equivalenti sono un caso tutt'altro che raro: probabilmente, nella pratica, costituiscono la forma di contraffazione più frequente. La loro importanza cresce man mano che il progresso tecnico accelera e diviene più cumulativo: l'accorciarsi dell'orizzonte temporale entro il quale un'innovazione tecnica deve essere sfruttata ed il maggior grado di dipendenza dell'innovazione dai risultati precedenti accrescono infatti la rilevanza del problema di definire l'ampiezza della privativa conferita da ciascun brevetto. Si è pertanto in presenza di una contraffazione del brevetto (per equivalenti) allorché venga realizzato un prodotto attraverso l'impiego di una soluzione identica o soltanto apparentemente diversa rispetto a quella precedentemente tutelata da privativa. Le ragioni per cui è stata sviluppata la teoria degli equivalenti sono di natura etica ed economica. Se il brevetto attribuisse l'esclusiva unicamente sulle soluzioni tecniche rivendicate espressamente, l'inventore potrebbe restare privo di protezione. L'aggiramento del brevetto potrebbe farsi risalire all'astuzia dei contraffattori, i quali sono molto attenti a trovare delle soluzioni che non sono esattamente menzionate nelle semplificazioni utilizzate nel testo brevettuale e questo potrebbe consentire a costoro di poter uscire dall'ambito del brevetto. Inoltre, nell'innovazione, la funzione dei brevetti è di importanza fondamentale ed è la stessa dottrina economica a porla in una luce sempre più crescente. Non conviene consentire al concorrente di imitare l'invenzione altrui sfruttando la ristrettezza della formulazione della privativa e l'insufficienza del linguaggio. Non si deve dimenticare, infatti, che il secondo concorrente non ha sopportato né l'onere della creazione, né i rischi di fallimento: se gli venisse consentito di riprodurre l'invenzione con variazioni che non abbiano un carattere squisitamente sostanziale, alla fine dei conti egli andrebbe ad occupare una posizione privilegiata e di grande vantaggio rispetto all'inventore. E' pertanto più vantaggioso promuovere la concorrenza nella ricerca e rendere più difficile l'imitazione dei prodotti brevettati con sostituti che ne sono troppo vicini.
La contraffazione per equivalenti
GIBERTI, MICHELA
2009/2010
Abstract
In campo brevettuale esistono due forme di contraffazione:la contraffazione letterale e per equivalenti. Riferendoci al Protocollo e all'art. 69 E.P.C., la base normativa della distinzione sta nella contrapposizione tra ¿senso stretto e letterale del testo delle rivendicazioni¿ e protezione che risulta altrimenti dal ¿tenore¿ delle rivendicazioni. Il principio degli equivalenti viene in considerazione, cioè, quando si dà al brevetto una portata protettiva più ampia di quella che risulta dalla stretta lettera delle rivendicazioni. Ha senso perciò parlare di ¿equivalenti¿ in quanto si distingua tale forma di attuazione dell'idea brevettata da quella che si realizza seguendo letteralmente le indicazioni delle rivendicazioni. Secondo la teoria degli equivalenti, l'impiego da parte di terzi di oggetti e forme non eguali, ma sostanzialmente della stessa funzione di quelli brevettati, per raggiungere lo stesso risultato, costituisce violazione del brevetto o, con diversa formulazione, l'impiego da parte di terzi di mezzi (ossia di oggetti e forze) equivalenti (che cioè hanno la stessa funzione e che servono ad ottenere lo stesso risultato) rientra nell'estensione della privativa. Gli equivalenti sono un caso tutt'altro che raro: probabilmente, nella pratica, costituiscono la forma di contraffazione più frequente. La loro importanza cresce man mano che il progresso tecnico accelera e diviene più cumulativo: l'accorciarsi dell'orizzonte temporale entro il quale un'innovazione tecnica deve essere sfruttata ed il maggior grado di dipendenza dell'innovazione dai risultati precedenti accrescono infatti la rilevanza del problema di definire l'ampiezza della privativa conferita da ciascun brevetto. Si è pertanto in presenza di una contraffazione del brevetto (per equivalenti) allorché venga realizzato un prodotto attraverso l'impiego di una soluzione identica o soltanto apparentemente diversa rispetto a quella precedentemente tutelata da privativa. Le ragioni per cui è stata sviluppata la teoria degli equivalenti sono di natura etica ed economica. Se il brevetto attribuisse l'esclusiva unicamente sulle soluzioni tecniche rivendicate espressamente, l'inventore potrebbe restare privo di protezione. L'aggiramento del brevetto potrebbe farsi risalire all'astuzia dei contraffattori, i quali sono molto attenti a trovare delle soluzioni che non sono esattamente menzionate nelle semplificazioni utilizzate nel testo brevettuale e questo potrebbe consentire a costoro di poter uscire dall'ambito del brevetto. Inoltre, nell'innovazione, la funzione dei brevetti è di importanza fondamentale ed è la stessa dottrina economica a porla in una luce sempre più crescente. Non conviene consentire al concorrente di imitare l'invenzione altrui sfruttando la ristrettezza della formulazione della privativa e l'insufficienza del linguaggio. Non si deve dimenticare, infatti, che il secondo concorrente non ha sopportato né l'onere della creazione, né i rischi di fallimento: se gli venisse consentito di riprodurre l'invenzione con variazioni che non abbiano un carattere squisitamente sostanziale, alla fine dei conti egli andrebbe ad occupare una posizione privilegiata e di grande vantaggio rispetto all'inventore. E' pertanto più vantaggioso promuovere la concorrenza nella ricerca e rendere più difficile l'imitazione dei prodotti brevettati con sostituti che ne sono troppo vicini.File | Dimensione | Formato | |
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