La battaglia di Adua rappresenta uno dei nodi principali della storia italiana di fine Ottocento. Essa deve essere analizzata non soltanto come un puro e semplice evento militare, bensì quale crocevia di un'importante epoca politica ed economica. Il percorso che porta al tragico epilogo della mattina del 1° marzo 1896, in cui migliaia di italiani perirono tragicamente sul suolo africano, fu lungo e tortuoso e coincise con la prima fase del colonialismo italiano nel Corno d'Africa. Protagonista indiscusso di quest'epopea, dopo alcuni anni in cui l'Italia si era limitata a timidi e sterili insediamenti, fu il presidente del Consiglio Francesco Crispi: sotto la sua guida la politica coloniale italiana fu segnata da una brusca accelerazione, conclusasi con la ratifica del Trattato di Uccialli e la creazione della Colonia Eritrea nel 1890. Tuttavia, proprio il mancato rispetto di una delle clausole del trattato, oltre che i continui tentativi di espansione italiani oltre confine, determinarono ben presto il deterioramento dei rapporti con il negus abissino, Menelik e lo scoppio delle ostilità. Una serie di umilianti sconfitte, a cavallo tra il 1895 ed il 1896, indussero Crispi ed il generale Baratieri, comandante italiano sul campo, ad affrontare apertamente il nemico in un unico, grande scontro campale, sottovalutando colpevolmente la reale entità delle forze sul campo. La battaglia che avrebbe dovuto risollevare le sorti dell'Italia si tramutò così in tragedia: le brigate italiane furono annientate da un nemico meglio armato, meglio schierato e meglio guidato. Le disastrose scelte tattiche dei generali italiani, la mancanza di collegamento tra i reparti e la convinzione della superiorità bianca furono la causa della morte di migliaia di soldati italiani ed ascari in poche ore. Il diffondersi della notizia della sconfitta segnò un vero e proprio terremoto nell'opinione pubblica italiana: ovunque la popolazione scese in piazza e si susseguirono per giorni manifestazioni e scontri con le forze dell'ordine. L'analisi della situazione generatasi nella penisola, dei disordini nelle piazze, della crisi politica e dell'inevitabile caduta di colui ritenuto dai più il vero responsabile della sconfitta, il presidente del Consiglio Crispi, rappresenta l'ultima parte del lavoro di ricerca. Dopo Adua, la spedizione guidata dal generale Baldissera riportò in breve tempo la situazione alla normalità nella Colonia Eritrea: furono seppelliti i morti, liberati i prigionieri e ripristinati i confini della colonia. Tuttavia, il ricordo della disastrosa sconfitta rimase per decenni nelle coscienze degli italiani, indelebile e doloroso, determinando in modo precipuo le scelte della futura Italia fascista: Adua, dunque, crocevia della storia e della memoria.

1° marzo 1896: la battaglia di Adua. Ovvero il tragico epilogo del primo imperialismo coloniale italiano

ALESSANDRIA, MARCO
2009/2010

Abstract

La battaglia di Adua rappresenta uno dei nodi principali della storia italiana di fine Ottocento. Essa deve essere analizzata non soltanto come un puro e semplice evento militare, bensì quale crocevia di un'importante epoca politica ed economica. Il percorso che porta al tragico epilogo della mattina del 1° marzo 1896, in cui migliaia di italiani perirono tragicamente sul suolo africano, fu lungo e tortuoso e coincise con la prima fase del colonialismo italiano nel Corno d'Africa. Protagonista indiscusso di quest'epopea, dopo alcuni anni in cui l'Italia si era limitata a timidi e sterili insediamenti, fu il presidente del Consiglio Francesco Crispi: sotto la sua guida la politica coloniale italiana fu segnata da una brusca accelerazione, conclusasi con la ratifica del Trattato di Uccialli e la creazione della Colonia Eritrea nel 1890. Tuttavia, proprio il mancato rispetto di una delle clausole del trattato, oltre che i continui tentativi di espansione italiani oltre confine, determinarono ben presto il deterioramento dei rapporti con il negus abissino, Menelik e lo scoppio delle ostilità. Una serie di umilianti sconfitte, a cavallo tra il 1895 ed il 1896, indussero Crispi ed il generale Baratieri, comandante italiano sul campo, ad affrontare apertamente il nemico in un unico, grande scontro campale, sottovalutando colpevolmente la reale entità delle forze sul campo. La battaglia che avrebbe dovuto risollevare le sorti dell'Italia si tramutò così in tragedia: le brigate italiane furono annientate da un nemico meglio armato, meglio schierato e meglio guidato. Le disastrose scelte tattiche dei generali italiani, la mancanza di collegamento tra i reparti e la convinzione della superiorità bianca furono la causa della morte di migliaia di soldati italiani ed ascari in poche ore. Il diffondersi della notizia della sconfitta segnò un vero e proprio terremoto nell'opinione pubblica italiana: ovunque la popolazione scese in piazza e si susseguirono per giorni manifestazioni e scontri con le forze dell'ordine. L'analisi della situazione generatasi nella penisola, dei disordini nelle piazze, della crisi politica e dell'inevitabile caduta di colui ritenuto dai più il vero responsabile della sconfitta, il presidente del Consiglio Crispi, rappresenta l'ultima parte del lavoro di ricerca. Dopo Adua, la spedizione guidata dal generale Baldissera riportò in breve tempo la situazione alla normalità nella Colonia Eritrea: furono seppelliti i morti, liberati i prigionieri e ripristinati i confini della colonia. Tuttavia, il ricordo della disastrosa sconfitta rimase per decenni nelle coscienze degli italiani, indelebile e doloroso, determinando in modo precipuo le scelte della futura Italia fascista: Adua, dunque, crocevia della storia e della memoria.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/74483