Fino alla fine dell'Ottocento la prospettiva e la cornice erano fondamentali nella fruizione di un dipinto in quanto indicavano allo spettatore le coordinate per una corretta lettura dell'opera. La sicurezza limitante della cornice definiva completamente l'esperienza al suo interno. Con la dissoluzione della cornice, i margini delle opere si sfumano e l'ingresso nell'opera diventa più difficoltoso. Questo lavoro nasce da una riflessione sulle condizioni che hanno condotto alla dissoluzione della cornice e si sviluppa con un'analisi delle prospettive che vengono aperte da Gadamer e O'Doherty in risposta a questo avvenimento. I due autori considerano la scomparsa della cornice come un effetto della pressione che il dipinto esercita sui margini e della necessità sentita dagli artisti contemporanei di liberarsi dalle costrizioni imposte dalla tradizione. Entrambi colgono la complessità delle conseguenze che la distruzione della cornice implica, in modo particolare la difficoltà che lo spettatore deve affrontare nella ricerca di un nuovo punto di contatto con l'opera. Nel primo capitolo mi occupo della prima parte di Verità e metodo e de L'attualità del bello, opere in cui Gadamer tratta il tema della cornice inserendolo nell'ambito più ampio dell'ermeneutica. La cornice è essenziale all'interno del discorso ermeneutico e quest'ultimo è in grado di fornire importanti elementi per ridefinire il concetto di cornice e, di conseguenza, i rapporti tra opera e fruitore. La riflessione di Gadamer parte dai rapporti tra mondo dell'arte ed esperienza quotidiana e,attraverso un confronto dell'esperienza estetica con quella del gioco, arriva ad analizzare la relazione che si crea tra opera e fruitore nell'età moderna e contemporanea. Nel secondo capitolo faccio riferimento all'opera Inside the White Cube, una raccolta di saggi in cui O'Doherty analizza il processo che ha portato all'annullamento della cornice. O'Doherty sottolinea come la dissoluzione della cornice abbia permesso allo spazio espositivo di prendere il sopravvento sulle opere che contiene fino a diventare «l'immagine archetipica dell'arte del ventesimo secolo». L'assenza di cornice sposta l'attenzione verso ciò che circonda l'opera. Nel terzo capitolo mi soffermo brevemente ad analizzare il rapporto tra la cornice e i nuovi media, con un riferimento particolare al cinema. Il mio scopo è quello di comprendere quale è stato il loro ruolo nel processo di dissoluzione della cornice e di individuare la presenza di nuove forme di cornici che possano dare un contributo alla riconfigurazione dei margini nell'esperienza estetica. E' importante sottolineare che Gadamer e O'Doherty non cercano ingenuamente di ripristinare la cornice classica del dipinto, ma comprendono che la sua scomparsa ha messo in evidenza la problematicità della sua funzione. La riflessione sulla fine della cornice ha fatto sì che lo sguardo dei due autori si sia spinto verso l'esterno dell'opera e si sia concentrato sullo spazio. Lo spazio fisico e l'orizzonte ermeneutico diventano parte integrante dell'opera senza dei quali essa non potrebbe trovare un senso, non solo per se stessa ma nell'ottica di un'«estetica geopolitica» capace di donare all'uomo nuove forme per orientarsi nel mondo.

Lo spazio della pittura. La questione della cornice

FERA, JESSICA
2009/2010

Abstract

Fino alla fine dell'Ottocento la prospettiva e la cornice erano fondamentali nella fruizione di un dipinto in quanto indicavano allo spettatore le coordinate per una corretta lettura dell'opera. La sicurezza limitante della cornice definiva completamente l'esperienza al suo interno. Con la dissoluzione della cornice, i margini delle opere si sfumano e l'ingresso nell'opera diventa più difficoltoso. Questo lavoro nasce da una riflessione sulle condizioni che hanno condotto alla dissoluzione della cornice e si sviluppa con un'analisi delle prospettive che vengono aperte da Gadamer e O'Doherty in risposta a questo avvenimento. I due autori considerano la scomparsa della cornice come un effetto della pressione che il dipinto esercita sui margini e della necessità sentita dagli artisti contemporanei di liberarsi dalle costrizioni imposte dalla tradizione. Entrambi colgono la complessità delle conseguenze che la distruzione della cornice implica, in modo particolare la difficoltà che lo spettatore deve affrontare nella ricerca di un nuovo punto di contatto con l'opera. Nel primo capitolo mi occupo della prima parte di Verità e metodo e de L'attualità del bello, opere in cui Gadamer tratta il tema della cornice inserendolo nell'ambito più ampio dell'ermeneutica. La cornice è essenziale all'interno del discorso ermeneutico e quest'ultimo è in grado di fornire importanti elementi per ridefinire il concetto di cornice e, di conseguenza, i rapporti tra opera e fruitore. La riflessione di Gadamer parte dai rapporti tra mondo dell'arte ed esperienza quotidiana e,attraverso un confronto dell'esperienza estetica con quella del gioco, arriva ad analizzare la relazione che si crea tra opera e fruitore nell'età moderna e contemporanea. Nel secondo capitolo faccio riferimento all'opera Inside the White Cube, una raccolta di saggi in cui O'Doherty analizza il processo che ha portato all'annullamento della cornice. O'Doherty sottolinea come la dissoluzione della cornice abbia permesso allo spazio espositivo di prendere il sopravvento sulle opere che contiene fino a diventare «l'immagine archetipica dell'arte del ventesimo secolo». L'assenza di cornice sposta l'attenzione verso ciò che circonda l'opera. Nel terzo capitolo mi soffermo brevemente ad analizzare il rapporto tra la cornice e i nuovi media, con un riferimento particolare al cinema. Il mio scopo è quello di comprendere quale è stato il loro ruolo nel processo di dissoluzione della cornice e di individuare la presenza di nuove forme di cornici che possano dare un contributo alla riconfigurazione dei margini nell'esperienza estetica. E' importante sottolineare che Gadamer e O'Doherty non cercano ingenuamente di ripristinare la cornice classica del dipinto, ma comprendono che la sua scomparsa ha messo in evidenza la problematicità della sua funzione. La riflessione sulla fine della cornice ha fatto sì che lo sguardo dei due autori si sia spinto verso l'esterno dell'opera e si sia concentrato sullo spazio. Lo spazio fisico e l'orizzonte ermeneutico diventano parte integrante dell'opera senza dei quali essa non potrebbe trovare un senso, non solo per se stessa ma nell'ottica di un'«estetica geopolitica» capace di donare all'uomo nuove forme per orientarsi nel mondo.
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