The thesis treats the double function of the Italian Constitutional Court, utilizing a model proposed by Zagrebelsky. He suggests to distinguish the jurisdictional role from the political-legislative one. That is to ensure that the Court does not take advantage of its status to intervene in the parliamentary debate, because it would be an unacceptable trespassing. The Court political duties are quite different: it must spread and stand up for the pactum societatis, at the same time it restrains from the pactum subiectionis. The distinction between the two meanings of the term "political" is often trivialized, leading to an awful misunderstanding, unacceptable in legal topics. Always remembering these core issues, the three Chapters analyse different cases. Chapter 1 concerns the historical development of the parliamentary warranty sanctioned by art. 68 comma 1 Cost. Chapter 2 examines problems raised by l. n. 140 of 2003 and l. n. 124 of 2008, concerning criminal trials against the highest State offices. Chapter 3, taking a cue from "Eluana case" and "salva-liste decree", highlights the response of the system to the "absence" of Court itself, emphasizing its dual nature even in the absence of verdicts.

La tesi approccia casisticamente il tema della doppia funzione della Corte costituzionale, facendo propria una modellizzazione proposta da Zagrebelsky: si può approcciare la Corte ed il suo lavoro distinguendo nettamente il ruolo di giudice - come chiarificatore delle norme da applicare al caso di specie - dal ruolo politico-legislativo - dovuto alle caratteristiche del suo intervento ed alla rilevanza dei casi nei quali è richiesto il suo intervento; in alternativa, detti ruoli si possono considerare aspetti differenti della giurisprudenza costituzionale. Quest'ultima impostazione - rigettata dallo studioso - vedrebbe la Corte avere ruolo di co-determinazione dell'indirizzo politico, unitamente al potere legislativo, in un processo affatto giurisdizionale e del tutto politico. L'opposta concezione vede invece la funzione legislativa - propria del Parlamento - totalmente libera (entro i limiti della Costituzione) e la funzione giurisdizionale - propria della Corte - costantemente tesa a verificare la compatibilità delle scelte politiche (intraprese per via legislativa) con il quadro costituzionale; la Corte, secondo questa impostazione, non può e non deve imporre una propria linea politica: essa non è mediatrice di interessi politici immanenti (ambito, questo, regolamentato dal pactum subiectionis), bensì propugnatrice dei valori e principi di insieme dettati dalla Costituzione (il pactum societatis). Si tenta qui di controbattere, in un'ottica costituzionalistica, alla banalizzazione del dualismo, ponendo l'accento sul positivo apporto che perviene all'ordinamento dalla evidenziata duplice natura della Corte. Non si devono comunque celare le difficoltà che il giudice della legge si trova ad affrontare, essendo perennemente esposto ai due opposti ed estremi rischi di trasformazione (per opera di terzi o per meriti propri) in inutile feticcio o in terza Camera. Basandosi su queste premesse, con l'intento di sottoporre all'attenzione del lettore casistiche e spunti disparati, si sono scelti i seguenti argomenti: il Capitolo 1 analizza l'evoluzione dell'istituto dell'insindacabilità dei parlamentari ex art. 68 Cost. dalla sentenza n. 1150 del 1988 ad oggi; il Capitolo 2 esamina i problemi sollevati, dalla legge n. 140 del 2003 prima e dalla legge n. 124 del 2008 poi, riguardo i processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato; il Capitolo 3, infine, prendendo spunto dal "caso Eluana" e dal "decreto salva-liste", evidenzia la reazione dell'ordinamento alla "assenza" della Corte stessa, evidenziando in quali modi ne emerga la duplice natura persino in mancanza di pronunciamenti.

Il giudice della legge tra funzione giurisdizionale e funzione politica

SCHIAVO, GIUSEPPE
2010/2011

Abstract

La tesi approccia casisticamente il tema della doppia funzione della Corte costituzionale, facendo propria una modellizzazione proposta da Zagrebelsky: si può approcciare la Corte ed il suo lavoro distinguendo nettamente il ruolo di giudice - come chiarificatore delle norme da applicare al caso di specie - dal ruolo politico-legislativo - dovuto alle caratteristiche del suo intervento ed alla rilevanza dei casi nei quali è richiesto il suo intervento; in alternativa, detti ruoli si possono considerare aspetti differenti della giurisprudenza costituzionale. Quest'ultima impostazione - rigettata dallo studioso - vedrebbe la Corte avere ruolo di co-determinazione dell'indirizzo politico, unitamente al potere legislativo, in un processo affatto giurisdizionale e del tutto politico. L'opposta concezione vede invece la funzione legislativa - propria del Parlamento - totalmente libera (entro i limiti della Costituzione) e la funzione giurisdizionale - propria della Corte - costantemente tesa a verificare la compatibilità delle scelte politiche (intraprese per via legislativa) con il quadro costituzionale; la Corte, secondo questa impostazione, non può e non deve imporre una propria linea politica: essa non è mediatrice di interessi politici immanenti (ambito, questo, regolamentato dal pactum subiectionis), bensì propugnatrice dei valori e principi di insieme dettati dalla Costituzione (il pactum societatis). Si tenta qui di controbattere, in un'ottica costituzionalistica, alla banalizzazione del dualismo, ponendo l'accento sul positivo apporto che perviene all'ordinamento dalla evidenziata duplice natura della Corte. Non si devono comunque celare le difficoltà che il giudice della legge si trova ad affrontare, essendo perennemente esposto ai due opposti ed estremi rischi di trasformazione (per opera di terzi o per meriti propri) in inutile feticcio o in terza Camera. Basandosi su queste premesse, con l'intento di sottoporre all'attenzione del lettore casistiche e spunti disparati, si sono scelti i seguenti argomenti: il Capitolo 1 analizza l'evoluzione dell'istituto dell'insindacabilità dei parlamentari ex art. 68 Cost. dalla sentenza n. 1150 del 1988 ad oggi; il Capitolo 2 esamina i problemi sollevati, dalla legge n. 140 del 2003 prima e dalla legge n. 124 del 2008 poi, riguardo i processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato; il Capitolo 3, infine, prendendo spunto dal "caso Eluana" e dal "decreto salva-liste", evidenzia la reazione dell'ordinamento alla "assenza" della Corte stessa, evidenziando in quali modi ne emerga la duplice natura persino in mancanza di pronunciamenti.
ITA
The thesis treats the double function of the Italian Constitutional Court, utilizing a model proposed by Zagrebelsky. He suggests to distinguish the jurisdictional role from the political-legislative one. That is to ensure that the Court does not take advantage of its status to intervene in the parliamentary debate, because it would be an unacceptable trespassing. The Court political duties are quite different: it must spread and stand up for the pactum societatis, at the same time it restrains from the pactum subiectionis. The distinction between the two meanings of the term "political" is often trivialized, leading to an awful misunderstanding, unacceptable in legal topics. Always remembering these core issues, the three Chapters analyse different cases. Chapter 1 concerns the historical development of the parliamentary warranty sanctioned by art. 68 comma 1 Cost. Chapter 2 examines problems raised by l. n. 140 of 2003 and l. n. 124 of 2008, concerning criminal trials against the highest State offices. Chapter 3, taking a cue from "Eluana case" and "salva-liste decree", highlights the response of the system to the "absence" of Court itself, emphasizing its dual nature even in the absence of verdicts.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/74066