La grande diffusione dei prodotti da fumo in tutte le fasce della popolazione e l'elevata pericolosità che tale ¿vizio¿ si porta dietro, fanno dei danni sofferti dal fumatore un esempio paradigmatico della categoria dei danni di massa. Eccoci, dunque, al vero e proprio dibattito oggetto di questa trattazione: il consumatore-fumatore danneggiato ha o meno diritto al risarcimento dei danni sofferti in conseguenza dell'uso di sigarette? E conseguentemente, le multinazionali produttrici di sigarette possono incorrere in responsabilità (di che tipo lo si illustrerà nei prossimi capitoli) per i danni arrecati ai singoli e all'Amministrazione di Stato per i maggiori costi sociali sopportati? Verrà affrontato questo tema, snocciolando nel dettaglio ogni possibili sviluppo, libero da preconcetti ideologici e senza mai cadere nell'errore di intraprendere una futile ¿crociata¿ anti-fumo. Dunque, tanto doverosamente premesso, sembra giunto il momento per affrontare, seppur preliminarmente, alcune questioni relative all'argomento trattato. Brevemente è possibile così riassumere lo scenario internazionale in materia di prodotti da fumo: le imprese produttrici di sigarette, come del resto (almeno in parte) gli stessi fumatori, hanno sempre saputo che le sigarette nocciono alla salute. I vari ordinamenti hanno, allora, progressivamente imposto a carico delle stesse stringenti doveri di informazione circa i rischi per la salute degli individui, e ridotto, sino ad eliminare completamente, gli spazi pubblicitari a queste concesse al fine di arginare il dilagante problema del fumo minorile . Ora, la prima obiezione che è stata sollevata al ragionamento che porta a intravedere una possibile responsabilità delle case produttrici, è la consapevolezza dei fumatori dei rischi cui vanno incontro ogni volta che accendono una sigaretta. Tralasciando per il momento il fatto che una piena consapevolezza del consumatore è tutta da dimostrare, l'immediata contro-obiezione che verrà mossa è quella per cui i fumatori non possono sottrarsi così facilmente a richiamo del tabacco per la, scientificamente provata, dipendenza che questo ingenera in brevissimi tempi nel consumatore, e per la presenza, di recente scoperta, di additivi atti ad aumentare la dipendenza stessa, nonché a rendere più accattivante il sapore del fumo inalato. Taluni affermano, d'altra parte, che non è invocabile una responsabilità quando l'impresa abbia rispettato in modo analitico le avvertenze prescritte dalla legge circa la nocività del prodotto commercializzato. Tal altri rispondono puntando l'attenzione sul fatto che le informazioni siano sempre state insufficienti, non permettendo quindi al consumatore di conoscere fino in fondo i rischi del fumo. Vi è inoltre un florido dibattito legato al nesso di causalità: gli studi epidemiologici hanno mostrato statisticamente un'elevata connessione tra l'azione del fumo e le malattie polmonari, causa troppo spesso di morti precoci. Tali esperimenti scientifici sono sufficienti a convincere gli interpreti riguardo la sussistenza nel nesso eziologico? E come aggirare i problemi in tema di termine prescrizionale, posti dal fatto che gli stessi studi appena citati abbiano confermato che la patologie incriminate possono manifestarsi a distanza di molti anni da quando si è verificata l'esposizione all'azione cancerogena?

danno da fumo

BIN, FEDERICO
2009/2010

Abstract

La grande diffusione dei prodotti da fumo in tutte le fasce della popolazione e l'elevata pericolosità che tale ¿vizio¿ si porta dietro, fanno dei danni sofferti dal fumatore un esempio paradigmatico della categoria dei danni di massa. Eccoci, dunque, al vero e proprio dibattito oggetto di questa trattazione: il consumatore-fumatore danneggiato ha o meno diritto al risarcimento dei danni sofferti in conseguenza dell'uso di sigarette? E conseguentemente, le multinazionali produttrici di sigarette possono incorrere in responsabilità (di che tipo lo si illustrerà nei prossimi capitoli) per i danni arrecati ai singoli e all'Amministrazione di Stato per i maggiori costi sociali sopportati? Verrà affrontato questo tema, snocciolando nel dettaglio ogni possibili sviluppo, libero da preconcetti ideologici e senza mai cadere nell'errore di intraprendere una futile ¿crociata¿ anti-fumo. Dunque, tanto doverosamente premesso, sembra giunto il momento per affrontare, seppur preliminarmente, alcune questioni relative all'argomento trattato. Brevemente è possibile così riassumere lo scenario internazionale in materia di prodotti da fumo: le imprese produttrici di sigarette, come del resto (almeno in parte) gli stessi fumatori, hanno sempre saputo che le sigarette nocciono alla salute. I vari ordinamenti hanno, allora, progressivamente imposto a carico delle stesse stringenti doveri di informazione circa i rischi per la salute degli individui, e ridotto, sino ad eliminare completamente, gli spazi pubblicitari a queste concesse al fine di arginare il dilagante problema del fumo minorile . Ora, la prima obiezione che è stata sollevata al ragionamento che porta a intravedere una possibile responsabilità delle case produttrici, è la consapevolezza dei fumatori dei rischi cui vanno incontro ogni volta che accendono una sigaretta. Tralasciando per il momento il fatto che una piena consapevolezza del consumatore è tutta da dimostrare, l'immediata contro-obiezione che verrà mossa è quella per cui i fumatori non possono sottrarsi così facilmente a richiamo del tabacco per la, scientificamente provata, dipendenza che questo ingenera in brevissimi tempi nel consumatore, e per la presenza, di recente scoperta, di additivi atti ad aumentare la dipendenza stessa, nonché a rendere più accattivante il sapore del fumo inalato. Taluni affermano, d'altra parte, che non è invocabile una responsabilità quando l'impresa abbia rispettato in modo analitico le avvertenze prescritte dalla legge circa la nocività del prodotto commercializzato. Tal altri rispondono puntando l'attenzione sul fatto che le informazioni siano sempre state insufficienti, non permettendo quindi al consumatore di conoscere fino in fondo i rischi del fumo. Vi è inoltre un florido dibattito legato al nesso di causalità: gli studi epidemiologici hanno mostrato statisticamente un'elevata connessione tra l'azione del fumo e le malattie polmonari, causa troppo spesso di morti precoci. Tali esperimenti scientifici sono sufficienti a convincere gli interpreti riguardo la sussistenza nel nesso eziologico? E come aggirare i problemi in tema di termine prescrizionale, posti dal fatto che gli stessi studi appena citati abbiano confermato che la patologie incriminate possono manifestarsi a distanza di molti anni da quando si è verificata l'esposizione all'azione cancerogena?
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/73860