Il titolo V del libro II del codice penale contiene i delitti contro l' ordine pubblico, i quali presentano non poche difficoltà per quanto attiene alla esatta determinazione dell' oggetto della tutela penale di questa serie di reati. Fin dall' origine, il contenuto normativo del titolo V ha posto il problema dell' identificazione di un interesse tutelato comune, alla luce di una certa eterogeneità delle disposizioni che lo compongono, rendendo così la nozione stessa di ordine pubblico oggetto di controversie per quanto attiene alla sua stessa definizione. Tradizionalmente, l' ordine pubblico viene inteso in due accezioni, una ideale, l' altra materiale: per ordine pubblico ideale si intende l' insieme dei principi fondamentali sui quali si fonda e nei quali si riconosce la convivenza associata; la nozione di ordine pubblico materiale, invece, riguarda il «buon assetto o il regolare andamento del vivere civile, a cui corrispondono, nella collettività, l' opinione e il senso della tranquillità e della sicurezza» . Inizialmente, l' ordine pubblico era configurabile come un' entità ideale, identificabile, quindi, con l' integrità del sistema normativo vigente . In questa prospettiva, restava del tutto defilata ed in secondo piano una nozione più materiale dell' ordine pubblico, che pure si rinviene nelle pieghe dei Lavori preparatori, laddove si richiama il buon assetto e il regolare andamento del vivere civile. Con l' entrata in vigore della Costituzione repubblicana e con la conseguente accresciuta sensibilità verso diritti e libertà, si sono verificati tentativi di adeguamento del concetto di ordine pubblico in quanto l' applicazione delle fattispecie che compongono il titolo V potrebbe limitare quegli stessi diritti e libertà riconosciuti dalla Carta fondamentale e si è così puntato a valorizzare la concezione materiale dell' ordine pubblico, dando quindi rilievo a concezioni e riferimenti come tranquillità e pace pubblica. Da un lato, quindi, si è puntato a valorizzare la concezione materiale dell' ordine pubblico a scapito di quella ideale, sottolineando la maggiore afferrabilità di riferimenti come quello alla tranquillità o alla pace pubblica; dall' altro, la Corte Costituzionale si è impegnata in un lavoro di interpretazione di alcune fattispecie nel senso di introdurre elementi di concreta offensività. La Corte Costituzionale si è così impegnata in una rielaborazione concettuale della stessa nozione di ordine pubblico in senso costituzionale, ravvisandovi, ai fini del diritto penale, «la preservazione delle strutture giuridiche della convivenza sociale, instaurate mediante leggi» . Questa rielaborazione, però, ha incontrato critiche da parte della dottrina , in quanto rappresenta pur sempre la riproposizione di una concezione ideale e non materiale, quindi, con il rischio di manipolazioni al fine di tutelare interessi diversi da quelli realmente meritevoli di tutela. Le notevoli difficoltà di inquadramento della nozione di ordine pubblico e di adeguamento delle disposizioni formanti il titolo V hanno, perciò, indotto una parte della dottrina a rivedere radicalmente la tematica, in una prospettiva de iure condendo, ipotizzandone la configurazione all' interno non della parte speciale ma della parte generale del codice, in quanto le varie fattispecie, quali associazione, apologia e istigazione, potrebbero essere considerate e regolate come forme di partecipazione in tutti i reati .
Ambito di applicazione e aree di confine dei reati di assistenza agli associati, favoreggiamento e concorso esterno nei reati associativi
MORRA, ANTONIO
2013/2014
Abstract
Il titolo V del libro II del codice penale contiene i delitti contro l' ordine pubblico, i quali presentano non poche difficoltà per quanto attiene alla esatta determinazione dell' oggetto della tutela penale di questa serie di reati. Fin dall' origine, il contenuto normativo del titolo V ha posto il problema dell' identificazione di un interesse tutelato comune, alla luce di una certa eterogeneità delle disposizioni che lo compongono, rendendo così la nozione stessa di ordine pubblico oggetto di controversie per quanto attiene alla sua stessa definizione. Tradizionalmente, l' ordine pubblico viene inteso in due accezioni, una ideale, l' altra materiale: per ordine pubblico ideale si intende l' insieme dei principi fondamentali sui quali si fonda e nei quali si riconosce la convivenza associata; la nozione di ordine pubblico materiale, invece, riguarda il «buon assetto o il regolare andamento del vivere civile, a cui corrispondono, nella collettività, l' opinione e il senso della tranquillità e della sicurezza» . Inizialmente, l' ordine pubblico era configurabile come un' entità ideale, identificabile, quindi, con l' integrità del sistema normativo vigente . In questa prospettiva, restava del tutto defilata ed in secondo piano una nozione più materiale dell' ordine pubblico, che pure si rinviene nelle pieghe dei Lavori preparatori, laddove si richiama il buon assetto e il regolare andamento del vivere civile. Con l' entrata in vigore della Costituzione repubblicana e con la conseguente accresciuta sensibilità verso diritti e libertà, si sono verificati tentativi di adeguamento del concetto di ordine pubblico in quanto l' applicazione delle fattispecie che compongono il titolo V potrebbe limitare quegli stessi diritti e libertà riconosciuti dalla Carta fondamentale e si è così puntato a valorizzare la concezione materiale dell' ordine pubblico, dando quindi rilievo a concezioni e riferimenti come tranquillità e pace pubblica. Da un lato, quindi, si è puntato a valorizzare la concezione materiale dell' ordine pubblico a scapito di quella ideale, sottolineando la maggiore afferrabilità di riferimenti come quello alla tranquillità o alla pace pubblica; dall' altro, la Corte Costituzionale si è impegnata in un lavoro di interpretazione di alcune fattispecie nel senso di introdurre elementi di concreta offensività. La Corte Costituzionale si è così impegnata in una rielaborazione concettuale della stessa nozione di ordine pubblico in senso costituzionale, ravvisandovi, ai fini del diritto penale, «la preservazione delle strutture giuridiche della convivenza sociale, instaurate mediante leggi» . Questa rielaborazione, però, ha incontrato critiche da parte della dottrina , in quanto rappresenta pur sempre la riproposizione di una concezione ideale e non materiale, quindi, con il rischio di manipolazioni al fine di tutelare interessi diversi da quelli realmente meritevoli di tutela. Le notevoli difficoltà di inquadramento della nozione di ordine pubblico e di adeguamento delle disposizioni formanti il titolo V hanno, perciò, indotto una parte della dottrina a rivedere radicalmente la tematica, in una prospettiva de iure condendo, ipotizzandone la configurazione all' interno non della parte speciale ma della parte generale del codice, in quanto le varie fattispecie, quali associazione, apologia e istigazione, potrebbero essere considerate e regolate come forme di partecipazione in tutti i reati .File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/73767