This dissertation focuses on the implementation of the concurrence of offences and continuing offense in the execution phase of the trial (art. 671 of the Italian criminal procedure code). This topic is tied to the wider subject of the execution of the authorities' decisions and to the irrevocability of the res judicata. The first chapter of this work deals with the first legislative development that has affected this legal institute by analysing the relationship between the old and the new criminal procedure code. Sure enough, in the Italian law tradition this issue can be considered quite recent, because the previous Codice Rocco (1930) stated a stable and unmodifiable sanction during the first phase of the trial. Through the investigation of the legal institute's ratio and its premises, it is clear that the criminal res judicata is becoming more and more flexible. The second chapter addresses the proceedings of the executive stage of the trial, and the increasing power of the Judge. Nowadays, the Judge can issue the prescription or the modification of the sanction during the trial's executive phase. In the end, the last chapter of this investigation analyses the relationships between the concurring of offences and the principle of ne bis in idem. Indeed, this last stage of the examination is aimed at shading a light on the premises of this principle, that is to say the circumstances that let the Judge implement the art. 649 of the criminal procedure code (better known as “medesimo fatto”, i.e. the same fact). In conclusion, by analysing the law institute provided for the art. 671, this work is aimed at addressing wider legal issues related to the topic of the criminal res judicata and its usefulness.
Questo lavoro pone l'attenzione sull'istituto previsto dall'art. 671 del codice di procedura penale che concerne l'applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato nella fase esecutiva. Questo argomento richiama quello più generale dell'esecuzione dei comandi contenuti nelle decisioni delle autorità giudiziarie e dell'irrevocabilità del giudicato. Nel primo capitolo di questo lavoro la problematica è stata analizzata attraverso una sua prima evoluzione legislativa, in particolare attraverso l'osservazione della disciplina prima e dopo il nuovo codice di procedura penale. Infatti, questo fenomeno può essere considerato relativamente nuovo nella nostra tradizione normativa, in quanto nel codice Rocco del 1930 vigeva una regola di tendenziale stabilità ed immodificabilità della sanzione irrogata nella fase cognitiva. L'analisi è passata attraverso lo studio della ratio dell'istituto, dei suoi presupposti e dell'ambito applicativo. Ormai sono numerosi i casi in cui il legislatore tollera la caducazione del giudicato penale per ragioni pratiche o per finalità di giustizia e questo comporta che il giudicato diventa un istituto flessibile e malleabile, con l'effetto di piegare la naturale tendenza autoconservativa del giudicato alle esigenze di giustizia sostanziale. Nel secondo capitolo viene trattato il procedimento della fase esecutiva e dei conseguenti poteri, sempre più ampi, del giudice di questa fase. La morfologia stessa della fase dell'esecuzione è profondamente mutata a causa delle trasformazioni che negli ultimi decenni hanno investito la funzione stessa della pena e delle misure di sicurezza. Questo ha portato ad un arricchimento dei compiti della fase in esame, non più considerata solo la fase in cui si compiono attività funzionali all'attuazione del comando sanzionatorio, ma anche quel momento in cui possono essere emanati provvedimenti che comportano l'estinzione o la modificazione di tale comando. Infine, l'ultimo capitolo della trattazione analizza le dinamiche del rapporto tra il concorso formale di reati e il principio del ne bis in idem, portando alla luce le problematiche che ruotano intorno a tale principio. Ci si pone, quindi, l'obiettivo di capire quando ci si trova realmente di fronte ai presupposti del principio, quando si può considerare il “medesimo fatto” previsto dall'art. 649 c.p.p. e quale significato bisogna attribuire alla nozione stessa di “fatto”. Partendo da un istituto specifico come quello previsto dall'art. 671 del codice di procedura penale, il lavoro qui presente vuole comprendere problematiche di portata più generale che, in conclusione, ruotano intorno al delicato tema del giudicato penale e all'interrogativo sulla sua reale utilità.
Applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato nella fase esecutiva - art. 671 c.p.p.
SANTANGELO, CARLOTTA
2019/2020
Abstract
Questo lavoro pone l'attenzione sull'istituto previsto dall'art. 671 del codice di procedura penale che concerne l'applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato nella fase esecutiva. Questo argomento richiama quello più generale dell'esecuzione dei comandi contenuti nelle decisioni delle autorità giudiziarie e dell'irrevocabilità del giudicato. Nel primo capitolo di questo lavoro la problematica è stata analizzata attraverso una sua prima evoluzione legislativa, in particolare attraverso l'osservazione della disciplina prima e dopo il nuovo codice di procedura penale. Infatti, questo fenomeno può essere considerato relativamente nuovo nella nostra tradizione normativa, in quanto nel codice Rocco del 1930 vigeva una regola di tendenziale stabilità ed immodificabilità della sanzione irrogata nella fase cognitiva. L'analisi è passata attraverso lo studio della ratio dell'istituto, dei suoi presupposti e dell'ambito applicativo. Ormai sono numerosi i casi in cui il legislatore tollera la caducazione del giudicato penale per ragioni pratiche o per finalità di giustizia e questo comporta che il giudicato diventa un istituto flessibile e malleabile, con l'effetto di piegare la naturale tendenza autoconservativa del giudicato alle esigenze di giustizia sostanziale. Nel secondo capitolo viene trattato il procedimento della fase esecutiva e dei conseguenti poteri, sempre più ampi, del giudice di questa fase. La morfologia stessa della fase dell'esecuzione è profondamente mutata a causa delle trasformazioni che negli ultimi decenni hanno investito la funzione stessa della pena e delle misure di sicurezza. Questo ha portato ad un arricchimento dei compiti della fase in esame, non più considerata solo la fase in cui si compiono attività funzionali all'attuazione del comando sanzionatorio, ma anche quel momento in cui possono essere emanati provvedimenti che comportano l'estinzione o la modificazione di tale comando. Infine, l'ultimo capitolo della trattazione analizza le dinamiche del rapporto tra il concorso formale di reati e il principio del ne bis in idem, portando alla luce le problematiche che ruotano intorno a tale principio. Ci si pone, quindi, l'obiettivo di capire quando ci si trova realmente di fronte ai presupposti del principio, quando si può considerare il “medesimo fatto” previsto dall'art. 649 c.p.p. e quale significato bisogna attribuire alla nozione stessa di “fatto”. Partendo da un istituto specifico come quello previsto dall'art. 671 del codice di procedura penale, il lavoro qui presente vuole comprendere problematiche di portata più generale che, in conclusione, ruotano intorno al delicato tema del giudicato penale e all'interrogativo sulla sua reale utilità.File | Dimensione | Formato | |
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