Le tre specie di tartaruga marina presenti nel Mar Mediterraneo, tutte comprese nelle categorie a maggior rischio di estinzione della Lista Rossa della IUCN, sono la tartaruga marina comune, Caretta caretta, la tartaruga verde, Chelonia mydas e la tartaruga liuto, Dermochelys coriacea. Di queste Caretta caretta è la più comune nei mari italiani ed è anche l'unica a nidificare sulle coste del nostro paese. Tra le principali minacce antropiche alla sopravvivenza delle popolazioni di tartarughe marine si annovera la loro pesca accidentale con lo strascico di fondo, che costituisce il sistema di pesca industriale più diffuso in Italia, soprattutto nel Medio e Basso Adriatico. L'impatto di questa tipologia di pesca è forte soprattutto per gli individui, immaturi od adulti, che si trovano nella ¿fase neritica¿. Lo scopo principale del mio lavoro di tesi è stato quello di accertare l'impatto dell'attività di pesca a strascico sulle tartarughe marine, nell'area del Golfo di Manfredonia, in Puglia. Ho analizzato sia i dati derivanti dai tre anni di attività del locale Centro di Recupero sia quelli derivanti da un anno di osservazione diretta ed indiretta dell'attività di tre motopescherecci. Dalle analisi è risultato che la pesca è la principale causa d'ingresso delle tartarughe al centro inoltre, come ci si aspettava, la specie maggiormente rappresentata nell'area di studio è la tartaruga comune Caretta caretta. Gli esemplari sono presenti nel Golfo durante tutto l'anno, sebbene si possano registrare delle differenze mensili, con una prevalenza di catture durante i mesi di luglio, settembre, ottobre e dicembre. Gli animali sono soprattutto esemplari immaturi in fase neritica. Questo permetterebbe di ipotizzare che l'area di studio, caratterizzata da acque relativamente poco profonde e calde, con fondali prevalentemente sabbio-fangosi, ricchi di specie bentoniche, possa essere un'area di foraggiamento per Caretta caretta, ciò spiegherebbe la presenza estiva dal momento che i giovani restano nell'area e non migrano per riprodursi a differenza degli adulti. Inoltre potrebbe anche essere un'area di svernamento, in questo modo si spiegherebbe anche la presenza invernale degli animali. La taglia minima degli esemplari catturati nelle reti a strascico è di 30 cm, questo permette di ipotizzare che nel Golfo possa avvenire anche il reclutamento dei giovani alla fase neritica. In fine, la presenza delle tartarughe marine comune nell'area di studio potrebbe essere correlata a fenomeni di migrazioni riproduttive, soprattutto verso i siti della Grecia. Dai dati risulta, altresì, una mortalità molto bassa correlata alla pesca; questo dato sembrerebbe in disaccordo con quanto ci si attendeva vista la durata media delle cale relativamente lunga e la temperatura superficiale dell'acqua mediamente elevata durante tutti i mesi dell'anno, quindi richiederebbe ulteriori indagini di approfondimento. Per quanto riguarda le possibili misure per mitigare l'impatto della pesca nell'area occorrerebbe ridurre lo sforzo di pesca e/o la durata delle cale o, in alternativa, introdurre modifiche strutturali dell'attrezzatura, come il Turtle Excluder Device (TED). Trattandosi di azioni di difficile applicazione, fin quando non sarà creata una situazione idonea al loro recepimento si propone di continuare, il programma di sensibilizzazione e di preparazione dei pescatori.

Catture accidentali di tartarughe marine nelle reti a strascico operanti nel Golfo di Manfredonia.

AIROLA, ELISA
2009/2010

Abstract

Le tre specie di tartaruga marina presenti nel Mar Mediterraneo, tutte comprese nelle categorie a maggior rischio di estinzione della Lista Rossa della IUCN, sono la tartaruga marina comune, Caretta caretta, la tartaruga verde, Chelonia mydas e la tartaruga liuto, Dermochelys coriacea. Di queste Caretta caretta è la più comune nei mari italiani ed è anche l'unica a nidificare sulle coste del nostro paese. Tra le principali minacce antropiche alla sopravvivenza delle popolazioni di tartarughe marine si annovera la loro pesca accidentale con lo strascico di fondo, che costituisce il sistema di pesca industriale più diffuso in Italia, soprattutto nel Medio e Basso Adriatico. L'impatto di questa tipologia di pesca è forte soprattutto per gli individui, immaturi od adulti, che si trovano nella ¿fase neritica¿. Lo scopo principale del mio lavoro di tesi è stato quello di accertare l'impatto dell'attività di pesca a strascico sulle tartarughe marine, nell'area del Golfo di Manfredonia, in Puglia. Ho analizzato sia i dati derivanti dai tre anni di attività del locale Centro di Recupero sia quelli derivanti da un anno di osservazione diretta ed indiretta dell'attività di tre motopescherecci. Dalle analisi è risultato che la pesca è la principale causa d'ingresso delle tartarughe al centro inoltre, come ci si aspettava, la specie maggiormente rappresentata nell'area di studio è la tartaruga comune Caretta caretta. Gli esemplari sono presenti nel Golfo durante tutto l'anno, sebbene si possano registrare delle differenze mensili, con una prevalenza di catture durante i mesi di luglio, settembre, ottobre e dicembre. Gli animali sono soprattutto esemplari immaturi in fase neritica. Questo permetterebbe di ipotizzare che l'area di studio, caratterizzata da acque relativamente poco profonde e calde, con fondali prevalentemente sabbio-fangosi, ricchi di specie bentoniche, possa essere un'area di foraggiamento per Caretta caretta, ciò spiegherebbe la presenza estiva dal momento che i giovani restano nell'area e non migrano per riprodursi a differenza degli adulti. Inoltre potrebbe anche essere un'area di svernamento, in questo modo si spiegherebbe anche la presenza invernale degli animali. La taglia minima degli esemplari catturati nelle reti a strascico è di 30 cm, questo permette di ipotizzare che nel Golfo possa avvenire anche il reclutamento dei giovani alla fase neritica. In fine, la presenza delle tartarughe marine comune nell'area di studio potrebbe essere correlata a fenomeni di migrazioni riproduttive, soprattutto verso i siti della Grecia. Dai dati risulta, altresì, una mortalità molto bassa correlata alla pesca; questo dato sembrerebbe in disaccordo con quanto ci si attendeva vista la durata media delle cale relativamente lunga e la temperatura superficiale dell'acqua mediamente elevata durante tutti i mesi dell'anno, quindi richiederebbe ulteriori indagini di approfondimento. Per quanto riguarda le possibili misure per mitigare l'impatto della pesca nell'area occorrerebbe ridurre lo sforzo di pesca e/o la durata delle cale o, in alternativa, introdurre modifiche strutturali dell'attrezzatura, come il Turtle Excluder Device (TED). Trattandosi di azioni di difficile applicazione, fin quando non sarà creata una situazione idonea al loro recepimento si propone di continuare, il programma di sensibilizzazione e di preparazione dei pescatori.
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