I micromammiferi sono importantissimi per stabilire biocronologia e paleoecologia dei siti fossiliferi. Il sito fossilifero del Monte Argentario è originato da alcune fessure carsiche di età Plio-Pleistocenica in cui si sono accumulati resti di micromammiferi e di macromammiferi. Esiste per queste cavità, scoperte casualmente durante i lavori di cavatura della Miniera della Polveriera, una datazione basata sulle macrofaune (Pleistocene Inferiore, Bihariano Inferiore, Unita Faunistica di Farneta: Sardella 2006) ma il materiale dei micromammiferi non è stato fino ad ora ancora esaminato. Lo scopo del presente lavoro è appunto questo. La nostra conoscenza dei roditori del Bihariano inferiore italiano è attualmente molto scarsa, in confronto ad altre faune (Kotsakis et al. 2008). Per l'Unità Faunistica di Farneta sono pochi i siti conosciuti ed analizzati sotto questo aspetto (solo il sito di Pietrafitta, Masini et al. 1998). Attraverso le specie di micromammiferi fossili, soprattutto di Roditori, è possibile datare con estrema precisione i siti. Infatti alcune famiglie di Roditori, come per esempio gli Arvicolidi, hanno un tasso evolutivo molto alto. Il loro grado evolutivo e, quindi, la specie di appartenenza, si riescono ad identificare dall'analisi dei denti diagnostici per ciascun taxa. Ciò permette di stabilire l'unità faunistica di appartenenza, dopo aver misurato ed identificato i resti. Questo primo studio dei micromammiferi fossili del Monte Argentario vorrebbe quindi colmare due lacune: la prima è l'affinamento della datazione effettuata con le macrofaune per il Monte Argentario, la seconda è l'ampliamento delle conoscenze sui micromammiferi del Bihariano inferiore in Italia. Il sito si colloca cronologicamente tra due altri siti, la cui fauna a micromammiferi è già stata studiata approfonditamente: immediatamente prima, nell'unità faunistica di Olivola, i Roditori di Monte la Mesa (Verona; Marchetti et al. 2000), immediatamente dopo, nell'unità faunistica omonima, i micromammiferi di Pirro-Cava Sud (Foggia; Masini e Santini 1991). L'associazione fossile del Monte Argentario conta ben 11 specie: Talpa sp., Sorex minutus, Asoriculus cf. gibberodon, Petenyia hungarica, Soricidae indet., Oryctolagus cf. lacosti, Glis. sackdillingensis, Eliomys sp., Apodemus atavus, Microtus (Allophaiomys) ruffoi, Microtus (Allophaiomys) chalinei. Le associazioni fossili derivate da accumulo di resti di borre solitamente rispecchiano la fauna presente in modo abbastanza fedele (Andrews 1990). Ciò fa sì che sia possibile tentare una ricostruzione del paleoambiente dell'area circostante il sito fossilifero. Innanzitutto bisogna dire che la totalità delle specie della nostra associazione aveva abitudini notturne, cosa che ci fa attribuire l'accumulo ad un predatore notturno (Strigiformi). Le specie di Soricidae presenti (Sorex minutus, Asoriculus cf. gibberodon) indicano un ambiente boscato ed umido (Reumer 1984), così come l'Apodemus presuppone la presenza di una buona copertura vegetale. Allo stesso modo i Gliridi determinati indicano la presenza di alberi ed arbusti. Nel complesso le indicazioni paleoecologiche ci portano verso l'identificazione di un paleoambiente di foresta abbastanza umido. Al momento attuale possiamo confermare la datazione effettuata grazie alla macrofauna, che collocava la Miniera della Polveriera nell'Unità
I micromammiferi del Pleistocene inferiore del Monte Argentario (Grosseto , Italia)
BOERO, ANDREA
2009/2010
Abstract
I micromammiferi sono importantissimi per stabilire biocronologia e paleoecologia dei siti fossiliferi. Il sito fossilifero del Monte Argentario è originato da alcune fessure carsiche di età Plio-Pleistocenica in cui si sono accumulati resti di micromammiferi e di macromammiferi. Esiste per queste cavità, scoperte casualmente durante i lavori di cavatura della Miniera della Polveriera, una datazione basata sulle macrofaune (Pleistocene Inferiore, Bihariano Inferiore, Unita Faunistica di Farneta: Sardella 2006) ma il materiale dei micromammiferi non è stato fino ad ora ancora esaminato. Lo scopo del presente lavoro è appunto questo. La nostra conoscenza dei roditori del Bihariano inferiore italiano è attualmente molto scarsa, in confronto ad altre faune (Kotsakis et al. 2008). Per l'Unità Faunistica di Farneta sono pochi i siti conosciuti ed analizzati sotto questo aspetto (solo il sito di Pietrafitta, Masini et al. 1998). Attraverso le specie di micromammiferi fossili, soprattutto di Roditori, è possibile datare con estrema precisione i siti. Infatti alcune famiglie di Roditori, come per esempio gli Arvicolidi, hanno un tasso evolutivo molto alto. Il loro grado evolutivo e, quindi, la specie di appartenenza, si riescono ad identificare dall'analisi dei denti diagnostici per ciascun taxa. Ciò permette di stabilire l'unità faunistica di appartenenza, dopo aver misurato ed identificato i resti. Questo primo studio dei micromammiferi fossili del Monte Argentario vorrebbe quindi colmare due lacune: la prima è l'affinamento della datazione effettuata con le macrofaune per il Monte Argentario, la seconda è l'ampliamento delle conoscenze sui micromammiferi del Bihariano inferiore in Italia. Il sito si colloca cronologicamente tra due altri siti, la cui fauna a micromammiferi è già stata studiata approfonditamente: immediatamente prima, nell'unità faunistica di Olivola, i Roditori di Monte la Mesa (Verona; Marchetti et al. 2000), immediatamente dopo, nell'unità faunistica omonima, i micromammiferi di Pirro-Cava Sud (Foggia; Masini e Santini 1991). L'associazione fossile del Monte Argentario conta ben 11 specie: Talpa sp., Sorex minutus, Asoriculus cf. gibberodon, Petenyia hungarica, Soricidae indet., Oryctolagus cf. lacosti, Glis. sackdillingensis, Eliomys sp., Apodemus atavus, Microtus (Allophaiomys) ruffoi, Microtus (Allophaiomys) chalinei. Le associazioni fossili derivate da accumulo di resti di borre solitamente rispecchiano la fauna presente in modo abbastanza fedele (Andrews 1990). Ciò fa sì che sia possibile tentare una ricostruzione del paleoambiente dell'area circostante il sito fossilifero. Innanzitutto bisogna dire che la totalità delle specie della nostra associazione aveva abitudini notturne, cosa che ci fa attribuire l'accumulo ad un predatore notturno (Strigiformi). Le specie di Soricidae presenti (Sorex minutus, Asoriculus cf. gibberodon) indicano un ambiente boscato ed umido (Reumer 1984), così come l'Apodemus presuppone la presenza di una buona copertura vegetale. Allo stesso modo i Gliridi determinati indicano la presenza di alberi ed arbusti. Nel complesso le indicazioni paleoecologiche ci portano verso l'identificazione di un paleoambiente di foresta abbastanza umido. Al momento attuale possiamo confermare la datazione effettuata grazie alla macrofauna, che collocava la Miniera della Polveriera nell'UnitàFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/72704