Il carattere eminentemente soggettivo del giudizio che ciascun individuo da della propria condizione di vita e, in particolare, del proprio percorso esistenziale rende complessa qualsiasi comparazione e qualsiasi confronto interpersonale. Il giudizio con il quale una persona qualifica come più o meno felice la sua esistenza non dice nulla, infatti, sulla concezione che quella persona ha dei fattori che rendono più o meno felice la vita. Sotto lo stesso livello di felicità dichiarato da persone diverse possono esserci esperienze e percezioni molto diversificate che fanno riferimento a fonti della felicità che possono anche essere molto diverse. Non è neppure pensabile che il giudizio soggettivo sul grado di felicità della propria esistenza scaturisca meccanicamente dalla semplice sommatoria di un numero maggiore o minore di esperienze felici. Anche ipotizzando due situazioni in cui sono oggettivamente presenti due identici insiemi di esperienze felici, si può immaginare che la percezione soggettiva potrebbe differire, anche considerevolmente, per almeno due fattori. Da un lato il contesto generale in cui quelle esperienze si vanno a collocare, che può conferire loro una ¿coloritura¿ più o meno positiva e, dall'altro, l'età delle persone, che potrebbe avere il medesimo effetto, essendo ampiamente dimostrato che l'età è una variabile che influenza in misura rilevante le aspettative e quindi il valore che attribuiamo al presente. Ma in che cosa consiste, propriamente, la felicità? Che cosa proviamo, che cosa pensiamo, nei momenti in cui ci sentiamo e ci dichiariamo felici? Non vi è, forse, nella letteratura e nella filosofia mondiali, un topos su cui ci si sia più affaticati nel corso delle generazioni, nel tentativo di darne una rappresentazione precisa e penetrante. Non si finirebbe mai di citare luoghi letterari e argomentazioni filosofiche, espressioni di senso comune e prescrizioni religiose, in cui si tenta di dare un'immagine, un contenuto, un sapore, alla felicità. Nonostante ciò, il contenuto, la composizione, di ciò che chiamiamo felicità rimane sfuggente.

CONCETTO DI FELICITA': COMPARAZIONE TRA NAZIONI

YEPEZ LOPEZ, JULIA KARINA
2010/2011

Abstract

Il carattere eminentemente soggettivo del giudizio che ciascun individuo da della propria condizione di vita e, in particolare, del proprio percorso esistenziale rende complessa qualsiasi comparazione e qualsiasi confronto interpersonale. Il giudizio con il quale una persona qualifica come più o meno felice la sua esistenza non dice nulla, infatti, sulla concezione che quella persona ha dei fattori che rendono più o meno felice la vita. Sotto lo stesso livello di felicità dichiarato da persone diverse possono esserci esperienze e percezioni molto diversificate che fanno riferimento a fonti della felicità che possono anche essere molto diverse. Non è neppure pensabile che il giudizio soggettivo sul grado di felicità della propria esistenza scaturisca meccanicamente dalla semplice sommatoria di un numero maggiore o minore di esperienze felici. Anche ipotizzando due situazioni in cui sono oggettivamente presenti due identici insiemi di esperienze felici, si può immaginare che la percezione soggettiva potrebbe differire, anche considerevolmente, per almeno due fattori. Da un lato il contesto generale in cui quelle esperienze si vanno a collocare, che può conferire loro una ¿coloritura¿ più o meno positiva e, dall'altro, l'età delle persone, che potrebbe avere il medesimo effetto, essendo ampiamente dimostrato che l'età è una variabile che influenza in misura rilevante le aspettative e quindi il valore che attribuiamo al presente. Ma in che cosa consiste, propriamente, la felicità? Che cosa proviamo, che cosa pensiamo, nei momenti in cui ci sentiamo e ci dichiariamo felici? Non vi è, forse, nella letteratura e nella filosofia mondiali, un topos su cui ci si sia più affaticati nel corso delle generazioni, nel tentativo di darne una rappresentazione precisa e penetrante. Non si finirebbe mai di citare luoghi letterari e argomentazioni filosofiche, espressioni di senso comune e prescrizioni religiose, in cui si tenta di dare un'immagine, un contenuto, un sapore, alla felicità. Nonostante ciò, il contenuto, la composizione, di ciò che chiamiamo felicità rimane sfuggente.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/72692