In siffatta dissertazione si è scelto di affrontare il tema delle indagini difensive, dal momento che negli anni successivi alla modifica del sistema penale italiano, da inquisitorio ad accusatorio, è stato affidato al difensore un ruolo di particolare rilevanza. In capo a tale soggetto è stata concessa la facoltà di ricercare gli elementi di prova a favore del proprio assistito o, perlomeno, di ridimensionarne, per quanto possibile in termini giuridici, la successiva applicazione della pena. A tale proposito, va rammentato che in Italia, durante il ventesimo secolo, non ci si era ancóra posti il problema di riconoscere agli avvocati, qualificati come soggetti passivi del processo, l'opportunità di svolgere un'investigazione del tutto parallela alla pubblica accusa giacché la conduzione delle indagini era unicamente riservata al pubblico ministero, unico dominus indiscusso di quest'ultime. Tuttavia, la svolta si raggiunse a séguito dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale nel 1988 il quale ha introdotto nel nostro Paese un sistema processual-penalistico di stampo accusatorio mirando, pertanto, a garantire maggiori garanzie difensive agli individui; ciononostante si è, però, relegata la trattazione della materia in un unico articolo situato all'interno delle disposizioni di attuazione del codice di rito penale ovvero l'articolo 38, recante ¿Facoltà dei difensori per l'esercizio del diritto alla prova¿. Tale intervento legislativo, quantunque si sia volto ad ampliare i poteri dei difensori, non è stato in grado di generare una vera e propria ¿parità delle armi¿ tra l'accusa e la difesa. Laonde per cui si è avvertita nel nostro ordinamento l'esigenza di apportare talune variazioni a riguardo, la prima delle quali si è ottenuta con l'emanazione della legge 8 agosto 1995 n. 332, che ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter alla norma summenzionata, stante i quali veniva infine consentito al patrocinante di presentare direttamente al giudice gli elementi reputati rilevanti ai fini della difesa e la relativa documentazione in vista della decisione conclusiva. Tuttavia, le integrazioni apportate dalla legge n.332/1995 si sono rivelate insufficienti. Si è dovuto attendere, dunque, qualche anno per raggiungere un ulteriore intervento normativo, vale a dire la l. 16 dicembre 1999, n. 479, che per la prima volta all'interno del corpus del codice di procedura penale, ha introdotto l'espressione ¿investigazioni difensive¿. Ad ogni buon conto, l'intervento di maggiore appeal si è realizzato per il tramite della legge 7 dicembre 2000 n. 397, la quale ha previsto un vero e proprio titolo, VI-bis, denominato ¿Investigazioni difensive¿ e composto da ben nove articoli dedicati alla materia, collocato nel V libro del codice di rito penale, garantendo al difensore un ampio raggio d'azione nella prospettiva investigativa nonché assicurando in favore dell'assistito il rispetto dei princípi costituzionali, primo fra tutti quello contenuto nell'art. 24 Cost. il quale assicura il riconoscimento assoluto del diritto di difesa. Inoltre, la finalità del legislatore della legge n. 397/2000 consisteva nell'eliminare ogni incertezza circa l'utilizzazione dei risultati dell'indagine difensiva mediante una parificazione della valenza probatoria degli atti di derivazione privata a quelli addotti dalla pubblica accusa.

Le indagini difensive

PASTORINO, GIORGIA
2014/2015

Abstract

In siffatta dissertazione si è scelto di affrontare il tema delle indagini difensive, dal momento che negli anni successivi alla modifica del sistema penale italiano, da inquisitorio ad accusatorio, è stato affidato al difensore un ruolo di particolare rilevanza. In capo a tale soggetto è stata concessa la facoltà di ricercare gli elementi di prova a favore del proprio assistito o, perlomeno, di ridimensionarne, per quanto possibile in termini giuridici, la successiva applicazione della pena. A tale proposito, va rammentato che in Italia, durante il ventesimo secolo, non ci si era ancóra posti il problema di riconoscere agli avvocati, qualificati come soggetti passivi del processo, l'opportunità di svolgere un'investigazione del tutto parallela alla pubblica accusa giacché la conduzione delle indagini era unicamente riservata al pubblico ministero, unico dominus indiscusso di quest'ultime. Tuttavia, la svolta si raggiunse a séguito dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale nel 1988 il quale ha introdotto nel nostro Paese un sistema processual-penalistico di stampo accusatorio mirando, pertanto, a garantire maggiori garanzie difensive agli individui; ciononostante si è, però, relegata la trattazione della materia in un unico articolo situato all'interno delle disposizioni di attuazione del codice di rito penale ovvero l'articolo 38, recante ¿Facoltà dei difensori per l'esercizio del diritto alla prova¿. Tale intervento legislativo, quantunque si sia volto ad ampliare i poteri dei difensori, non è stato in grado di generare una vera e propria ¿parità delle armi¿ tra l'accusa e la difesa. Laonde per cui si è avvertita nel nostro ordinamento l'esigenza di apportare talune variazioni a riguardo, la prima delle quali si è ottenuta con l'emanazione della legge 8 agosto 1995 n. 332, che ha aggiunto i commi 2-bis e 2-ter alla norma summenzionata, stante i quali veniva infine consentito al patrocinante di presentare direttamente al giudice gli elementi reputati rilevanti ai fini della difesa e la relativa documentazione in vista della decisione conclusiva. Tuttavia, le integrazioni apportate dalla legge n.332/1995 si sono rivelate insufficienti. Si è dovuto attendere, dunque, qualche anno per raggiungere un ulteriore intervento normativo, vale a dire la l. 16 dicembre 1999, n. 479, che per la prima volta all'interno del corpus del codice di procedura penale, ha introdotto l'espressione ¿investigazioni difensive¿. Ad ogni buon conto, l'intervento di maggiore appeal si è realizzato per il tramite della legge 7 dicembre 2000 n. 397, la quale ha previsto un vero e proprio titolo, VI-bis, denominato ¿Investigazioni difensive¿ e composto da ben nove articoli dedicati alla materia, collocato nel V libro del codice di rito penale, garantendo al difensore un ampio raggio d'azione nella prospettiva investigativa nonché assicurando in favore dell'assistito il rispetto dei princípi costituzionali, primo fra tutti quello contenuto nell'art. 24 Cost. il quale assicura il riconoscimento assoluto del diritto di difesa. Inoltre, la finalità del legislatore della legge n. 397/2000 consisteva nell'eliminare ogni incertezza circa l'utilizzazione dei risultati dell'indagine difensiva mediante una parificazione della valenza probatoria degli atti di derivazione privata a quelli addotti dalla pubblica accusa.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/72327