Il tirocinio svolto nella Residenza Sanitaria Assistenziale di Cuneo, mi ha permesso di entrare in contatto con persone anziane affette da demenza. Il problema più evidente è quello comunicativo, perché molto spesso è difficile riuscire a comprenderne le parole, vaghe e confuse, e i bisogni. Gli stessi familiari si trovano di fronte ad uno sconosciuto e non hanno gli strumenti per poter realizzare una comunicazione efficace. Di conseguenza, capita spesso di assistere a episodi in cui il caregiver va a trovare il malato, ma evita di comunicare con lui, perché l'impossibilità a comprendersi genera frustrazione. Il Conversazionalismo si pone l'obiettivo di fornire gli strumenti adeguati attraverso alcune regole (algoritmo conversazionale) che, se rispettate, possono rendere la conversazione più ¿felice¿. Per Lai la ¿felicità¿ non si riferisce ad un aspetto qualitativo del discorso, ma ad un aspetto quantitativo calcolabile attraverso alcuni indici, senza sottovalutare, tuttavia, la qualità della conversazione. L'autore evidenzia, quindi, che non è importante quello che il paziente comunica, ma quanto comunica. Con il termine ¿conversazione senza comunicazione¿, ci si riferisce alla situazione in cui il paziente parla, usa frasi grammaticalmente corrette, ma non comunica, e questa è una caratteristica comune a molti pazienti con Alzheimer. Ogni paziente, inoltre, vive in un proprio ¿mondo possibile¿ che si differenzia da quello reale in quanto tutto può avvenire, non esistono un tempo e uno spazio determinati. Il paziente può essere allo stesso tempo un giovane di vent'anni e subito dopo si lamenta per l'età che avanza, può credere di essere a casa sua mentre invece è in una residenza per anziani. Secondo Lai, l'errore più frequente è quello di cercare di riportarli alla realtà, invece che seguire il flusso dei loro discorsi senza pretese e senza pregiudizi. La mia ricerca ha l'obiettivo di applicare il Conversazionalismo a tre pazienti, uno con demenza mista, una con demenza Alzheimer, e infine una con demenza vascolare e di verificarne la maggiore o minore ¿felicità¿. Sono state registrate sei conversazioni per ogni paziente e successivamente trascritte e analizzate. Ho voluto, inoltre, evidenziare le differenze, a livello descrittivo, del modo di comunicare dei tre pazienti, in base ai risultati ottenuti.

Il Conversazionalismo applicato a pazienti con demenza: studio di tre casi

PANICCIARI, ALICE
2009/2010

Abstract

Il tirocinio svolto nella Residenza Sanitaria Assistenziale di Cuneo, mi ha permesso di entrare in contatto con persone anziane affette da demenza. Il problema più evidente è quello comunicativo, perché molto spesso è difficile riuscire a comprenderne le parole, vaghe e confuse, e i bisogni. Gli stessi familiari si trovano di fronte ad uno sconosciuto e non hanno gli strumenti per poter realizzare una comunicazione efficace. Di conseguenza, capita spesso di assistere a episodi in cui il caregiver va a trovare il malato, ma evita di comunicare con lui, perché l'impossibilità a comprendersi genera frustrazione. Il Conversazionalismo si pone l'obiettivo di fornire gli strumenti adeguati attraverso alcune regole (algoritmo conversazionale) che, se rispettate, possono rendere la conversazione più ¿felice¿. Per Lai la ¿felicità¿ non si riferisce ad un aspetto qualitativo del discorso, ma ad un aspetto quantitativo calcolabile attraverso alcuni indici, senza sottovalutare, tuttavia, la qualità della conversazione. L'autore evidenzia, quindi, che non è importante quello che il paziente comunica, ma quanto comunica. Con il termine ¿conversazione senza comunicazione¿, ci si riferisce alla situazione in cui il paziente parla, usa frasi grammaticalmente corrette, ma non comunica, e questa è una caratteristica comune a molti pazienti con Alzheimer. Ogni paziente, inoltre, vive in un proprio ¿mondo possibile¿ che si differenzia da quello reale in quanto tutto può avvenire, non esistono un tempo e uno spazio determinati. Il paziente può essere allo stesso tempo un giovane di vent'anni e subito dopo si lamenta per l'età che avanza, può credere di essere a casa sua mentre invece è in una residenza per anziani. Secondo Lai, l'errore più frequente è quello di cercare di riportarli alla realtà, invece che seguire il flusso dei loro discorsi senza pretese e senza pregiudizi. La mia ricerca ha l'obiettivo di applicare il Conversazionalismo a tre pazienti, uno con demenza mista, una con demenza Alzheimer, e infine una con demenza vascolare e di verificarne la maggiore o minore ¿felicità¿. Sono state registrate sei conversazioni per ogni paziente e successivamente trascritte e analizzate. Ho voluto, inoltre, evidenziare le differenze, a livello descrittivo, del modo di comunicare dei tre pazienti, in base ai risultati ottenuti.
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