L'interconnessione che caratterizza il mondo come oggi lo conosciamo ha reso il modello della società degli Stati superato e rappresenta il terreno sul quale condurre analisi di giustizia come giustificazione dell'ordine sociale su scala globale. Se, infatti, il commercio internazionale appartiene al novero delle istituzioni che distribuiscono i diritti e i doveri fondamentali e determinano la suddivisione di benefici ed oneri derivati dalla cooperazione sociale (la struttura fondamentale della società nel pensiero di John Rawls), contribuendo alla formazione di un ordine sociale, la questione della giustizia, che si pone ogniqualvolta affrontiamo la questione relativa all'ordine appropriato per un qualsiasi aspetto delle relazioni sociali globali, sorge anche in questo contesto. Secondo Aaron James, la relazione commerciale esprime addirittura una prassi sociale; in ogni caso, pare avvicinarci almeno di un passo all'emersione di una comunità globale, sebbene limitatamente al settore in esame. I concetti di giustizia e moralità trovano in seno alla tradizione liberale, di cui libertarismo, utilitarismo ed egalitarismo Rawlsiano rappresentano tre sfumature, diverse caratterizzazioni. Può intendersi giusto un ordine che rispetta ed asseconda i diritti naturali degli individui, che tende alla massimizzazione dell'utilità o che si fa carico del profilo distributivo e ammette le sole diseguaglianze che si risolvono in un beneficio per i meno fortunati, impedendo al converso che le prospettive di vita delle persone siano condizionate da fattori naturali e sociali moralmente arbitrari. Infine, una nozione Jamesiana di equità, definita strutturale, può anche scaturire dalla prassi sociale cooperativa e dall'esigenza funzionale che l'apporto di ciascuno venga riconosciuto. Nell'esperienza concreta, sono le esigenze di giustizia ed equità ad ispirare il trattamento speciale e differenziato verso i Paesi in via di sviluppo. Attraverso l'accesso preferenziale e non reciproco (deviando dal principio della nazione più favorita) ai grossi mercati dei Paesi industrializzati concesso ai prodotti derivanti dalle piccole economie, la protezione del mercato interno per un certo periodo di tempo accordato al fine di posticipare la piena implementazione degli obblighi derivanti dagli accordi dell'OMC ad un momento di maggiore idoneità a sostenerli, nonché la prestazione di assistenza tecnica e finanziaria, le condizioni per la crescita economica sono, o dovrebbero essere, agevolate. Questioni di giustizia si pongono poi con riferimento alle dinamiche innestate dal commercio internazionale sulla distribuzione del lavoro e sulla giustizia sociale. Quanto alla dimensione dell'impresa, vengono in rilievo le nozioni di internazionalizzazione, delocalizzazione produttiva (essenzialmente dettata da considerazioni di costo) e dumping sociale: tali fenomeni producono conseguenze considerevoli, ma non concordemente riconosciute, sulle economie del Paese d'origine e del Paese di destinazione. Quanto alla dimensione internazionale, il dibattito si è concentrato attorno agli argomenti della concorrenza sleale tra Paesi che riconoscono in misura superiore o inferiore i diritti dei lavoratori, la corsa al ribasso dei livelli di detta tutela e la riconducibilità dei core labour standards alla difesa dei diritti umani. In questo senso, strumenti di dura lex e soft law presentano, ciascuno con le proprie caratteristiche ed i propri limiti, tentativi di risposta al problema.

Giustizia ed equità nel commercio internazionale: un problema aperto

RIZZO, GIULIETTA GIADA
2014/2015

Abstract

L'interconnessione che caratterizza il mondo come oggi lo conosciamo ha reso il modello della società degli Stati superato e rappresenta il terreno sul quale condurre analisi di giustizia come giustificazione dell'ordine sociale su scala globale. Se, infatti, il commercio internazionale appartiene al novero delle istituzioni che distribuiscono i diritti e i doveri fondamentali e determinano la suddivisione di benefici ed oneri derivati dalla cooperazione sociale (la struttura fondamentale della società nel pensiero di John Rawls), contribuendo alla formazione di un ordine sociale, la questione della giustizia, che si pone ogniqualvolta affrontiamo la questione relativa all'ordine appropriato per un qualsiasi aspetto delle relazioni sociali globali, sorge anche in questo contesto. Secondo Aaron James, la relazione commerciale esprime addirittura una prassi sociale; in ogni caso, pare avvicinarci almeno di un passo all'emersione di una comunità globale, sebbene limitatamente al settore in esame. I concetti di giustizia e moralità trovano in seno alla tradizione liberale, di cui libertarismo, utilitarismo ed egalitarismo Rawlsiano rappresentano tre sfumature, diverse caratterizzazioni. Può intendersi giusto un ordine che rispetta ed asseconda i diritti naturali degli individui, che tende alla massimizzazione dell'utilità o che si fa carico del profilo distributivo e ammette le sole diseguaglianze che si risolvono in un beneficio per i meno fortunati, impedendo al converso che le prospettive di vita delle persone siano condizionate da fattori naturali e sociali moralmente arbitrari. Infine, una nozione Jamesiana di equità, definita strutturale, può anche scaturire dalla prassi sociale cooperativa e dall'esigenza funzionale che l'apporto di ciascuno venga riconosciuto. Nell'esperienza concreta, sono le esigenze di giustizia ed equità ad ispirare il trattamento speciale e differenziato verso i Paesi in via di sviluppo. Attraverso l'accesso preferenziale e non reciproco (deviando dal principio della nazione più favorita) ai grossi mercati dei Paesi industrializzati concesso ai prodotti derivanti dalle piccole economie, la protezione del mercato interno per un certo periodo di tempo accordato al fine di posticipare la piena implementazione degli obblighi derivanti dagli accordi dell'OMC ad un momento di maggiore idoneità a sostenerli, nonché la prestazione di assistenza tecnica e finanziaria, le condizioni per la crescita economica sono, o dovrebbero essere, agevolate. Questioni di giustizia si pongono poi con riferimento alle dinamiche innestate dal commercio internazionale sulla distribuzione del lavoro e sulla giustizia sociale. Quanto alla dimensione dell'impresa, vengono in rilievo le nozioni di internazionalizzazione, delocalizzazione produttiva (essenzialmente dettata da considerazioni di costo) e dumping sociale: tali fenomeni producono conseguenze considerevoli, ma non concordemente riconosciute, sulle economie del Paese d'origine e del Paese di destinazione. Quanto alla dimensione internazionale, il dibattito si è concentrato attorno agli argomenti della concorrenza sleale tra Paesi che riconoscono in misura superiore o inferiore i diritti dei lavoratori, la corsa al ribasso dei livelli di detta tutela e la riconducibilità dei core labour standards alla difesa dei diritti umani. In questo senso, strumenti di dura lex e soft law presentano, ciascuno con le proprie caratteristiche ed i propri limiti, tentativi di risposta al problema.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/71772