Il lavoro di tesi di laurea si pone il proposito di esaminare più da vicino il nuovo articolo 224-bis c.p.p., introdotto dalla legge 85/2009, e le sue conseguenze. l'introduzione di quest'articolo ha l'indubbio merito di aver posto fine al precedente vuoto normativo in tema di prelievo biologico coattivo finalizzato all'identificazione genetica. In questo buio di regole, avevano infatti trovato ospitalità pratiche -come l'acquisizione di campioni biologici ad insaputa dell'interessato, ottenuti talora anche a costo dell'inganno, o in forme assolutamente irrispettose della dignità della persona- in totale contrasto con il rispetto dell'autonomia individuale ed il diritto ad un giusto processo. per contro ha il demerito di aver creato numerosi dubbi ed incertezze di applicazione della stessa, in quanto non vengono precisati gli accertamenti medici a cui si possa ricorrere. Per questo nella definizione di "accertamenti medici" posso rientrare tutti quei mezzi utili a fini investigativo-processuali; si parla in proposito di esami del DNA a fine identificativi o per accertare la presenza di infezione di HIV, di esami radiografici, di test alcolemici e per sostanze stupefacenti, nonchè le nuove tecnologie neuroscientifiche e di genetica comportamentale. Da ciò sono nate numerose discussioni, dottrinali ma anche giurisprudenziali, circa le possibili violazioni costituzionali che tale norma implica o circa il valore che i risultati di questi accertamenti possano avere in ambito probatorio e processuale. Certo è che, allo stato, il crescente ricorso ad accertamenti eseguiti attraverso metodi o strumenti altamente attendibili sul piano diagnostico, ma incapaci di offrire dati causali, rischia di depotenziare il ruolo del giudice, spingendolo ad assumere acriticamente - quali elementi probatori - risultanze scientifiche che non possono esprimere, rispetto al quesito della colpevolezza, valore accertativo. In questo senso, una possibile soluzione potrebbe essere rappresentata, dalla transizione verso un modello processuale sperimentato da altri ordinamenti, come quello bifasico . In esso accertamento della colpevolezza e quantificazione della pena si articolano in tempi processuali diversi, ciascuno dei quali è attribuito alla competenza di distinti organi giurisdizionali -tramite, ad esempio, un potenziamento della giurisdizione di sorveglianza- ed è disciplinato da specifiche regole. In tal modo risulta possibile lo sganciamento dei temi dell'accertamento del fatto da quelli dell'imputabilità e della pena. Alla fase cognitiva del processo è demandata esclusivamente la verifica della sussistenza del fatto-reato e della sua commissione da parte dell'imputato, senza che la conoscenza di profili attinenti alla sua personalità vada ad influenzare la pronuncia dei giudici. In un'epoca in cui l'opinione pubblica avverte uno scollamento tra reato e pena, ciò consentirebbe anche di contrastare l'effetto di disvalore sociale percepito a seguito di sentenze che riconoscono l'imputato autore del fatto, ma a cui non consegue una pena, o semmai l'applicazione di una pena drasticamente ridotta, in ragione di diminuenti che scaturiscono dalla sfera neurobiologica e psicopatologica. certo è che tale questione resta aperta e si auspica un nuovo intervento legislativo che vada a coprire i punti oscuri nascenti dall'incertezza di questo recente articolo 224-bis c.p.p.
Gli accertamenti medici coattivi nel processo penale
CANALE, VALERIA
2011/2012
Abstract
Il lavoro di tesi di laurea si pone il proposito di esaminare più da vicino il nuovo articolo 224-bis c.p.p., introdotto dalla legge 85/2009, e le sue conseguenze. l'introduzione di quest'articolo ha l'indubbio merito di aver posto fine al precedente vuoto normativo in tema di prelievo biologico coattivo finalizzato all'identificazione genetica. In questo buio di regole, avevano infatti trovato ospitalità pratiche -come l'acquisizione di campioni biologici ad insaputa dell'interessato, ottenuti talora anche a costo dell'inganno, o in forme assolutamente irrispettose della dignità della persona- in totale contrasto con il rispetto dell'autonomia individuale ed il diritto ad un giusto processo. per contro ha il demerito di aver creato numerosi dubbi ed incertezze di applicazione della stessa, in quanto non vengono precisati gli accertamenti medici a cui si possa ricorrere. Per questo nella definizione di "accertamenti medici" posso rientrare tutti quei mezzi utili a fini investigativo-processuali; si parla in proposito di esami del DNA a fine identificativi o per accertare la presenza di infezione di HIV, di esami radiografici, di test alcolemici e per sostanze stupefacenti, nonchè le nuove tecnologie neuroscientifiche e di genetica comportamentale. Da ciò sono nate numerose discussioni, dottrinali ma anche giurisprudenziali, circa le possibili violazioni costituzionali che tale norma implica o circa il valore che i risultati di questi accertamenti possano avere in ambito probatorio e processuale. Certo è che, allo stato, il crescente ricorso ad accertamenti eseguiti attraverso metodi o strumenti altamente attendibili sul piano diagnostico, ma incapaci di offrire dati causali, rischia di depotenziare il ruolo del giudice, spingendolo ad assumere acriticamente - quali elementi probatori - risultanze scientifiche che non possono esprimere, rispetto al quesito della colpevolezza, valore accertativo. In questo senso, una possibile soluzione potrebbe essere rappresentata, dalla transizione verso un modello processuale sperimentato da altri ordinamenti, come quello bifasico . In esso accertamento della colpevolezza e quantificazione della pena si articolano in tempi processuali diversi, ciascuno dei quali è attribuito alla competenza di distinti organi giurisdizionali -tramite, ad esempio, un potenziamento della giurisdizione di sorveglianza- ed è disciplinato da specifiche regole. In tal modo risulta possibile lo sganciamento dei temi dell'accertamento del fatto da quelli dell'imputabilità e della pena. Alla fase cognitiva del processo è demandata esclusivamente la verifica della sussistenza del fatto-reato e della sua commissione da parte dell'imputato, senza che la conoscenza di profili attinenti alla sua personalità vada ad influenzare la pronuncia dei giudici. In un'epoca in cui l'opinione pubblica avverte uno scollamento tra reato e pena, ciò consentirebbe anche di contrastare l'effetto di disvalore sociale percepito a seguito di sentenze che riconoscono l'imputato autore del fatto, ma a cui non consegue una pena, o semmai l'applicazione di una pena drasticamente ridotta, in ragione di diminuenti che scaturiscono dalla sfera neurobiologica e psicopatologica. certo è che tale questione resta aperta e si auspica un nuovo intervento legislativo che vada a coprire i punti oscuri nascenti dall'incertezza di questo recente articolo 224-bis c.p.p.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/71732