La recezione di principi espressi nelle pronunce emesse in altri ordinamenti e l'attribuzione ad esse del valore di fonte del diritto è un fenomeno ricorrente in particolare nell'ambito del sistema di common law ed è stato spesso oggetto di riflessione da parte degli studiosi. Questi studi hanno tratto un notevole impulso, in anni recenti, dal diverso approccio assunto, riguardo a questo tema, dalla Corte Suprema degli Stati Uniti la quale, dopo alcuni anni di apertura all'uso di fonti e precedenti stranieri (in particolare dal 2003 al 2005), ha mostrato, negli ultimi tempi, un atteggiamento ¿from indifferent to hostile¿ alla citazione del diritto straniero; in particolare, a fronte dei rifermenti a fonti straniere, contenuti in cinque sentenze controverse degli ultimi anni, sono emersi all'interno della Corte due orientamenti contrapposti intorno ai quali si è polarizzata la dottrina. Il terreno sul quale si è sviluppato il dibattito è stato quello dei diritti fondamentali. Da un lato vi sono coloro che condannano indiscriminatamente ogni riferimento al diritto straniero, a prescindere dall'utilizzo che ne viene fatto: è questa la posizione del giudice Scalia, favorevole ad un'ermeneutica costituzionale originalista; sul fronte opposto troviamo invece il giudice Ginsburg, la quale è tra i membri della Corte favorevoli ad un'interpretazione della Carta costituzionale statunitense che tenga conto del diritto internazionale e delle decisioni rese dagli Stati stranieri. Le Corti del passato si sono dimostrate molto più riluttanti all'approccio originalista rispetto a quelle attuali; si assiste infatti ad un moto inverso: quanto più ci si allontana dalla data di promulgazione della Costituzione, tanto più si propende per la teoria dell'intenzione originaria. Nonostante l'intensificarsi su scala globale dei rapporti tra fonti e giurisdizioni straniere, parte della Corte Suprema si è votata ad un atteggiamento di chiusura ed isolazionismo. Il ricorso al diritto ed alla giurisprudenza straniere sono considerati, anche da una parte della dottrina americana, come un mezzo che consente alla Corte di sostituirsi al potere legislativo. Il problema metodologico costituisce solo parte della questione; dietro si celano dissidi più profondi nei quali spesso si intrecciano diritto e politica. Se invece prendiamo in considerazione gli altri Stati appartenenti all'area di common law, le pronunce dei giudici costituzionali rivelano una più ampia disponibilità al confronto ed al dialogo con le altre corti costituzionali. In particolare si delinea una nuova tendenza la quale può essere descritta come ¿il passaggio dalla recezione al dialogo tra le corti supreme¿; si assiste infatti ad una più stretta e reciproca interazione fra le corti supreme le quali, con sempre maggior frequenza, richiamano affermazioni o principi formulati nella giurisprudenza costituzionale di Paesi stranieri. All'interno di tale scenario la Corte Suprema statunitense, la cui giurisprudenza era un tempo al centro dell'attenzione mondiale, sembra essere sempre più avvertita come al margine della scena globale; a ciò hanno contribuito sicuramente le tensioni interne alla Corte e le pressioni esterne di tipo politico. Solo il tempo ci dirà se la Corte Suprema USA riprenderà a fare riferimento, nelle proprie pronunce, ad ordinamenti e ad atti normativi stranieri, o se prevarrà la tendenza originalista che ha riscosso consensi dal 2005 ad oggi.

Il giudice Ginsburg e l'uso di materiali stranieri nelle sentenze della Corte Suprema USA

GARIANI, GIULIA
2011/2012

Abstract

La recezione di principi espressi nelle pronunce emesse in altri ordinamenti e l'attribuzione ad esse del valore di fonte del diritto è un fenomeno ricorrente in particolare nell'ambito del sistema di common law ed è stato spesso oggetto di riflessione da parte degli studiosi. Questi studi hanno tratto un notevole impulso, in anni recenti, dal diverso approccio assunto, riguardo a questo tema, dalla Corte Suprema degli Stati Uniti la quale, dopo alcuni anni di apertura all'uso di fonti e precedenti stranieri (in particolare dal 2003 al 2005), ha mostrato, negli ultimi tempi, un atteggiamento ¿from indifferent to hostile¿ alla citazione del diritto straniero; in particolare, a fronte dei rifermenti a fonti straniere, contenuti in cinque sentenze controverse degli ultimi anni, sono emersi all'interno della Corte due orientamenti contrapposti intorno ai quali si è polarizzata la dottrina. Il terreno sul quale si è sviluppato il dibattito è stato quello dei diritti fondamentali. Da un lato vi sono coloro che condannano indiscriminatamente ogni riferimento al diritto straniero, a prescindere dall'utilizzo che ne viene fatto: è questa la posizione del giudice Scalia, favorevole ad un'ermeneutica costituzionale originalista; sul fronte opposto troviamo invece il giudice Ginsburg, la quale è tra i membri della Corte favorevoli ad un'interpretazione della Carta costituzionale statunitense che tenga conto del diritto internazionale e delle decisioni rese dagli Stati stranieri. Le Corti del passato si sono dimostrate molto più riluttanti all'approccio originalista rispetto a quelle attuali; si assiste infatti ad un moto inverso: quanto più ci si allontana dalla data di promulgazione della Costituzione, tanto più si propende per la teoria dell'intenzione originaria. Nonostante l'intensificarsi su scala globale dei rapporti tra fonti e giurisdizioni straniere, parte della Corte Suprema si è votata ad un atteggiamento di chiusura ed isolazionismo. Il ricorso al diritto ed alla giurisprudenza straniere sono considerati, anche da una parte della dottrina americana, come un mezzo che consente alla Corte di sostituirsi al potere legislativo. Il problema metodologico costituisce solo parte della questione; dietro si celano dissidi più profondi nei quali spesso si intrecciano diritto e politica. Se invece prendiamo in considerazione gli altri Stati appartenenti all'area di common law, le pronunce dei giudici costituzionali rivelano una più ampia disponibilità al confronto ed al dialogo con le altre corti costituzionali. In particolare si delinea una nuova tendenza la quale può essere descritta come ¿il passaggio dalla recezione al dialogo tra le corti supreme¿; si assiste infatti ad una più stretta e reciproca interazione fra le corti supreme le quali, con sempre maggior frequenza, richiamano affermazioni o principi formulati nella giurisprudenza costituzionale di Paesi stranieri. All'interno di tale scenario la Corte Suprema statunitense, la cui giurisprudenza era un tempo al centro dell'attenzione mondiale, sembra essere sempre più avvertita come al margine della scena globale; a ciò hanno contribuito sicuramente le tensioni interne alla Corte e le pressioni esterne di tipo politico. Solo il tempo ci dirà se la Corte Suprema USA riprenderà a fare riferimento, nelle proprie pronunce, ad ordinamenti e ad atti normativi stranieri, o se prevarrà la tendenza originalista che ha riscosso consensi dal 2005 ad oggi.
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