Per la prima volta, ci sono prove sufficienti per appoggiare chi consiglia farmaci antiretrovirali durante l'allattamento al seno. L'Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce che gli interventi di antiretrovirali ad una madre affetta da HIV possono ridurre significativamente il rischio di trasmissione post natale. L'allattamento nel contesto dell'HIV è complesso: il problema consiste nel bilanciare il rischio di acquisizione, da parte dei neonati, dell'HIV attraverso il latte materno, con il più alto rischio di morte per cause diverse da HIV, in particolare malnutrizione e malattie gravi come diarrea, tra neonati non allattati al seno (1,2). L'opzione più appropriata di alimentazione infantile per una madre affetta da HIV dipende dunque, dalle sue circostanze individuali, compreso il suo stato di salute e la situazione locale. Nei paesi con grandi risorse dove i tassi di mortalità sono bassi, in gran parte a causa di bassi livelli di malattie infettive gravi o malnutrizione, è raccomandato che le madri con infezione da HIV evitino del tutto l'allattamento al seno; invece nelle situazioni in cui c'è scarsità di acqua potabile e le condizioni per la sostituzione del cibo non sono attuabili, e i servizi sanitari per far fronte a casi di diarrea e polmonite siano insufficienti, il beneficio dell'allattamento al seno della madre affetta da HIV, anche se gli antiretrovirali non sono disponibili, è significativo. Per madri sieropositive (e i cui bambini sono infetti da HIV o di cui non si sappia se sieropositivi o meno) l'allattamento al seno esclusivo è raccomandato per i primi sei mesi di vita, introducendo elementi complementari appropriati successivamente, e continuando l'allattamento al seno per i primi 12 mesi di vita. L'allattamento al seno dovrebbe essere interrotto solamente quando una dieta nutrizionalmente adeguata e sicura (senza il latte materno) possa essere fornita. Dodici mesi rappresentano il tempo in cui l'allattamento al seno fornisce il massimo beneficio in termini di sopravvivenza (ad esclusione di qualsiasi considerazione di trasmissione del virus HIV). In presenza di interventi con antiretrovirali per ridurre il rischio di trasmissione di HIV, questa combinazione offrirebbe il migliore equilibrio di protezione dal contagio e mortalità rispetto al rischio di trasmissione dell'HIV (3).
L'HIV e l'alimentazione del neonato
MORANDO, MANUELA
2012/2013
Abstract
Per la prima volta, ci sono prove sufficienti per appoggiare chi consiglia farmaci antiretrovirali durante l'allattamento al seno. L'Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce che gli interventi di antiretrovirali ad una madre affetta da HIV possono ridurre significativamente il rischio di trasmissione post natale. L'allattamento nel contesto dell'HIV è complesso: il problema consiste nel bilanciare il rischio di acquisizione, da parte dei neonati, dell'HIV attraverso il latte materno, con il più alto rischio di morte per cause diverse da HIV, in particolare malnutrizione e malattie gravi come diarrea, tra neonati non allattati al seno (1,2). L'opzione più appropriata di alimentazione infantile per una madre affetta da HIV dipende dunque, dalle sue circostanze individuali, compreso il suo stato di salute e la situazione locale. Nei paesi con grandi risorse dove i tassi di mortalità sono bassi, in gran parte a causa di bassi livelli di malattie infettive gravi o malnutrizione, è raccomandato che le madri con infezione da HIV evitino del tutto l'allattamento al seno; invece nelle situazioni in cui c'è scarsità di acqua potabile e le condizioni per la sostituzione del cibo non sono attuabili, e i servizi sanitari per far fronte a casi di diarrea e polmonite siano insufficienti, il beneficio dell'allattamento al seno della madre affetta da HIV, anche se gli antiretrovirali non sono disponibili, è significativo. Per madri sieropositive (e i cui bambini sono infetti da HIV o di cui non si sappia se sieropositivi o meno) l'allattamento al seno esclusivo è raccomandato per i primi sei mesi di vita, introducendo elementi complementari appropriati successivamente, e continuando l'allattamento al seno per i primi 12 mesi di vita. L'allattamento al seno dovrebbe essere interrotto solamente quando una dieta nutrizionalmente adeguata e sicura (senza il latte materno) possa essere fornita. Dodici mesi rappresentano il tempo in cui l'allattamento al seno fornisce il massimo beneficio in termini di sopravvivenza (ad esclusione di qualsiasi considerazione di trasmissione del virus HIV). In presenza di interventi con antiretrovirali per ridurre il rischio di trasmissione di HIV, questa combinazione offrirebbe il migliore equilibrio di protezione dal contagio e mortalità rispetto al rischio di trasmissione dell'HIV (3).File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/71352