Il lavoro si propone di studiare i concetti di verità, menzogna e finzione nella performance poetica arcaica, in particolare le loro implicazioni e sfumature all'interno dell'Odissea di Omero. Lo studio affronta il problema della ricezione poetica all'interno del poema odissiaco e, in particolare, tenta di stabilire coordinate epistemologiche volte a valutare il rapporto tra l'aedo e il suo pubblico. Dall'analisi risulta che la performance epica arcaica è manifestazione di un processo di autoconferma e autorappresentazione della comunità in se stessa. Si distinguono tre aspetti interni alla performance: la verità di cui il pubblico presente è autorevole garante; la finzione, cioè la deviazione artistica propria ed esclusiva del poeta; la falsità, ossia la frode che ha un obiettivo specifico e premeditato, aspetto, questo della falsità, esterno al processo di performance. La Musa garantisce il corretto andamento del processo, ispirando ella stessa la verità al pubblico e la finzione al poeta. L'Odissea risulta il terreno privilegiato per lo studio di queste dinamiche: non soltanto presenta poeti che offrono al pubblico i loro canti e inserisce un lungo excursus in bocca al suo protagonista, Odisseo ¿ e, in tal senso, è terreno privilegiato per studi di tipo metapoetico ¿, ma in più punti mostra grande consapevolezza della possibilità, per il poeta, di deviazione dalla verità ispirata. In altre parole, cioè, l'Omero odissiaco sa di mentire. Il lavoro prosegue e si fonda poi su una profonda convinzione: gli Apologhi dei libri IX-XII, lungi dall'essere reale resoconto di fatti storicamente accaduti, altro non sarebbero che una maliziosa ed elaborata frode che l'eroe principale, Odisseo, avrebbe intrecciato menando per il naso gli ingenui Feaci. Egli mira ad ottenere, attraverso tale affascinante narrazione, un agevole ritorno a casa e, soprattutto, una montagna di ricchezze da esibire una volta ritornato in patria. La dimostrazione muove su più punti. Innanzitutto Odisseo, nel corso del viaggio di ritorno da Troia, perde tutti i suoi compagni: egli pertanto, nel corso dei sui racconti, non può essere smentito da alcuno. Si noti inoltre, a conferma di ciò, che nessuna divinità (di cui si presuppone l'onniscienza) conferma i fatti contenuti nei libri IX-XII (eccetto la permanenza presso Calipso e l'avventura contro il Ciclope che si devono infatti, per più motivi, considerare realmente accaduti). Altro punto centrale alla dimostrazione è il fatto che Odisseo si accosti a tutti i personaggi del poema sempre con l'inganno, non dichiarando mai con veridicità il suo nome e le sue origini. Ancora, la presenza di Atena è un segno importante in tal senso: la dea è nel poema sempre connessa con la frode. Allo stesso modo, il fatto che Odisseo scelga di farsi affiancare da Ermes sull'isola di Circe è significativo: Ermes è il dio dell'inganno e della frode per eccellenza e Odisseo lo omaggerebbe citandolo proprio nel corso dei suoi racconti. Così anche le Sirene hanno un ruolo significativo: esse, in virtù della tradizionale parentela con le Muse, diventano le Muse del canto di Odisseo, ispirandogli gli Apologhi stessi. La stessa presentazione di Odisseo, prima dell'inizio della narrazione, è significativa: egli si presenta come l'eroe ¿famoso per i molti inganni¿. Infine, il lavoro tenta di risolvere i problemi che la presenza della Nekyia comporta al sostegno di una tale ipotesi.
Questa di Odisseo è la storia vera. I racconti dei canti IX-XII dell'Odissea.
ANTONIONO, MARIA ELENA
2009/2010
Abstract
Il lavoro si propone di studiare i concetti di verità, menzogna e finzione nella performance poetica arcaica, in particolare le loro implicazioni e sfumature all'interno dell'Odissea di Omero. Lo studio affronta il problema della ricezione poetica all'interno del poema odissiaco e, in particolare, tenta di stabilire coordinate epistemologiche volte a valutare il rapporto tra l'aedo e il suo pubblico. Dall'analisi risulta che la performance epica arcaica è manifestazione di un processo di autoconferma e autorappresentazione della comunità in se stessa. Si distinguono tre aspetti interni alla performance: la verità di cui il pubblico presente è autorevole garante; la finzione, cioè la deviazione artistica propria ed esclusiva del poeta; la falsità, ossia la frode che ha un obiettivo specifico e premeditato, aspetto, questo della falsità, esterno al processo di performance. La Musa garantisce il corretto andamento del processo, ispirando ella stessa la verità al pubblico e la finzione al poeta. L'Odissea risulta il terreno privilegiato per lo studio di queste dinamiche: non soltanto presenta poeti che offrono al pubblico i loro canti e inserisce un lungo excursus in bocca al suo protagonista, Odisseo ¿ e, in tal senso, è terreno privilegiato per studi di tipo metapoetico ¿, ma in più punti mostra grande consapevolezza della possibilità, per il poeta, di deviazione dalla verità ispirata. In altre parole, cioè, l'Omero odissiaco sa di mentire. Il lavoro prosegue e si fonda poi su una profonda convinzione: gli Apologhi dei libri IX-XII, lungi dall'essere reale resoconto di fatti storicamente accaduti, altro non sarebbero che una maliziosa ed elaborata frode che l'eroe principale, Odisseo, avrebbe intrecciato menando per il naso gli ingenui Feaci. Egli mira ad ottenere, attraverso tale affascinante narrazione, un agevole ritorno a casa e, soprattutto, una montagna di ricchezze da esibire una volta ritornato in patria. La dimostrazione muove su più punti. Innanzitutto Odisseo, nel corso del viaggio di ritorno da Troia, perde tutti i suoi compagni: egli pertanto, nel corso dei sui racconti, non può essere smentito da alcuno. Si noti inoltre, a conferma di ciò, che nessuna divinità (di cui si presuppone l'onniscienza) conferma i fatti contenuti nei libri IX-XII (eccetto la permanenza presso Calipso e l'avventura contro il Ciclope che si devono infatti, per più motivi, considerare realmente accaduti). Altro punto centrale alla dimostrazione è il fatto che Odisseo si accosti a tutti i personaggi del poema sempre con l'inganno, non dichiarando mai con veridicità il suo nome e le sue origini. Ancora, la presenza di Atena è un segno importante in tal senso: la dea è nel poema sempre connessa con la frode. Allo stesso modo, il fatto che Odisseo scelga di farsi affiancare da Ermes sull'isola di Circe è significativo: Ermes è il dio dell'inganno e della frode per eccellenza e Odisseo lo omaggerebbe citandolo proprio nel corso dei suoi racconti. Così anche le Sirene hanno un ruolo significativo: esse, in virtù della tradizionale parentela con le Muse, diventano le Muse del canto di Odisseo, ispirandogli gli Apologhi stessi. La stessa presentazione di Odisseo, prima dell'inizio della narrazione, è significativa: egli si presenta come l'eroe ¿famoso per i molti inganni¿. Infine, il lavoro tenta di risolvere i problemi che la presenza della Nekyia comporta al sostegno di una tale ipotesi.File | Dimensione | Formato | |
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