Non è facile fermarsi ad ascoltare il proprio corpo, osservarlo, conoscerlo ed amarlo per come si pone. Esso ci rappresenta, ci identifica, ci caratterizza e ci distingue da ogni altro essere umano. Non si tratta solo di fisicità, ma anche di personalità, carattere, emozioni, sensazioni e creatività. Il corpo è il nostro essere nel mondo, il nostro mostrarci agli altri: lo strumento di comunicazione più potente che abbiamo per confrontarci con chi vive insieme a noi. Il corpo è fisico ed anima: è l'unione tra il pensiero e l'azione. Per molti anni filosofi, psicologi e scienziati hanno tentato di scoprire i suoi segreti, facendone materia di studio per analizzarlo nello specifico, cercando così di catturare ogni più piccola sfumatura e caratteristica. Ma il corpo acquista valore solo se guardato nella sua totalità ed amato per le sue potenzialità e limiti. Il corpo parla e lo fa in modo più eloquente rispetto alle parole, perché si esprime attraverso una comunicazione continua e trasparente in grado di cogliere anche gli aspetti più profondi. A volte capita però che non riesca più a farsi capire, che non sappia più esprimersi con la stessa libertà di consapevole movimento, che non riesca più ad usare quei gesti che fino a qualche attimo prima gli erano familiari. Capita che venga rapito dal silenzio, un'assenza di suoni e parole che porta il nome di malattia. È di fronte a questa sorta di mostro, che aggredisce ed imprigiona il corpo, che la comunicazione cambia le abituali caratteristiche e molte volte si spegne. Ma forse è proprio grazie a questo silenzio forzatamente indotto che la persona può imparare ad ascoltare più in profondità per scoprire ciò che prima veniva soffocato dal rumore della frenesia della vita. Scoprire che il corpo è dotato di grandi talenti, di potenzialità e di abilità che lo rendono unico. Ma come si può far emergere tutto questo? Come può un corpo riscoprire quella bellezza che è pur sempre racchiusa al suo interno? Un corpo può davvero essere costretto alla nullità comunicativa, imprigionato nei movimenti, senza saper più esprimere indicazioni, preferenze, emozioni? Ed ancora, prospettiva che si cerca di sostenere in questo studio, il corpo può ¿danzare¿ verso una soddisfacente riabilitazione motoria e cognitiva? Una via di conoscenza per tentare di rispondere ai suddetti quesiti ci è offerta, a nostro parere, da un'appropriata rivisitazione della storia della danza, tra i linguaggi performativi forse il più universalmente conosciuto e praticato Questa tesi, con la particolare angolatura di studio scelta, riteniamo possa essere un ottimo strumento di lettura per imparare a porsi in maniera innovativa e discreta nei confronti della danza, del corpo e della riabilitazione.

Il corpo che danza verso la riabulitazione motoria e cognitiva

FENOGLIO, FRANCESCA
2009/2010

Abstract

Non è facile fermarsi ad ascoltare il proprio corpo, osservarlo, conoscerlo ed amarlo per come si pone. Esso ci rappresenta, ci identifica, ci caratterizza e ci distingue da ogni altro essere umano. Non si tratta solo di fisicità, ma anche di personalità, carattere, emozioni, sensazioni e creatività. Il corpo è il nostro essere nel mondo, il nostro mostrarci agli altri: lo strumento di comunicazione più potente che abbiamo per confrontarci con chi vive insieme a noi. Il corpo è fisico ed anima: è l'unione tra il pensiero e l'azione. Per molti anni filosofi, psicologi e scienziati hanno tentato di scoprire i suoi segreti, facendone materia di studio per analizzarlo nello specifico, cercando così di catturare ogni più piccola sfumatura e caratteristica. Ma il corpo acquista valore solo se guardato nella sua totalità ed amato per le sue potenzialità e limiti. Il corpo parla e lo fa in modo più eloquente rispetto alle parole, perché si esprime attraverso una comunicazione continua e trasparente in grado di cogliere anche gli aspetti più profondi. A volte capita però che non riesca più a farsi capire, che non sappia più esprimersi con la stessa libertà di consapevole movimento, che non riesca più ad usare quei gesti che fino a qualche attimo prima gli erano familiari. Capita che venga rapito dal silenzio, un'assenza di suoni e parole che porta il nome di malattia. È di fronte a questa sorta di mostro, che aggredisce ed imprigiona il corpo, che la comunicazione cambia le abituali caratteristiche e molte volte si spegne. Ma forse è proprio grazie a questo silenzio forzatamente indotto che la persona può imparare ad ascoltare più in profondità per scoprire ciò che prima veniva soffocato dal rumore della frenesia della vita. Scoprire che il corpo è dotato di grandi talenti, di potenzialità e di abilità che lo rendono unico. Ma come si può far emergere tutto questo? Come può un corpo riscoprire quella bellezza che è pur sempre racchiusa al suo interno? Un corpo può davvero essere costretto alla nullità comunicativa, imprigionato nei movimenti, senza saper più esprimere indicazioni, preferenze, emozioni? Ed ancora, prospettiva che si cerca di sostenere in questo studio, il corpo può ¿danzare¿ verso una soddisfacente riabilitazione motoria e cognitiva? Una via di conoscenza per tentare di rispondere ai suddetti quesiti ci è offerta, a nostro parere, da un'appropriata rivisitazione della storia della danza, tra i linguaggi performativi forse il più universalmente conosciuto e praticato Questa tesi, con la particolare angolatura di studio scelta, riteniamo possa essere un ottimo strumento di lettura per imparare a porsi in maniera innovativa e discreta nei confronti della danza, del corpo e della riabilitazione.
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