Lo studio dei reperti archeozoologici permette di ottenere importanti informazioni sulla composizione faunistica di un sito, e quindi sul rapporto uomo-ambiente (in particolare, uomo-animale) nel passato. Nel caso di reperti non determinabili su base morfologica, è possibile integrare i dati a disposizione tramite l’utilizzo di tecniche basate sull'identificazione di “markers” su base biomolecolare. Nello specifico, nell’ultima decade si è assistito allo sviluppo di metodi basati sull’analisi delle proteine preservate nei resti faunistici, in quanto queste permettono una buona risoluzione filogenetica e allo stesso tempo sono caratterizzate da una buona capacità di resistere alla diagenesi. L’applicazione di questo tipo di analisi “paleoproteomiche” a contesti preistorici italiani è ancora piuttosto limitata. Lo scopo di questo lavoro è stato duplice: innanzitutto verificare l’adeguatezza della tecnica di analisi paleoproteomiche denominata ZooMS (Zooarchaeology by Mass Spectrometry) per campioni Pleistocenici provenienti da un contesto deposizionale di tipo carsico (ex Cava a Filo, Bologna), le cui caratteristiche chimico-fisiche possono aver influito sulla preservazione del materiale; inoltre, caratterizzare la composizione faunistica di questo sito che rappresenta un punto di riferimento per ricostruire le caratteristiche paleoambientali del Pleistocene superiore nell’Italia settentrionale. Questo lavoro di tesi confluisce infatti in un progetto di ricerca di ampio respiro che prevede nuove campagne di scavo presso ex Cava a Filo, nonché il riesame di materiali già scavati, anche tramite approfondimenti di tipo scientifico. Le analisi ZooMS hanno previsto l’estrazione del collagene di tipo I da 70 frammenti ossei provenienti da due unità stratigrafiche (US 100 e US 99) e la sua successiva caratterizzazione tramite spettrometria di massa (MALDI-TOF-MS). L’US 99 è l’unità stratigrafica più antica, riferibile a un momento climatico freddo (Ultimo Massimo Glaciale) con la presenza di poche specie tipiche di praterie fredde; US 100 è la più recente ed è associata a un miglioramento climatico (Tardoglaciale) che segna anche una maggior diversificazione della composizione faunistica. La preservazione del collagene è risultata adeguata per la maggior parte dei campioni analizzati. In generale, i risultati hanno evidenziato la presenza di una fauna tipica del Pleistocene superiore, ovvero grandi erbivori (Bison priscus, Bos primigenius, Rupicapra rupicapra, Capra ibex e Capreolus capreolus, Cervus elaphus, Dama dama) e un campione riferibile a un suide (Sus scrofa). Dal punto di vista analitico, si sottolinea come sia stato talvolta difficoltoso ottenere una distinzione tassonomica tra cervidi e bovidi su base molecolare, in quanto la preservazione dei i biomarker (peptidi del collagene) necessari non era ottimale. Il confronto con dati editi ha comunque permesso di confermare una sostanziale congruenza tra i risultati ottenuti tramite metodi biomolecolari e dell'archeologia classica. In conclusione, l’utilizzo delle analisi paleoproteomiche (ZooMS) è risultato adeguato a contesti Pleistocenici carsici, e potrà inoltre guidare futuri approfondimenti di tipo più puntuale (per esempio, lo studio paleogenomico di alcune tipologie selezionate di faune) nel sito di ex Cava a Filo.
Caratterizzazione faunistica del sito del Pleistocene superiore di Ex Cava a Filo (Bo): il contributo delle analisi biomolecolari tramite la tecnica ZooMS (Zooarchaeology by Mass Spectrometry)
GARDENGHI, CHIARA
2020/2021
Abstract
Lo studio dei reperti archeozoologici permette di ottenere importanti informazioni sulla composizione faunistica di un sito, e quindi sul rapporto uomo-ambiente (in particolare, uomo-animale) nel passato. Nel caso di reperti non determinabili su base morfologica, è possibile integrare i dati a disposizione tramite l’utilizzo di tecniche basate sull'identificazione di “markers” su base biomolecolare. Nello specifico, nell’ultima decade si è assistito allo sviluppo di metodi basati sull’analisi delle proteine preservate nei resti faunistici, in quanto queste permettono una buona risoluzione filogenetica e allo stesso tempo sono caratterizzate da una buona capacità di resistere alla diagenesi. L’applicazione di questo tipo di analisi “paleoproteomiche” a contesti preistorici italiani è ancora piuttosto limitata. Lo scopo di questo lavoro è stato duplice: innanzitutto verificare l’adeguatezza della tecnica di analisi paleoproteomiche denominata ZooMS (Zooarchaeology by Mass Spectrometry) per campioni Pleistocenici provenienti da un contesto deposizionale di tipo carsico (ex Cava a Filo, Bologna), le cui caratteristiche chimico-fisiche possono aver influito sulla preservazione del materiale; inoltre, caratterizzare la composizione faunistica di questo sito che rappresenta un punto di riferimento per ricostruire le caratteristiche paleoambientali del Pleistocene superiore nell’Italia settentrionale. Questo lavoro di tesi confluisce infatti in un progetto di ricerca di ampio respiro che prevede nuove campagne di scavo presso ex Cava a Filo, nonché il riesame di materiali già scavati, anche tramite approfondimenti di tipo scientifico. Le analisi ZooMS hanno previsto l’estrazione del collagene di tipo I da 70 frammenti ossei provenienti da due unità stratigrafiche (US 100 e US 99) e la sua successiva caratterizzazione tramite spettrometria di massa (MALDI-TOF-MS). L’US 99 è l’unità stratigrafica più antica, riferibile a un momento climatico freddo (Ultimo Massimo Glaciale) con la presenza di poche specie tipiche di praterie fredde; US 100 è la più recente ed è associata a un miglioramento climatico (Tardoglaciale) che segna anche una maggior diversificazione della composizione faunistica. La preservazione del collagene è risultata adeguata per la maggior parte dei campioni analizzati. In generale, i risultati hanno evidenziato la presenza di una fauna tipica del Pleistocene superiore, ovvero grandi erbivori (Bison priscus, Bos primigenius, Rupicapra rupicapra, Capra ibex e Capreolus capreolus, Cervus elaphus, Dama dama) e un campione riferibile a un suide (Sus scrofa). Dal punto di vista analitico, si sottolinea come sia stato talvolta difficoltoso ottenere una distinzione tassonomica tra cervidi e bovidi su base molecolare, in quanto la preservazione dei i biomarker (peptidi del collagene) necessari non era ottimale. Il confronto con dati editi ha comunque permesso di confermare una sostanziale congruenza tra i risultati ottenuti tramite metodi biomolecolari e dell'archeologia classica. In conclusione, l’utilizzo delle analisi paleoproteomiche (ZooMS) è risultato adeguato a contesti Pleistocenici carsici, e potrà inoltre guidare futuri approfondimenti di tipo più puntuale (per esempio, lo studio paleogenomico di alcune tipologie selezionate di faune) nel sito di ex Cava a Filo.File | Dimensione | Formato | |
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