Le tecniche di ossidazione avanzate, come il metodo ZVI-Fenton, sfruttano l’elevata reattività del radicale ossidrile per mineralizzare composti in soluzione, compresi inquianti persistenti nelle acque. L’obiettivo del presente lavoro di tesi consiste nell’ottimizzazione di una reazione di tipo Fenton in fase eterogenea, per la degradazione di inquinanti in soluzione, fatta avvenire in flusso attraverso una colonna a base di sabbia silicea e ferro zerovalente, quest’ultimo svolge il ruolo di catalizzatore in fase solida. Il ferro zerovalente (ZVI) è un materiale molto adatto al trattamento delle acque, poiché economico, di facile utilizzo e non tossico. Per ogni prova di degradazione era preparata una colonna impaccata con sabbia silicea e ferro zerovalente millimetrico. Attraverso la colonna veniva fatta poi fluire una soluzione acidificata contenente H2O2 ed il substrato da degradare. In una prima fase è stato utilizzato, come molecola target, il colorante Acid Blue 74, sfruttando il suo picco di assorbimento della radiazione nel visibile per monitorare in continuo la sua resa di degradazione, mediante l’utilizzo di uno spettrofotometro UV-vis che misurasse, a intervalli regolari, l’assorbanza della soluzione in uscita dalla colonna a lunghezze d’onda fisse. Da un confronto fra il tampone fosfato e acidi minerali, quali HClO4 e H2SO4, è stato notato come il primo provochi rese di degradazione inferiori, nonostante l’effetto buffer del pH. Sono state, inoltre, individuate limitazioni alle quantità e tipologie di reagenti utilizzabili in colonna, per non incorrere a formazione di gas e conseguente desaturazione del mezzo poroso. Con acido solforico e, successivamente, con acido perclorico, sono state raggiunte rese di degradazione pari al 91 % a pH 3 ed al 60 % a pH 4, per quantità di ZVI millimetrico in colonna pari al 10 % in peso. Le rese di degradazione erano dipendenti dal pH in ingresso, anche considerando l’effetto di basificazione causato da ZVI in colonna. L'Acid Blue 74, tuttavia, presentava dei difetti come substrato, in particolare, era instabile in soluzioni acide con H2O2 ed era facilmente degradabile per opera del solo ferro zerovalente. Non riuscendo a trovare un nuovo colorante che avesse le caratteristiche adatte per questo tipo di prove, si è scelto di adoperare il farmaco ibuprofene come substrato. Il grado di degradazione dell’ibuprofene era determinato mediante cromatografia liquida a fase inversa, con l’utilizzo di un HPLC-DAD, poiché alle lunghezze d’onda di assorbimento tipico dell’ibuprofene si avevano troppe interferenze in uscita dalla colonna. A pH 3 e concentrazione di H2O2 pari a 0.5 mM, sono state ottenute rese di degradazione superiori al 90 % dimostrando, inoltre, che il ferro non gioca un ruolo di fattore limitante alle quantità utilizzate. Non è stata osservata degradazione di ibuprofene in colonna da parte del solo ferro, tuttavia, si assisteva a fenomeni di adsorbimento sul ferro a pH 3 ed in presenza di ossidante. È stata, inoltre, individuata la presenza del composto tossico 4-isobutilacetofenone fra i sottoprodotti di degradazione dell’ibuprofene. I risultati ottenuti garantiscono una miglior comprensione del funzionamento della colonna, in un’ottica di ulteriori ottimizzazioni, in particolare, l’individuazione di un buon bilanciamento fra le quantità di ZVI, H2O2 e pH in ingresso, potrebbero portare a buone rese di degradazione anche a pH più blandi.

Degradazione di coloranti e ibuprofene mediante reazione di Fenton eterogenea in colonna basata su ferro zero-valente

ARIEMMA, ANTONIO
2020/2021

Abstract

Le tecniche di ossidazione avanzate, come il metodo ZVI-Fenton, sfruttano l’elevata reattività del radicale ossidrile per mineralizzare composti in soluzione, compresi inquianti persistenti nelle acque. L’obiettivo del presente lavoro di tesi consiste nell’ottimizzazione di una reazione di tipo Fenton in fase eterogenea, per la degradazione di inquinanti in soluzione, fatta avvenire in flusso attraverso una colonna a base di sabbia silicea e ferro zerovalente, quest’ultimo svolge il ruolo di catalizzatore in fase solida. Il ferro zerovalente (ZVI) è un materiale molto adatto al trattamento delle acque, poiché economico, di facile utilizzo e non tossico. Per ogni prova di degradazione era preparata una colonna impaccata con sabbia silicea e ferro zerovalente millimetrico. Attraverso la colonna veniva fatta poi fluire una soluzione acidificata contenente H2O2 ed il substrato da degradare. In una prima fase è stato utilizzato, come molecola target, il colorante Acid Blue 74, sfruttando il suo picco di assorbimento della radiazione nel visibile per monitorare in continuo la sua resa di degradazione, mediante l’utilizzo di uno spettrofotometro UV-vis che misurasse, a intervalli regolari, l’assorbanza della soluzione in uscita dalla colonna a lunghezze d’onda fisse. Da un confronto fra il tampone fosfato e acidi minerali, quali HClO4 e H2SO4, è stato notato come il primo provochi rese di degradazione inferiori, nonostante l’effetto buffer del pH. Sono state, inoltre, individuate limitazioni alle quantità e tipologie di reagenti utilizzabili in colonna, per non incorrere a formazione di gas e conseguente desaturazione del mezzo poroso. Con acido solforico e, successivamente, con acido perclorico, sono state raggiunte rese di degradazione pari al 91 % a pH 3 ed al 60 % a pH 4, per quantità di ZVI millimetrico in colonna pari al 10 % in peso. Le rese di degradazione erano dipendenti dal pH in ingresso, anche considerando l’effetto di basificazione causato da ZVI in colonna. L'Acid Blue 74, tuttavia, presentava dei difetti come substrato, in particolare, era instabile in soluzioni acide con H2O2 ed era facilmente degradabile per opera del solo ferro zerovalente. Non riuscendo a trovare un nuovo colorante che avesse le caratteristiche adatte per questo tipo di prove, si è scelto di adoperare il farmaco ibuprofene come substrato. Il grado di degradazione dell’ibuprofene era determinato mediante cromatografia liquida a fase inversa, con l’utilizzo di un HPLC-DAD, poiché alle lunghezze d’onda di assorbimento tipico dell’ibuprofene si avevano troppe interferenze in uscita dalla colonna. A pH 3 e concentrazione di H2O2 pari a 0.5 mM, sono state ottenute rese di degradazione superiori al 90 % dimostrando, inoltre, che il ferro non gioca un ruolo di fattore limitante alle quantità utilizzate. Non è stata osservata degradazione di ibuprofene in colonna da parte del solo ferro, tuttavia, si assisteva a fenomeni di adsorbimento sul ferro a pH 3 ed in presenza di ossidante. È stata, inoltre, individuata la presenza del composto tossico 4-isobutilacetofenone fra i sottoprodotti di degradazione dell’ibuprofene. I risultati ottenuti garantiscono una miglior comprensione del funzionamento della colonna, in un’ottica di ulteriori ottimizzazioni, in particolare, l’individuazione di un buon bilanciamento fra le quantità di ZVI, H2O2 e pH in ingresso, potrebbero portare a buone rese di degradazione anche a pH più blandi.
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