Lo spunto per questa relazione (o tesi) di Laurea è scaturito dalla difficile situazione scatenata dalla pandemia da Covid-19 che ha determinato in modo inatteso e repentino, nel breve intervallo di due anni (da febbraio 2020 ad oggi), la trasformazione dello smart working da esperienza “di nicchia”, poco conosciuta e poco praticata, a modalità lavorativa diffusa e destinata a rimanere e ad imporsi sempre di più dopo il passaggio dalla fase emergenziale al cosiddetto “new normal”. Posto che questa nuova modalità lavorativa ha portato importanti quanto inaspettati cambiamenti nella nostra quotidianità, lo scopo della presente analisi, ben evidenziato nella domanda del titolo, è quello di indagare se esistano davvero le possibilità e le condizioni per le quali lo smart working possa contribuire a rendere “smart” la nostra vita, dandoci maggiore autonomia e flessibilità nel gestire il nostro lavoro e il nostro tempo ma garantendoci anche il tanto agognato “work-life balance”, ossia un migliore equilibrio tra vita professionale e personale. Ne è scaturita una stimolante riflessione ed un confronto tra i vantaggi e gli svantaggi che lo smart working può comportare, non solo per il proprio benessere ma anche per la produttività dell’azienda per cui si lavora e per l’intero tessuto sociale, territoriale e ambientale nel quale si è inseriti. Per capire meglio i cambiamenti in atto, viene ripercorso il cammino compiuto dallo smart working prima e durante la pandemia, prendendo in considerazione le trasformazioni tecnologiche e le innovazioni organizzative che esso ha comportato e dando largo spazio alle normative, in particolare ai numerosi Decreti-Legge e DPCM che si sono succeduti nel periodo di emergenza sanitaria, fino ad arrivare poi alle più recenti direttive destinate a regolamentare lo smart working nel settore pubblico e in quello privato a partire dall’attuale fase di ritrovata “normalità”. A rendere più concreta la presente indagine è l’osservazione dei casi di alcune aziende che, con alterni risultati, hanno sperimentato lo smart working, così come di altre che stanno rinnovando la loro organizzazione per implementare una più completa e articolata modalità lavorativa, volta ad integrare stabilmente l’attività in presenza con quella a distanza su base volontaria. Naturalmente, considerando la diffusa esigenza di un adeguato change management, una sezione viene dedicata alle implicazioni manageriali dello smart working, al nuovo ruolo e alle nuove caratteristiche che dovranno avere i manager per gestire contemporaneamente attività lavorative in presenza e da remoto, mantenendo alta la motivazione dei dipendenti e stimolando il loro engagement. Un contributo personale è costituito dalla riflessione sull’esperienza in smart working da me svolta durante il tirocinio presso il Gruppo Armani di Sydney (Australia). Interessanti appaiono infine le future prospettive che si aprono per questa modalità lavorativa, sia a livello nazionale che europeo, in termini di autonomia, formazione e responsabilizzazione degli smart workers, di tutela dei loro diritti, in primis quello alla disconnessione, di nuove normative e accordi che regoleranno l’applicazione dello smart working dopo il 30 giugno 2022. Dopo aver svolto una lunga e approfondita analisi sull’argomento, in conclusione si arriva a ipotizzare una concreta possibilità che lo smart working si traduca anche in una smart life, a patto però che siano rispettati certi principi e certe condizioni che, alla luce della passata esperienza, appaiono ormai imprescindibili.
Is smart working a smart life? Lo smart working tra esperienza emergenziale e prospettive future
BONAGURO, GIANLUCA
2021/2022
Abstract
Lo spunto per questa relazione (o tesi) di Laurea è scaturito dalla difficile situazione scatenata dalla pandemia da Covid-19 che ha determinato in modo inatteso e repentino, nel breve intervallo di due anni (da febbraio 2020 ad oggi), la trasformazione dello smart working da esperienza “di nicchia”, poco conosciuta e poco praticata, a modalità lavorativa diffusa e destinata a rimanere e ad imporsi sempre di più dopo il passaggio dalla fase emergenziale al cosiddetto “new normal”. Posto che questa nuova modalità lavorativa ha portato importanti quanto inaspettati cambiamenti nella nostra quotidianità, lo scopo della presente analisi, ben evidenziato nella domanda del titolo, è quello di indagare se esistano davvero le possibilità e le condizioni per le quali lo smart working possa contribuire a rendere “smart” la nostra vita, dandoci maggiore autonomia e flessibilità nel gestire il nostro lavoro e il nostro tempo ma garantendoci anche il tanto agognato “work-life balance”, ossia un migliore equilibrio tra vita professionale e personale. Ne è scaturita una stimolante riflessione ed un confronto tra i vantaggi e gli svantaggi che lo smart working può comportare, non solo per il proprio benessere ma anche per la produttività dell’azienda per cui si lavora e per l’intero tessuto sociale, territoriale e ambientale nel quale si è inseriti. Per capire meglio i cambiamenti in atto, viene ripercorso il cammino compiuto dallo smart working prima e durante la pandemia, prendendo in considerazione le trasformazioni tecnologiche e le innovazioni organizzative che esso ha comportato e dando largo spazio alle normative, in particolare ai numerosi Decreti-Legge e DPCM che si sono succeduti nel periodo di emergenza sanitaria, fino ad arrivare poi alle più recenti direttive destinate a regolamentare lo smart working nel settore pubblico e in quello privato a partire dall’attuale fase di ritrovata “normalità”. A rendere più concreta la presente indagine è l’osservazione dei casi di alcune aziende che, con alterni risultati, hanno sperimentato lo smart working, così come di altre che stanno rinnovando la loro organizzazione per implementare una più completa e articolata modalità lavorativa, volta ad integrare stabilmente l’attività in presenza con quella a distanza su base volontaria. Naturalmente, considerando la diffusa esigenza di un adeguato change management, una sezione viene dedicata alle implicazioni manageriali dello smart working, al nuovo ruolo e alle nuove caratteristiche che dovranno avere i manager per gestire contemporaneamente attività lavorative in presenza e da remoto, mantenendo alta la motivazione dei dipendenti e stimolando il loro engagement. Un contributo personale è costituito dalla riflessione sull’esperienza in smart working da me svolta durante il tirocinio presso il Gruppo Armani di Sydney (Australia). Interessanti appaiono infine le future prospettive che si aprono per questa modalità lavorativa, sia a livello nazionale che europeo, in termini di autonomia, formazione e responsabilizzazione degli smart workers, di tutela dei loro diritti, in primis quello alla disconnessione, di nuove normative e accordi che regoleranno l’applicazione dello smart working dopo il 30 giugno 2022. Dopo aver svolto una lunga e approfondita analisi sull’argomento, in conclusione si arriva a ipotizzare una concreta possibilità che lo smart working si traduca anche in una smart life, a patto però che siano rispettati certi principi e certe condizioni che, alla luce della passata esperienza, appaiono ormai imprescindibili.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/69810