L’intento del presente lavoro prende l’avvio dalla constatazione della sostanziale affinità che unisce il progetto morfologico di J.W. Goethe agli snodi teoretici portanti riconoscibili nel percorso filosofico di Luigi Pareyson: questa consonanza diviene piena corrispondenza se si considera la riflessione estetica esercitata da entrambi gli autori. Lo scopo che mi prefiggo consiste nel mettere in luce una prossimità che rimane invece, per molti versi, dissimulata nel passaggio dal carattere operativo e deliberatamente anti speculativo che contraddistingue la ricerca goethiana sulla natura e sull’arte alla teoresi pareysoniana, caratterizzata da un’importante apertura ontologica. La continuità fra le due visioni è radicata nella condivisione di un paradigma costituito da modelli organici e vitali sempre afferenti alle dimensioni della singolarità, della finitezza, dell’alterità, siano queste riferite al mondo fenomenico o alla sfera esistenziale: il piano attraverso il quale si svolge il discorso che le descrive riconduce infallibilmente alla modalità dell’esistente, del reale. La mia argomentazione vuole porre in rilievo quei motivi cruciali della teoria morfologica che rimangono operanti e incisivi durante l’intero arco del pensiero di Pareyson: la nozione di limite, inteso come confine delimitante un campo di profondità e densità generative; la nozione di incommensurabilità del trascendente; l’affermazione dell’inoggettivabilità dell’essere e della verità; la centralità assegnata all’uso del procedimento simbolico. Muovendo dalla complessità e dall’ampiezza del portato comune ai due autori, che in senso generalissimo potremmo chiamare estetico, la mia analisi è orientata, principalmente, secondo due punti di riferimento. Il primo è ispirato al riconoscimento, da parte dello stesso Pareyson, di due linee del pensiero estetico: una, quella attribuita a Baumgarten, che riduce l’intuizione sensibile alla funzione gnoseologica, limitando l’invenzione alla sfera artistica; l’altra, che fa capo a Vico, presso la quale l ‘intuizione sensibile è associata all’invenzione e al sentimento. Il tentativo di realizzare la compresenza di queste due concezioni estetiche è riconoscibile nel lavoro dei due autori in questione; inoltre, il concetto di conoscenza sensibile come sinergia di sensibilità, invenzione figurativa e sentimento svolge un ruolo essenziale nella formulazione della teoria ermeneutica pareysoniana. La seconda direttrice orientativa che intendo seguire è costituita dalla ricorrenza, nell’opera di Goethe come in quella di Pareyson, dell’uso della forma simbolica utilizzata sia in funzione metodologica sia in quanto espressione semiotica dell’essenza formale. In riferimento all’ultima fase dell’itinerario filosofico pareysoniano, voglio segnalare come la torsione in senso decisamente ontologico della sua speculazione non abbia ridimensionato la componente morfologica del suo modo di filosofare; al contrario, sulla scorta di Plotino, attraverso l’idea di “informante informe”, Pareyson si serve di una struttura meta-formale che rivela, ancora, il suo debito nei confronti della scienza delle forme goethiana: sul filo di questa osservazione, suggerisco una chiave di lettura del pensiero pareysoniano, alla luce del suo rapporto con la visione morfologica, nell’idea di forma come simbolo della libertà.

Forma e libertà. Una lettura del pensiero di Luigi Pareyson alla luce del suo rapporto con il progetto morfologico di J. W. Goethe.

BERNARDI, GIORGIO
2020/2021

Abstract

L’intento del presente lavoro prende l’avvio dalla constatazione della sostanziale affinità che unisce il progetto morfologico di J.W. Goethe agli snodi teoretici portanti riconoscibili nel percorso filosofico di Luigi Pareyson: questa consonanza diviene piena corrispondenza se si considera la riflessione estetica esercitata da entrambi gli autori. Lo scopo che mi prefiggo consiste nel mettere in luce una prossimità che rimane invece, per molti versi, dissimulata nel passaggio dal carattere operativo e deliberatamente anti speculativo che contraddistingue la ricerca goethiana sulla natura e sull’arte alla teoresi pareysoniana, caratterizzata da un’importante apertura ontologica. La continuità fra le due visioni è radicata nella condivisione di un paradigma costituito da modelli organici e vitali sempre afferenti alle dimensioni della singolarità, della finitezza, dell’alterità, siano queste riferite al mondo fenomenico o alla sfera esistenziale: il piano attraverso il quale si svolge il discorso che le descrive riconduce infallibilmente alla modalità dell’esistente, del reale. La mia argomentazione vuole porre in rilievo quei motivi cruciali della teoria morfologica che rimangono operanti e incisivi durante l’intero arco del pensiero di Pareyson: la nozione di limite, inteso come confine delimitante un campo di profondità e densità generative; la nozione di incommensurabilità del trascendente; l’affermazione dell’inoggettivabilità dell’essere e della verità; la centralità assegnata all’uso del procedimento simbolico. Muovendo dalla complessità e dall’ampiezza del portato comune ai due autori, che in senso generalissimo potremmo chiamare estetico, la mia analisi è orientata, principalmente, secondo due punti di riferimento. Il primo è ispirato al riconoscimento, da parte dello stesso Pareyson, di due linee del pensiero estetico: una, quella attribuita a Baumgarten, che riduce l’intuizione sensibile alla funzione gnoseologica, limitando l’invenzione alla sfera artistica; l’altra, che fa capo a Vico, presso la quale l ‘intuizione sensibile è associata all’invenzione e al sentimento. Il tentativo di realizzare la compresenza di queste due concezioni estetiche è riconoscibile nel lavoro dei due autori in questione; inoltre, il concetto di conoscenza sensibile come sinergia di sensibilità, invenzione figurativa e sentimento svolge un ruolo essenziale nella formulazione della teoria ermeneutica pareysoniana. La seconda direttrice orientativa che intendo seguire è costituita dalla ricorrenza, nell’opera di Goethe come in quella di Pareyson, dell’uso della forma simbolica utilizzata sia in funzione metodologica sia in quanto espressione semiotica dell’essenza formale. In riferimento all’ultima fase dell’itinerario filosofico pareysoniano, voglio segnalare come la torsione in senso decisamente ontologico della sua speculazione non abbia ridimensionato la componente morfologica del suo modo di filosofare; al contrario, sulla scorta di Plotino, attraverso l’idea di “informante informe”, Pareyson si serve di una struttura meta-formale che rivela, ancora, il suo debito nei confronti della scienza delle forme goethiana: sul filo di questa osservazione, suggerisco una chiave di lettura del pensiero pareysoniano, alla luce del suo rapporto con la visione morfologica, nell’idea di forma come simbolo della libertà.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/69711