Da ciò che emerge dalla storia della guerra e dei conflitti, stupri e altre forme di violenze sessuali sono sempre stati perpetrati contro le popolazioni civili. Sin dall’antichità lo stupro ha assunto la veste prevalente nella coscienza comune di un sottoprodotto della guerra o come suo danno collaterale. In realtà, il significato che lo stupro ha assunto durante i contesti bellici non è sempre stato univoco nel corso della storia, ed ha subito trasformazioni che ne hanno radicalmente caratterizzato la fenomenologia. Durante il ‘900 si assiste infatti ad una vera e propria evoluzione della funzione alla base della violenza sessuale nei conflitti armati, diventando sempre più parte intenzionale e consapevole di un più vasto progetto di annientamento del nemico, proprio delle logiche genocidiarie. L’obiettivo di questo elaborato è ripercorrere quelli che sono considerati i più grandi massacri del Novecento, analizzando il ruolo che lo stupro, e altre forme di violenze sessuali, hanno assunto in essi e la sua evoluzione da semplice effetto collaterale della guerra a vero e proprio strumento di genocidio. Questo studio inizierà esaminando il significato che lo stupro assume in quelli che sono considerati i più grandi massacri dell’inizio del XX secolo: il genocidio armeno e la Grande Guerra. Durante la pulizia etnica perpetrata dagli ottomani lo stupro, il rapimento, la schiavitù sessuale e il matrimonio forzato divennero di fatto strumenti di genocidio. Per quanto riguarda la Grande Guerra, invece, lo stupro diventa il simbolo dell’umiliazione, un messaggio da vincitore a vinto di non aver aderito al proprio dovere di uomo. Si proseguirà poi con l’analizzare la violenza sessuale perpetrata contro le donne durante il contesto della Seconda guerra mondiale. Lo stupro è qui uno strumento atto a umiliare e distruggere il popolo inferiore. La violenza sessuale è caratterizzata da un’intenzionalità ostile e vendicativa, acquisendo la valenza simbolica della celebrazione della vittoria e dell’umiliazione del nemico sconfitto. Vediamo quindi come lo stupro durante i massacri della prima metà del ‘900 non sia più considerato un mero effetto collaterale della guerra, un suo sottoprodotto. Tuttavia, ancora non assume quella funzione genocida di annientamento propria delle guerre del secondo ‘900. Durante le guerre perpetrate alla fine del XX secolo lo stupro incontra la logica genocida e diventa strumento di epurazione dell’etnia, strategia per cancellare un popolo, fecondando con il seme del nemico e costringendo le donne a generare figli del nemico. Se nel corso della Seconda Guerra Mondiale aveva dominato lo stupro come strumento di umiliazione o vendetta sul nemico, negli anni ’90, prendendo in esame in conflitti in Bosnia e in Ruanda, la dimensione dello stupro di massa cambia il significato della violenza sessuale in guerra, oltrepassando il concetto della semplice “violenza di genere” ed assumendo il ruolo di “arma” per il genocidio e l’annientamento etnico.

Sul bordo estremo della violenza. Stupri di guerra e logiche genocidarie.

CORINALDI, GIULIA
2020/2021

Abstract

Da ciò che emerge dalla storia della guerra e dei conflitti, stupri e altre forme di violenze sessuali sono sempre stati perpetrati contro le popolazioni civili. Sin dall’antichità lo stupro ha assunto la veste prevalente nella coscienza comune di un sottoprodotto della guerra o come suo danno collaterale. In realtà, il significato che lo stupro ha assunto durante i contesti bellici non è sempre stato univoco nel corso della storia, ed ha subito trasformazioni che ne hanno radicalmente caratterizzato la fenomenologia. Durante il ‘900 si assiste infatti ad una vera e propria evoluzione della funzione alla base della violenza sessuale nei conflitti armati, diventando sempre più parte intenzionale e consapevole di un più vasto progetto di annientamento del nemico, proprio delle logiche genocidiarie. L’obiettivo di questo elaborato è ripercorrere quelli che sono considerati i più grandi massacri del Novecento, analizzando il ruolo che lo stupro, e altre forme di violenze sessuali, hanno assunto in essi e la sua evoluzione da semplice effetto collaterale della guerra a vero e proprio strumento di genocidio. Questo studio inizierà esaminando il significato che lo stupro assume in quelli che sono considerati i più grandi massacri dell’inizio del XX secolo: il genocidio armeno e la Grande Guerra. Durante la pulizia etnica perpetrata dagli ottomani lo stupro, il rapimento, la schiavitù sessuale e il matrimonio forzato divennero di fatto strumenti di genocidio. Per quanto riguarda la Grande Guerra, invece, lo stupro diventa il simbolo dell’umiliazione, un messaggio da vincitore a vinto di non aver aderito al proprio dovere di uomo. Si proseguirà poi con l’analizzare la violenza sessuale perpetrata contro le donne durante il contesto della Seconda guerra mondiale. Lo stupro è qui uno strumento atto a umiliare e distruggere il popolo inferiore. La violenza sessuale è caratterizzata da un’intenzionalità ostile e vendicativa, acquisendo la valenza simbolica della celebrazione della vittoria e dell’umiliazione del nemico sconfitto. Vediamo quindi come lo stupro durante i massacri della prima metà del ‘900 non sia più considerato un mero effetto collaterale della guerra, un suo sottoprodotto. Tuttavia, ancora non assume quella funzione genocida di annientamento propria delle guerre del secondo ‘900. Durante le guerre perpetrate alla fine del XX secolo lo stupro incontra la logica genocida e diventa strumento di epurazione dell’etnia, strategia per cancellare un popolo, fecondando con il seme del nemico e costringendo le donne a generare figli del nemico. Se nel corso della Seconda Guerra Mondiale aveva dominato lo stupro come strumento di umiliazione o vendetta sul nemico, negli anni ’90, prendendo in esame in conflitti in Bosnia e in Ruanda, la dimensione dello stupro di massa cambia il significato della violenza sessuale in guerra, oltrepassando il concetto della semplice “violenza di genere” ed assumendo il ruolo di “arma” per il genocidio e l’annientamento etnico.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/69265