Nel mondo della finanza da sempre suscita un grande dibattito la capacità degli investitori di “predire” l’andamento del mercato e tanto più la loro capacità di prezzare correttamente i titoli delle società. Nel susseguirsi dei decenni, nuovi modelli, sempre più artificiosi e complessi, hanno preso il posto di quelli un po' più datati, per soddisfare nuovi bisogni valutativi e per colmare le lacune che ogni modello presenta in casi particolari o meno. Tuttavia, dal 1990 sembra essersi imposto con robustezza, nelle università e negli ambienti accademici, il modello dell’attualizzazione dei flussi di cassa, coadiuvato dal Capital asset pricing model. Quest’ultimo è stato oggetto nel tempo di numerose critiche, generando nel mondo economico una vera e propria spaccatura tra sostenitori e oppositori del modello. Le basi su cui si fonda questa trattazione hanno origine nelle evidenze portate alla luce da numerosi economisti quali: E. F. Fama, R. C. Merton e R. Roll per citarne alcuni. Quello che è emerso dai loro studi è un’impossibilità di verifica della teoria e una valutazione dei test empirici che invalida il modello in numerose applicazioni. L’attenzione di questo elaborato è posta nella verifica del rapporto esistente tra l’andamento degli utili di ogni società del cluster e l’andamento del rispettivo beta. Inizieremo con una breve digressione sull’evoluzione storica dei modelli e sul contesto che ha portato alla loro nascita (dalla crisi del 1929, passando per il 1964, fino ai giorni d’oggi), analizzeremo le varie teorie che si sono susseguite negli anni, ci concentreremo sul CAPM, che verrà scomposto nelle sue componenti e analizzeremo i limiti di quest’ultimo, per poi concludere con l’analisi empirica di un cluster di società.

IL CAPITAL ASSET PRICING MODEL E LE CRITICITÀ DEL BETA: EVIDENZE EMPIRICHE NEL SETTORE DEI COMPONENTI ELETTRONICI

REVELLO, CARLO ALBERTO
2021/2022

Abstract

Nel mondo della finanza da sempre suscita un grande dibattito la capacità degli investitori di “predire” l’andamento del mercato e tanto più la loro capacità di prezzare correttamente i titoli delle società. Nel susseguirsi dei decenni, nuovi modelli, sempre più artificiosi e complessi, hanno preso il posto di quelli un po' più datati, per soddisfare nuovi bisogni valutativi e per colmare le lacune che ogni modello presenta in casi particolari o meno. Tuttavia, dal 1990 sembra essersi imposto con robustezza, nelle università e negli ambienti accademici, il modello dell’attualizzazione dei flussi di cassa, coadiuvato dal Capital asset pricing model. Quest’ultimo è stato oggetto nel tempo di numerose critiche, generando nel mondo economico una vera e propria spaccatura tra sostenitori e oppositori del modello. Le basi su cui si fonda questa trattazione hanno origine nelle evidenze portate alla luce da numerosi economisti quali: E. F. Fama, R. C. Merton e R. Roll per citarne alcuni. Quello che è emerso dai loro studi è un’impossibilità di verifica della teoria e una valutazione dei test empirici che invalida il modello in numerose applicazioni. L’attenzione di questo elaborato è posta nella verifica del rapporto esistente tra l’andamento degli utili di ogni società del cluster e l’andamento del rispettivo beta. Inizieremo con una breve digressione sull’evoluzione storica dei modelli e sul contesto che ha portato alla loro nascita (dalla crisi del 1929, passando per il 1964, fino ai giorni d’oggi), analizzeremo le varie teorie che si sono susseguite negli anni, ci concentreremo sul CAPM, che verrà scomposto nelle sue componenti e analizzeremo i limiti di quest’ultimo, per poi concludere con l’analisi empirica di un cluster di società.
ITA
IMPORT DA TESIONLINE
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
862675_tesilaurearevello.pdf

non disponibili

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 1.09 MB
Formato Adobe PDF
1.09 MB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/69209