di un genitore, e della famiglia in generale. Nel caso dello spettro autistico, la diagnosi non è soltanto un punto preciso sulla linea temporale, al contrario, spesso questa può rappresentare un periodo prolungato, infatti dai racconti di molti genitori con figli autistici emergono descrizioni di iter diagnostici lunghi e accidentati, pellegrinaggi per ospedali, trattamenti aspecifici, prime diagnosi errate e a volte un mancato riconoscimento da parte di specialisti delle difficoltà del figlio. Nei genitori di bambini nello Spettro, alla nascita e probabilmente per i successivi due anni, non è presente la consapevolezza di veder crescere un figlio con disabilità, in quanto il neonato non ha nessuna complicazione evidente; la madre e il padre sono di fronte a tutte le loro aspettative sul bambino che tanto hanno idealizzato durante la gravidanza. Un genitore intervistato da Scavarda descrive l’autismo come “un bagno a mezzanotte”, in quanto a un certo punto ci si rende conto che lo sviluppo del bambino non procede sui binari di un percorso evolutivo tipico, e una nube arriva ad offuscare tutti i sogni e progetti che la coppia aveva per lui. Il bambino reale e quello ideale non coincidono più, il futuro non è più una costellazione di possibilità, ma si dipinge di colori cupi e d’incertezza, la funzione simbolica dei genitori subisce uno scacco, la mente è albergata da pensieri impensabili, e i meccanismi di difesa abituali diventano inefficienti di fronte alla diagnosi di disabilità, che grava come un macigno sul cuore e sulla psiche dei familiari. L’atteggiamento e il comportamento della figura che dovrà riferire la diagnosi ai genitori è fondamentale per il rapporto che la famiglia avrà nei confronti della disabilità del bambino. È importante che la diagnosi sia riferita ad entrambi i genitori contemporaneamente, in modo da non sovraccaricare uno dei due della possibilità di proteggere l’altro dalla sofferenza, può essere particolarmente utile anche allargare la comunicazione al resto della famiglia o a persone di fiducia indicate dalla coppia, in modo che sin da subito i genitori non si sentano isolati e si faciliti la costruzione di una rete sociale di supporto. Allo specialista si richiede competenza, senso del limite, partecipazione, un atteggiamento supportivo in grado di validare e accogliere la rabbia e il dolore dei genitori. Per il caso dell’autismo è necessario spiegare in maniera semplice e accessibile i segni e i sintomi dello spettro, associare alla comunicazione della diagnosi anche delle proposte riabilitative e terapeutiche che potrebbero infondere un senso di speranza alla famiglia. È anche auspicabile che vengano proposte delle associazioni a cui fare riferimento nei momenti di confronto e di bisogno. Lo scopo di questa trattazione è sottolineare che le modalità di comunicazione della diagnosi sono fondamentali, in quanto lo specialista deve far di tutto per cercare di comunicare, oltre le difficoltà, anche le possibilità del bambino. La diagnosi non deve rappresentare un blackout nella storia familiare, ma deve assumere le vesti di un nuovo inizio che riesca a stimolare delle strategie di resilienza e nuovi equilibri per il nucleo familiare

Comunicare l’autismo. Un’indagine qualitativa sull'impatto e le ricadute della comunicazione della diagnosi nelle diverse fasi del ciclo di vita delle famiglie con un figlio autistico.

FREDDUZZI, CATERINA
2021/2022

Abstract

di un genitore, e della famiglia in generale. Nel caso dello spettro autistico, la diagnosi non è soltanto un punto preciso sulla linea temporale, al contrario, spesso questa può rappresentare un periodo prolungato, infatti dai racconti di molti genitori con figli autistici emergono descrizioni di iter diagnostici lunghi e accidentati, pellegrinaggi per ospedali, trattamenti aspecifici, prime diagnosi errate e a volte un mancato riconoscimento da parte di specialisti delle difficoltà del figlio. Nei genitori di bambini nello Spettro, alla nascita e probabilmente per i successivi due anni, non è presente la consapevolezza di veder crescere un figlio con disabilità, in quanto il neonato non ha nessuna complicazione evidente; la madre e il padre sono di fronte a tutte le loro aspettative sul bambino che tanto hanno idealizzato durante la gravidanza. Un genitore intervistato da Scavarda descrive l’autismo come “un bagno a mezzanotte”, in quanto a un certo punto ci si rende conto che lo sviluppo del bambino non procede sui binari di un percorso evolutivo tipico, e una nube arriva ad offuscare tutti i sogni e progetti che la coppia aveva per lui. Il bambino reale e quello ideale non coincidono più, il futuro non è più una costellazione di possibilità, ma si dipinge di colori cupi e d’incertezza, la funzione simbolica dei genitori subisce uno scacco, la mente è albergata da pensieri impensabili, e i meccanismi di difesa abituali diventano inefficienti di fronte alla diagnosi di disabilità, che grava come un macigno sul cuore e sulla psiche dei familiari. L’atteggiamento e il comportamento della figura che dovrà riferire la diagnosi ai genitori è fondamentale per il rapporto che la famiglia avrà nei confronti della disabilità del bambino. È importante che la diagnosi sia riferita ad entrambi i genitori contemporaneamente, in modo da non sovraccaricare uno dei due della possibilità di proteggere l’altro dalla sofferenza, può essere particolarmente utile anche allargare la comunicazione al resto della famiglia o a persone di fiducia indicate dalla coppia, in modo che sin da subito i genitori non si sentano isolati e si faciliti la costruzione di una rete sociale di supporto. Allo specialista si richiede competenza, senso del limite, partecipazione, un atteggiamento supportivo in grado di validare e accogliere la rabbia e il dolore dei genitori. Per il caso dell’autismo è necessario spiegare in maniera semplice e accessibile i segni e i sintomi dello spettro, associare alla comunicazione della diagnosi anche delle proposte riabilitative e terapeutiche che potrebbero infondere un senso di speranza alla famiglia. È anche auspicabile che vengano proposte delle associazioni a cui fare riferimento nei momenti di confronto e di bisogno. Lo scopo di questa trattazione è sottolineare che le modalità di comunicazione della diagnosi sono fondamentali, in quanto lo specialista deve far di tutto per cercare di comunicare, oltre le difficoltà, anche le possibilità del bambino. La diagnosi non deve rappresentare un blackout nella storia familiare, ma deve assumere le vesti di un nuovo inizio che riesca a stimolare delle strategie di resilienza e nuovi equilibri per il nucleo familiare
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