Il mondo occidentale contemporaneo sembra assumere un atteggiamento di negazione e di rifiuto nei confronti dell’invecchiamento e della morte. L’evoluzione tecnologica e scientifica ha aumentato di molto la prospettiva di vita negli ultimi decenni e questo ottimismo ha mutato inevitabilmente il rapporto che l’uomo ha con la morte, considerandola sempre più una sconfitta per la medicina e il progresso piuttosto che un fatto naturale inevitabile. L’individualismo e il capitalismo, inoltre, hanno contribuito al cambiamento delle abitudini collettive, riducendo o rimuovendo tutto ciò che può intralciare e mettere a rischio la produttività e il successo. In quest’ottica, l'idea della morte – massima espressione del limite e della precarietà umana – viene ignorata o relegata a momenti sempre più ristretti nel tempo e circoscritti nello spazio. Questo cambiamento in Italia è visibile soprattutto nel contesto urbano: il lutto deve essere superato nel più breve tempo possibile per non interferire con i doveri lavorativi; il corteo funebre è gradualmente eliminato, perché rallenterebbe il ritmo frenetico del traffico per le vie cittadine; le famiglie sono costrette ad affidare i parenti malati e anziani alle cure delle strutture sanitarie per mancanza di tempo, spostando la maggior parte dei decessi in ambito ospedaliero e allontanando così la familiarità con la sofferenza e la perdita. In questo modo i riti funebri hanno subito una progressiva destrutturazione, svuotandosi dei loro riferimenti simbolici e perdendo un ruolo che invece era centrale presso le società preindustriali – basate su un sistema economico prevalentemente agricolo e artigianale –, dove il concetto di morte era legato indissolubilmente alla ciclicità della natura. Nel contesto contemporaneo questo legame va sempre più sgretolandosi e la considerazione della morte come evento puramente negativo rischia di impoverire e disorientare la nostra società, indebolendone la capacità di affrontare e accettare questa esperienza come una delle più “umane e naturali” della vita. A partire da queste considerazioni, l'intento della mia tesi è considerare il rapporto culturale con la morte – per quanto possibile – attraverso gli usi e i costumi italiani legati ad essa, e in particolare i riti legati alla commemorazione dei defunti. La speranza è che da questa panoramica possano emergere spunti di riflessione sul nostro modo di concepire la morte, e di conseguenza la vita. Per farlo, ho ritenuto necessario partire dalle tradizioni contadine – alla base del folklore culturale odierno – per scoprire in che modo le comunità italiane preindustriali pensavano e operavano intorno alla morte e perché per loro fosse fondamentale onorare i defunti. Più che di scoperta sarà quindi più opportuno parlare di una riscoperta, poiché il panorama festivo attuale possiede ancora – nelle scansioni temporali e nelle forme celebrative – alcuni elementi riconducibili a un concetto di morte definito a volte “arcaico” ma non per questo desueto. Considereremo le consuetudini delle comunità locali di ogni regione nel momento culmine dell’anno dedicato alla celebrazione dei defunti, ovvero il 2 novembre, per renderci conto di come alcuni elementi siano ancora presenti nelle nostre abitudini quotidiane, specie in ambito alimentare.
La "festa dei morti" in Sicilia: usanze, riti e credenze di un culto antico
CONTARINO, SALVATRICE
2021/2022
Abstract
Il mondo occidentale contemporaneo sembra assumere un atteggiamento di negazione e di rifiuto nei confronti dell’invecchiamento e della morte. L’evoluzione tecnologica e scientifica ha aumentato di molto la prospettiva di vita negli ultimi decenni e questo ottimismo ha mutato inevitabilmente il rapporto che l’uomo ha con la morte, considerandola sempre più una sconfitta per la medicina e il progresso piuttosto che un fatto naturale inevitabile. L’individualismo e il capitalismo, inoltre, hanno contribuito al cambiamento delle abitudini collettive, riducendo o rimuovendo tutto ciò che può intralciare e mettere a rischio la produttività e il successo. In quest’ottica, l'idea della morte – massima espressione del limite e della precarietà umana – viene ignorata o relegata a momenti sempre più ristretti nel tempo e circoscritti nello spazio. Questo cambiamento in Italia è visibile soprattutto nel contesto urbano: il lutto deve essere superato nel più breve tempo possibile per non interferire con i doveri lavorativi; il corteo funebre è gradualmente eliminato, perché rallenterebbe il ritmo frenetico del traffico per le vie cittadine; le famiglie sono costrette ad affidare i parenti malati e anziani alle cure delle strutture sanitarie per mancanza di tempo, spostando la maggior parte dei decessi in ambito ospedaliero e allontanando così la familiarità con la sofferenza e la perdita. In questo modo i riti funebri hanno subito una progressiva destrutturazione, svuotandosi dei loro riferimenti simbolici e perdendo un ruolo che invece era centrale presso le società preindustriali – basate su un sistema economico prevalentemente agricolo e artigianale –, dove il concetto di morte era legato indissolubilmente alla ciclicità della natura. Nel contesto contemporaneo questo legame va sempre più sgretolandosi e la considerazione della morte come evento puramente negativo rischia di impoverire e disorientare la nostra società, indebolendone la capacità di affrontare e accettare questa esperienza come una delle più “umane e naturali” della vita. A partire da queste considerazioni, l'intento della mia tesi è considerare il rapporto culturale con la morte – per quanto possibile – attraverso gli usi e i costumi italiani legati ad essa, e in particolare i riti legati alla commemorazione dei defunti. La speranza è che da questa panoramica possano emergere spunti di riflessione sul nostro modo di concepire la morte, e di conseguenza la vita. Per farlo, ho ritenuto necessario partire dalle tradizioni contadine – alla base del folklore culturale odierno – per scoprire in che modo le comunità italiane preindustriali pensavano e operavano intorno alla morte e perché per loro fosse fondamentale onorare i defunti. Più che di scoperta sarà quindi più opportuno parlare di una riscoperta, poiché il panorama festivo attuale possiede ancora – nelle scansioni temporali e nelle forme celebrative – alcuni elementi riconducibili a un concetto di morte definito a volte “arcaico” ma non per questo desueto. Considereremo le consuetudini delle comunità locali di ogni regione nel momento culmine dell’anno dedicato alla celebrazione dei defunti, ovvero il 2 novembre, per renderci conto di come alcuni elementi siano ancora presenti nelle nostre abitudini quotidiane, specie in ambito alimentare.File | Dimensione | Formato | |
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