Il lavoro di tesi svolto si inserisce in un più ampio progetto avviato nel 2008, grazie alla collaborazione tra l'Università degli Studi di Torino, l'Università di Firenze, l'INFN di Torino, il LABEC di Firenze e alcuni musei che hanno messo a disposizione parte dei campioni e degli oggetti artistici analizzati. Oggetto delle analisi sono campioni e manufatti realizzati in lapislazzuli. Questa pietra di colore blu oltremare è stata per un lungo periodo molto apprezzata e largamente utilizzata in ambito artistico. A partire dalle testimonianze archeologiche e dal limitato numero di siti di estrazione esistenti si è cominciato a studiare questa roccia per una caratterizzazione dei diversi giacimenti, in modo da identificarne la provenienza, per una migliore conoscenza degli oggetti stessi, per fornire informazioni sull'origine della materia prima e per la ricostruzione delle antiche vie commerciali. Gli studi precedentemente effettuati sui lapislazzuli non sono molti, ancor meno quelli su oggetti archeologici; le tecniche utilizzate sono state varie, ma spesso distruttive. Da qui la nascita di questo progetto che si pone come scopo quello di riuscire a determinare la provenienza dei lapislazzuli, utilizzando tecniche non distruttive, attraverso l'analisi delle fasi minerali presenti nella roccia, per determinare i marker per le varie provenienze: la presenza in certe quantità di un certo elemento, all'interno di una fase, potrebbe determinare la provenienza della pietra e escluderne altre, così come la presenza di bande caratteristiche di luminescenza. Questo lavoro di tesi ha come obiettivo lo studio degli elementi in traccia presenti nel diopside per mezzo di tecniche di microscopia ionica. A partire da queste analisi è stata poi studiata la luminescenza del diopside. Soggetto di studio sono stati campioni di lapislazzuli di tre provenienze note: Tajikistan (Pamir), Siberia, Afghanistan. Le analisi sono state effettuate con tecniche PIXE, ai Laboratori Nazionali di Legnaro dell'INFN. Si tratta di una tecnica non invasiva che sfrutta fasci ionici per analizzare la composizione di un campione attraverso la rivelazione dei raggi X caratteristici emessi dal materiale; in contemporanea sono state eseguite misure di luminescenza (IBIL) per cercare di correlare la presenza di bande caratteristiche con la presenza di elementi. L'analisi dati è stata effettuata tramite il software Gupix, che permette di determinare la concentrazione di un elemento nel materiale. Parte del lavoro è stato dedicato alla determinazione della curva di calibrazione del programma per permettere un'analisi corretta e realistica. I risultati ottenuti sono andati ad aumentare la statistica ottenuta in precedenti lavori. Dalle analisi quantitative effettuate è stato poi possibile tentare di attribuire la provenienza dei lapislazzuli utilizzati per alcuni oggetti artistici, appartenenti alla collezione medicea, e si è cercato di arrivare a confermare o eventualmente smentire la provenienza dichiarata. Un'altra parte del lavoro è poi stata dedicata allo studio degli spettri di luminescenza nel diopside, per individuare gli elementi attivatori e inibitori, comparando gli spettri ottenuti dalle rocce delle tre provenienze con le analisi quantitative effettuate nella prima parte del lavoro e si è potuto osservare che in alcuni campioni, di una certa provenienza, sono presenti bande tipiche che possono dare un ulteriore aiuto nel riconoscimento della provenienza del campione.
Caratterizzazione per mezzo di tecniche di microscopia ionica (PIXE e IBIL) di lapislazzuli: indagini su rocce di provenienza nota e su oggetti artistici da musei.
MOLINENGO, SOPHIE
2013/2014
Abstract
Il lavoro di tesi svolto si inserisce in un più ampio progetto avviato nel 2008, grazie alla collaborazione tra l'Università degli Studi di Torino, l'Università di Firenze, l'INFN di Torino, il LABEC di Firenze e alcuni musei che hanno messo a disposizione parte dei campioni e degli oggetti artistici analizzati. Oggetto delle analisi sono campioni e manufatti realizzati in lapislazzuli. Questa pietra di colore blu oltremare è stata per un lungo periodo molto apprezzata e largamente utilizzata in ambito artistico. A partire dalle testimonianze archeologiche e dal limitato numero di siti di estrazione esistenti si è cominciato a studiare questa roccia per una caratterizzazione dei diversi giacimenti, in modo da identificarne la provenienza, per una migliore conoscenza degli oggetti stessi, per fornire informazioni sull'origine della materia prima e per la ricostruzione delle antiche vie commerciali. Gli studi precedentemente effettuati sui lapislazzuli non sono molti, ancor meno quelli su oggetti archeologici; le tecniche utilizzate sono state varie, ma spesso distruttive. Da qui la nascita di questo progetto che si pone come scopo quello di riuscire a determinare la provenienza dei lapislazzuli, utilizzando tecniche non distruttive, attraverso l'analisi delle fasi minerali presenti nella roccia, per determinare i marker per le varie provenienze: la presenza in certe quantità di un certo elemento, all'interno di una fase, potrebbe determinare la provenienza della pietra e escluderne altre, così come la presenza di bande caratteristiche di luminescenza. Questo lavoro di tesi ha come obiettivo lo studio degli elementi in traccia presenti nel diopside per mezzo di tecniche di microscopia ionica. A partire da queste analisi è stata poi studiata la luminescenza del diopside. Soggetto di studio sono stati campioni di lapislazzuli di tre provenienze note: Tajikistan (Pamir), Siberia, Afghanistan. Le analisi sono state effettuate con tecniche PIXE, ai Laboratori Nazionali di Legnaro dell'INFN. Si tratta di una tecnica non invasiva che sfrutta fasci ionici per analizzare la composizione di un campione attraverso la rivelazione dei raggi X caratteristici emessi dal materiale; in contemporanea sono state eseguite misure di luminescenza (IBIL) per cercare di correlare la presenza di bande caratteristiche con la presenza di elementi. L'analisi dati è stata effettuata tramite il software Gupix, che permette di determinare la concentrazione di un elemento nel materiale. Parte del lavoro è stato dedicato alla determinazione della curva di calibrazione del programma per permettere un'analisi corretta e realistica. I risultati ottenuti sono andati ad aumentare la statistica ottenuta in precedenti lavori. Dalle analisi quantitative effettuate è stato poi possibile tentare di attribuire la provenienza dei lapislazzuli utilizzati per alcuni oggetti artistici, appartenenti alla collezione medicea, e si è cercato di arrivare a confermare o eventualmente smentire la provenienza dichiarata. Un'altra parte del lavoro è poi stata dedicata allo studio degli spettri di luminescenza nel diopside, per individuare gli elementi attivatori e inibitori, comparando gli spettri ottenuti dalle rocce delle tre provenienze con le analisi quantitative effettuate nella prima parte del lavoro e si è potuto osservare che in alcuni campioni, di una certa provenienza, sono presenti bande tipiche che possono dare un ulteriore aiuto nel riconoscimento della provenienza del campione.File | Dimensione | Formato | |
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