La Creatività come pratica etico-estetica. Una riflessione sulla continuità tra natura e cultura dopo Schelling.

Starting from a historically rooted analysis of the Hegelian concept of the death of art, a solution to this apparent impasse is found through a comparison with Schelling's thought. As Union of material and spiritual pole, of definite and indefinite, art for both represents an instrument with which man looks at his own era. Both Hegel and Schelling postulate the impossibility in their time to talk about this kind of art because of the unbalance of the whole society in favor of reason and, therefore, the devaluation of nature. If for Hegel this is an overcoming that can lead man to higher horizons, for Schelling it is a bitter realization. Trying to trace the historical path of art from the sentence of his death onwards from the causes that generated it, we will outline a trajectory that sees the possibility today to recover the definition of radical art as given by Schelling and based, therefore, on a specific ethical vision of the aesthetic act. The climate crisis requires a paradigm shift. We have to cope with the new needs of care that nature demands, having lost its immutability that has allowed us for centuries to devalue it as inferior. This historical moment can become the starting point for an epochal ethical turning point. Founded on a form of anti-humanism, a vision of culture as nature is promoted. Cultural products become adaptive tools that can be read as evolutionary tools on the basis of a biologically rooted interpretation of our actions. Founding the present perspective on the philosophy of identity and on the concept of Creativity, we can speak today of the fall of the domain of res cogitans and of its reinterpretation in a morphological key. Thanks to the underlining of the concept of intelligence in a perspective key that defines it as the ability to solve problems, subjectivity itself is relativized and defined as a framing on the world. Art, as the primary representative of the specific framing of the human being, will be the means by which the extent of this change will be observed. After its death sentence with the advent of the absolute dominance of the spiritual over the material, we can speak today of a rebirth of art as a biologically necessary tool in the light of the recomposition of this fracture. Nature and culture have been separated by Man for adaptive needs and must be reunited today for the same reason. We can speak of art as a reflexive-creative praxis able to actively act this change: bringing us back to the con-science of our link with the dynamic progress of nature creativity is read as a faculty not only at the head of our adaptive solutions, but as a process that reconnects us with our being-humans in the world. We will then outline the characteristics that should have today's artistic formations to meet this need for change of perspective, to be transformative practices that can be inscribed in everyday practices. Trans-muralism will be identified as a potential response to the needs we have outlined, analyzing its transformative potential thanks to its double mode of communication in public space: due to its monumental character, and generator of reflections, thanks to the active interaction with the surrounding environment, it stands in the limes of aisthesis.

Grazie ad un’analisi storicamente radicata del concetto di morte dell’arte hegeliano, si cerca una soluzione a questa apparente impasse grazie al confronto con il pensiero di Schelling. Unione di polo materiale e spirituale, di definito ed indefinito, l’arte per entrambi rappresenta uno strumento con il quale l’uomo guarda la propria epoca. Tanto Hegel quanto Schelling postulano l’impossibilità al loro tempo di parlare questo genere di arte per lo sbilanciamento della società tutta in favore della ragione e, quindi, della svalutazione della natura. Se per Hegel si tratta di un superamento che può portare l’uomo ad orizzonti più elevati, per Schelling è un’amara constatazione. Cercando di tracciare il percorso storico dell’arte dalla sentenza della sua morte in poi a partire dalle cause che l’hanno generata, si delineerà una traiettoria che vede la possibilità oggi di recuperare la definizione di arte radicale così come data da Schelling e basata, quindi, su una specifica visione etica dell’atto estetico. La crisi climatica richiede infatti un cambiamento di paradigma. Dobbiamo fare fronte alle nuove esigenze di cura che la natura pretende, venuta meno la sua immutabilità che ci ha consentito per secoli di svalutarla come inferiore. Questo momento storico può divenire punto di partenza per una svolta etica epocale. Fondata su una forma di anti-umanesimo, si promuove una visione della cultura come natura. I prodotti culturali diventano strumenti adattivi leggibili come tools evolutivi sulla base di una interpretazione biologicamente radicata del nostro agire. Fondando la presente prospettiva sulla filosofia identitaria schellinghiana e sul concetto di Creatività, si può parlare oggi della caduta del dominio della res cogitans e di una sua rilettura in chiave morfologica. Grazie alla sottolineatura del concetto di intelligenza in chiave prospettica che la definisce come abilità di risolvere problemi, la soggettività stessa viene relativizzata e definita come inquadratura sul mondo. L’arte, come rappresentante primaria dell’inquadratura specifica dell’essere umano, sarà mezzo con il quale si osserverà la portata di questo mutamento. Dopo la sua sentenza di morte con l’avvento del dominio assoluto dello spirituale sul materiale, si può parlare oggi di una rinascita dell’arte come strumento biologicamente necessario alla luce del ricomporsi di questa frattura. Natura e cultura sono state dall’Uomo distinte per necessità adattive e vanno oggi riunite per lo stesso motivo. Si può parlare di arte come prassi riflessivo-creativa capace di agire attivamente questo mutamento: riportandoci alla con-scienza del nostro legame con l’incedere dinamico della natura, la creatività viene letta come facoltà non solo a capo delle nostre soluzioni adattive, ma come processo che ci riconnette con il nostro essere esseri-umani nel mondo. Si delineeranno quindi le caratteristiche che dovrebbero avere oggi le formazioni artistiche per rispondere a questa esigenza di mutamento di prospettiva, per essere prassi trasformative che si possano inscrivere nelle pratiche quotidiane. Nel trans-muralismo verrà individuata una potenziale risposta alle esigenze che abbiamo delineato, analizzandone il potenziale trasformativo grazie alla sua doppia modalità di comunicazione nello spazio pubblico: per il suo carattere monumentale, e generatore di riflessioni, grazie all’interazione attiva con l’ambiente circostante si pone nel limes dell’aisthesis.