In questo lavoro ci proponiamo, in particolare, di indagare la ricezione delle Metamorfosi nel XVI secolo, tenendo conto del contesto culturale italiano. Con l’Umanesimo, la riscoperta dei valori della classicità non mediati da un’interpretazione morale fece crescere ulteriormente, rispetto ai secoli precedenti, la popolarità di Ovidio. La lontananza dall’idea moderna di traduzione fece sì che coloro che volevano rendere più accessibile il testo classico al pubblico – e, contemporaneamente, conferire dignità al volgare fiorentino – si cimentassero in riscritture lontane dall’originale. Tra i numerosi letterati italiani che tentarono di dare una nuova veste all’opera ovidiana, abbiamo scelto di dare spazio a Niccolò degli Agostini (Ovidio Metamorphoseos in verso vulgar, 1522), Lodovico Dolce (Le Trasformationi, 1553) e Giovanni Andrea dell’Anguillara (Le Metamorfosi di Ovidio, 1561). Con risultati molto diversi tra loro, tutti e tre interpretarono il poema in modo originale, adattando l’opera al pubblico e alla finalità con cui avevano intrapreso il lavoro. I confronti tra i passi hanno dimostrato la dipendenza di Agostini da Bonsignori, la fedeltà a Ovidio di Dolce e la qualità dei versi dell’Anguillara; risulta inoltre interessante osservare l’influenza operata da Ariosto – a sua volta condizionato da Ovidio – percepibile in controluce nei volgarizzamenti cinquecenteschi. La seconda parte del lavoro è dedicata a un personaggio oggi oscuro, ma a nostro avviso affascinante a suo modo, la cui rocambolesca biografia restituisce un’immagine interessante del clima culturale francese a metà Cinquecento. Gabriele Simeoni, fiorentino, esule a Lione, visse in un ambiente vivace, dove erano presenti molti suoi compatrioti e l’italianismo culturale rispecchiava strategicamente le ambizioni politiche del re di Francia. Le sue innumerevoli opere toccano svariati argomenti, con il solo scopo di trovare, infine, un patrono – impresa che purtroppo non gli riuscì mai. Anche Simeoni si occupò di un volgarizzamento delle Metamorfosi, basandosi su un testo francese, la Métamorphose d’Ovide figurée, pubblicato un paio di anni prima dalla tipografia di Jean de Tournes, a Lione. La novità risiede nella sua struttura: il poema è diviso in singoli miti, ognuno dei quali descritto con un’ottava preceduta da un’illustrazione . Nonostante l’opera di Simeoni sia soprattutto debitrice verso la Métamorphose figurée, riteniamo essa meriti uno studio più approfondito: molti episodi sono stati eliminati dal Nostro, altri aggiunti, le strofe non sono una semplice traduzione dal francese, ma, insieme alle scelte contenutistiche e redazionali, fanno trasparire la personalità e l’ideologia dell’autore. L’ultima parte del lavoro è costituita, quindi, da un’analisi approfondita di venti episodi del Metamorfoseo, selezionati tra i più significativi. Le ottave di Simeoni vengono paragonate a quelle dei volgarizzatori italiani introdotti precedentemente, per individuare analogie e discrepanze rispetto all’originale. Abbiamo anche accennato una breve analisi iconografica delle xilografie: quelle del Metamorfoseo appartengono alla medesima serie dell’anonimo francese, ma è risultato utile, in alcuni casi, indagare i modelli e le tendenze dell’illustratore, Bernard Salomon, confrontandolo, per esempio, con le incisioni di Giovanni Antonio Rusconi per l’edizione di Dolce (1553), o dell’editio princeps di Bonsignori (1497).
La ricezione cinquecentesca di Ovidio tra Italia e Francia: il Metamorfoseo d’Ovidio, figurato et abbreviato in forma d’epigrammi di Gabriello Simeoni
ORIGLIA, MONICA
2021/2022
Abstract
In questo lavoro ci proponiamo, in particolare, di indagare la ricezione delle Metamorfosi nel XVI secolo, tenendo conto del contesto culturale italiano. Con l’Umanesimo, la riscoperta dei valori della classicità non mediati da un’interpretazione morale fece crescere ulteriormente, rispetto ai secoli precedenti, la popolarità di Ovidio. La lontananza dall’idea moderna di traduzione fece sì che coloro che volevano rendere più accessibile il testo classico al pubblico – e, contemporaneamente, conferire dignità al volgare fiorentino – si cimentassero in riscritture lontane dall’originale. Tra i numerosi letterati italiani che tentarono di dare una nuova veste all’opera ovidiana, abbiamo scelto di dare spazio a Niccolò degli Agostini (Ovidio Metamorphoseos in verso vulgar, 1522), Lodovico Dolce (Le Trasformationi, 1553) e Giovanni Andrea dell’Anguillara (Le Metamorfosi di Ovidio, 1561). Con risultati molto diversi tra loro, tutti e tre interpretarono il poema in modo originale, adattando l’opera al pubblico e alla finalità con cui avevano intrapreso il lavoro. I confronti tra i passi hanno dimostrato la dipendenza di Agostini da Bonsignori, la fedeltà a Ovidio di Dolce e la qualità dei versi dell’Anguillara; risulta inoltre interessante osservare l’influenza operata da Ariosto – a sua volta condizionato da Ovidio – percepibile in controluce nei volgarizzamenti cinquecenteschi. La seconda parte del lavoro è dedicata a un personaggio oggi oscuro, ma a nostro avviso affascinante a suo modo, la cui rocambolesca biografia restituisce un’immagine interessante del clima culturale francese a metà Cinquecento. Gabriele Simeoni, fiorentino, esule a Lione, visse in un ambiente vivace, dove erano presenti molti suoi compatrioti e l’italianismo culturale rispecchiava strategicamente le ambizioni politiche del re di Francia. Le sue innumerevoli opere toccano svariati argomenti, con il solo scopo di trovare, infine, un patrono – impresa che purtroppo non gli riuscì mai. Anche Simeoni si occupò di un volgarizzamento delle Metamorfosi, basandosi su un testo francese, la Métamorphose d’Ovide figurée, pubblicato un paio di anni prima dalla tipografia di Jean de Tournes, a Lione. La novità risiede nella sua struttura: il poema è diviso in singoli miti, ognuno dei quali descritto con un’ottava preceduta da un’illustrazione . Nonostante l’opera di Simeoni sia soprattutto debitrice verso la Métamorphose figurée, riteniamo essa meriti uno studio più approfondito: molti episodi sono stati eliminati dal Nostro, altri aggiunti, le strofe non sono una semplice traduzione dal francese, ma, insieme alle scelte contenutistiche e redazionali, fanno trasparire la personalità e l’ideologia dell’autore. L’ultima parte del lavoro è costituita, quindi, da un’analisi approfondita di venti episodi del Metamorfoseo, selezionati tra i più significativi. Le ottave di Simeoni vengono paragonate a quelle dei volgarizzatori italiani introdotti precedentemente, per individuare analogie e discrepanze rispetto all’originale. Abbiamo anche accennato una breve analisi iconografica delle xilografie: quelle del Metamorfoseo appartengono alla medesima serie dell’anonimo francese, ma è risultato utile, in alcuni casi, indagare i modelli e le tendenze dell’illustratore, Bernard Salomon, confrontandolo, per esempio, con le incisioni di Giovanni Antonio Rusconi per l’edizione di Dolce (1553), o dell’editio princeps di Bonsignori (1497).File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/66939