La pandemia da COVID-19 ha colpito la nostra società da un punto di vista non solo sanitario, bensì anche economico-sociale. La comunità scientifica si è quindi prontamente impegnata a sviluppare dei vaccini tanto sicuri quanto efficaci per proteggere la salute delle persone. Nelle società in cui vi è un’alta disponibilità di tali farmaci potrebbe però manifestarsi una paradossale reazione: il rifiuto della vaccinazione. Ciò potrebbe accadere soprattutto nei più giovani, poiché consapevoli che gli esiti peggiori del contagio s verificano nelle persone più anziane. L’obiettivo dell’indagine sottesa all’elaborato è quindi l’individuazione delle ‘buone ragioni’ che motivano la scelta di non aderire alla campagna vaccinale anti COVID-19. Nel fare ciò è stata prestata particolare attenzione al grado di fiducia che le persone ripongono nella scienza e negli scienziati. La ricerca è uno studio quali-quantitativo che ha previsto la somministrazione di un questionario tramite la piattaforma LimeSurvey e di interviste semi-strutturate condotte con l’ausilio dell’applicativo Meet di Google LLC. È stato rilevato un tasso di vaccinazione particolarmente elevato (82.9%). Solo una minima parte delle persone non ancora immunizzate si è dichiarata categoricamente sfavorevole alla vaccinazione (2.5%). La maggior parte dei titubanti ha infatti manifestato una genuina preoccupazione nei riguardi dei sieri disponibili. Dalle interviste è emerso che le principali perplessità – paura degli effetti a lungo termine (45%) e collaterali (22.5%) – sono riferibili alla breve durata dei trial clinici e perciò al poco tempo intercorso tra l’elaborazione e l’approvazione dei farmaci. Inoltre, coerentemente con le ipotesi di ricerca, è stato osservato che il non essersi vaccinati contro il COVID-19 si associa negativamente al costrutto di fiducia nella scienza e negli scienziati. Tali risultati dovrebbero essere tenuti in considerazione nell’elaborazione di strategie comunicative volte a ridimensionare timori e apprensioni, in modo da incoraggiare alla vaccinazione senza ricorrere all’imposizione. Durante la conduzione delle interviste è infatti stato riscontrato che l’informazione e l’educazione – anziché l’impiego di strumenti velatamente coercitivi, come il Green Pass – siano la via da preferire. In aggiunta, nel caso di futuri interventi sanitari da realizzare in tempi stretti e su larga scala, potrebbe essere una buona pratica la creazione di un canale comunicativo più diretto tra la comunità scientifica e la popolazione, così da favorire lo scioglimento di legittimi dubbi e incertezze.
L'esitazione vaccinale e la fiducia nella scienza e negli scienziati ai tempi della campagna contro il COVID-19: Una ricerca quali-quantitativa
RICCIO, VIRGINIA
2021/2022
Abstract
La pandemia da COVID-19 ha colpito la nostra società da un punto di vista non solo sanitario, bensì anche economico-sociale. La comunità scientifica si è quindi prontamente impegnata a sviluppare dei vaccini tanto sicuri quanto efficaci per proteggere la salute delle persone. Nelle società in cui vi è un’alta disponibilità di tali farmaci potrebbe però manifestarsi una paradossale reazione: il rifiuto della vaccinazione. Ciò potrebbe accadere soprattutto nei più giovani, poiché consapevoli che gli esiti peggiori del contagio s verificano nelle persone più anziane. L’obiettivo dell’indagine sottesa all’elaborato è quindi l’individuazione delle ‘buone ragioni’ che motivano la scelta di non aderire alla campagna vaccinale anti COVID-19. Nel fare ciò è stata prestata particolare attenzione al grado di fiducia che le persone ripongono nella scienza e negli scienziati. La ricerca è uno studio quali-quantitativo che ha previsto la somministrazione di un questionario tramite la piattaforma LimeSurvey e di interviste semi-strutturate condotte con l’ausilio dell’applicativo Meet di Google LLC. È stato rilevato un tasso di vaccinazione particolarmente elevato (82.9%). Solo una minima parte delle persone non ancora immunizzate si è dichiarata categoricamente sfavorevole alla vaccinazione (2.5%). La maggior parte dei titubanti ha infatti manifestato una genuina preoccupazione nei riguardi dei sieri disponibili. Dalle interviste è emerso che le principali perplessità – paura degli effetti a lungo termine (45%) e collaterali (22.5%) – sono riferibili alla breve durata dei trial clinici e perciò al poco tempo intercorso tra l’elaborazione e l’approvazione dei farmaci. Inoltre, coerentemente con le ipotesi di ricerca, è stato osservato che il non essersi vaccinati contro il COVID-19 si associa negativamente al costrutto di fiducia nella scienza e negli scienziati. Tali risultati dovrebbero essere tenuti in considerazione nell’elaborazione di strategie comunicative volte a ridimensionare timori e apprensioni, in modo da incoraggiare alla vaccinazione senza ricorrere all’imposizione. Durante la conduzione delle interviste è infatti stato riscontrato che l’informazione e l’educazione – anziché l’impiego di strumenti velatamente coercitivi, come il Green Pass – siano la via da preferire. In aggiunta, nel caso di futuri interventi sanitari da realizzare in tempi stretti e su larga scala, potrebbe essere una buona pratica la creazione di un canale comunicativo più diretto tra la comunità scientifica e la popolazione, così da favorire lo scioglimento di legittimi dubbi e incertezze.File | Dimensione | Formato | |
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