L’abilità di riconoscerci visivamente, che emerge nei bambini a partire da circa 18 mesi di vita, è stata considerata come un cruciale indicatore della presenza dell’autoconsapevolezza. Tuttavia, l’abilità di distinguere noi stessi dagli altri non è esclusivamente dipendente dalle informazioni visive. Infatti, la rappresentazione del nostro corpo è costruita a partire da molteplici input sensorimotori, che includono input propriocettivi, sensoriali e motori. Di conseguenza, mentre solitamente distinguere il corpo altrui è un processo prettamente visivo, riconoscere il proprio corpo è un’attività che si basa su informazioni provenienti da molteplici canali sensoriali. Nonostante ciò, il ruolo dei processi somatosensoriali nel riconoscimento del sé deve ancora essere studiato approfonditamente e chiarificato. Significativamente, un precedente studio elettrofisiologico ha mostrato che l’attività della corteccia somatosensoriale, misurata tramite elettroencefalografia, aumentava quando ai soggetti veniva presentata un’immagine della propria mano, rispetto alla presentazione di una mano estranea, indicando il coinvolgimento delle aree somatosensoriali durante l’auto-riconoscimento implicito. Dunque, lo scopo della presente ricerca era di indagare i correlati comportamentali dell’evidenza fisiologica precedente. A tal fine, abbiamo usato un esperimento dual-task a due scenari, nel quale diciannove partecipanti destrimani sani hanno completato sia un compito di detezione che uno di accoppiamento. In ciascuna prova, ai soggetti veniva presentata una coppia di stimoli visivi raffiguranti la loro mano o una mano estranea. Gli stimoli venivano presentati in due diversi scenari, chiamati “with self” e “without self”, a seconda che la mano dei soggetti fosse inclusa o meno. Il primo stimolo visivo era accompagnato da una stimolazione tattile elettrica applicata al dito indice della mano destra dei partecipanti, e l’intensità della stimolazione corrispondeva alla soglia tattile dell’individuo. I soggetti dovevano prima indicare se avessero avvertito il tocco, e infine valutare se la seconda immagine della coppia fosse uguale o diversa dalla prima. La nostra previsione era di osservare una migliorata sensibilità tattile indotta dalla presentazione visiva della propria mano rispetto alla presentazione della mano altrui, rispecchiata da una modulazione del tasso di detezione. Anzitutto, analizzando i tassi di accuratezza nel compito di accoppiamento, abbiamo confermato la presenza dell’effetto di “self-advantage”, mostrando una miglior prestazione dei soggetti quando veniva implicitamente riconosciuta la propria mano rispetto alla mano altrui. Inoltre, il nostro disegno sperimentale non è risultato sensibile alla modulazione indotta sull’attività della corteccia somatosensoriale da parte del riconoscimento della mano propria. Abbiamo infatti trovato una frequenza di detezione simile quando veniva presentata la mano propria rispetto a quella altrui, ad indicare che nel nostro paradigma l’auto-riconoscimento visivo implicito non aveva effetti sulla sensibilità tattile. Dati tali risultati, il nostro studio fornisce degli importanti spunti. Anzitutto, fa luce sulle limitazioni della misura proposta (la soglia tattile), che potrebbe non essere appropriata per investigare i meccanismi correlati all’auto-riconoscimento; in secondo luogo, ci permetterà di elaborare futuri esperimenti che sfruttino parametri più adeguati, come ad esempio i tempi di reazione.

Riconoscimento del Sé e processi somatosensoriali: uno studio comportamentale

GUIDOTTI, RICCARDO
2020/2021

Abstract

L’abilità di riconoscerci visivamente, che emerge nei bambini a partire da circa 18 mesi di vita, è stata considerata come un cruciale indicatore della presenza dell’autoconsapevolezza. Tuttavia, l’abilità di distinguere noi stessi dagli altri non è esclusivamente dipendente dalle informazioni visive. Infatti, la rappresentazione del nostro corpo è costruita a partire da molteplici input sensorimotori, che includono input propriocettivi, sensoriali e motori. Di conseguenza, mentre solitamente distinguere il corpo altrui è un processo prettamente visivo, riconoscere il proprio corpo è un’attività che si basa su informazioni provenienti da molteplici canali sensoriali. Nonostante ciò, il ruolo dei processi somatosensoriali nel riconoscimento del sé deve ancora essere studiato approfonditamente e chiarificato. Significativamente, un precedente studio elettrofisiologico ha mostrato che l’attività della corteccia somatosensoriale, misurata tramite elettroencefalografia, aumentava quando ai soggetti veniva presentata un’immagine della propria mano, rispetto alla presentazione di una mano estranea, indicando il coinvolgimento delle aree somatosensoriali durante l’auto-riconoscimento implicito. Dunque, lo scopo della presente ricerca era di indagare i correlati comportamentali dell’evidenza fisiologica precedente. A tal fine, abbiamo usato un esperimento dual-task a due scenari, nel quale diciannove partecipanti destrimani sani hanno completato sia un compito di detezione che uno di accoppiamento. In ciascuna prova, ai soggetti veniva presentata una coppia di stimoli visivi raffiguranti la loro mano o una mano estranea. Gli stimoli venivano presentati in due diversi scenari, chiamati “with self” e “without self”, a seconda che la mano dei soggetti fosse inclusa o meno. Il primo stimolo visivo era accompagnato da una stimolazione tattile elettrica applicata al dito indice della mano destra dei partecipanti, e l’intensità della stimolazione corrispondeva alla soglia tattile dell’individuo. I soggetti dovevano prima indicare se avessero avvertito il tocco, e infine valutare se la seconda immagine della coppia fosse uguale o diversa dalla prima. La nostra previsione era di osservare una migliorata sensibilità tattile indotta dalla presentazione visiva della propria mano rispetto alla presentazione della mano altrui, rispecchiata da una modulazione del tasso di detezione. Anzitutto, analizzando i tassi di accuratezza nel compito di accoppiamento, abbiamo confermato la presenza dell’effetto di “self-advantage”, mostrando una miglior prestazione dei soggetti quando veniva implicitamente riconosciuta la propria mano rispetto alla mano altrui. Inoltre, il nostro disegno sperimentale non è risultato sensibile alla modulazione indotta sull’attività della corteccia somatosensoriale da parte del riconoscimento della mano propria. Abbiamo infatti trovato una frequenza di detezione simile quando veniva presentata la mano propria rispetto a quella altrui, ad indicare che nel nostro paradigma l’auto-riconoscimento visivo implicito non aveva effetti sulla sensibilità tattile. Dati tali risultati, il nostro studio fornisce degli importanti spunti. Anzitutto, fa luce sulle limitazioni della misura proposta (la soglia tattile), che potrebbe non essere appropriata per investigare i meccanismi correlati all’auto-riconoscimento; in secondo luogo, ci permetterà di elaborare futuri esperimenti che sfruttino parametri più adeguati, come ad esempio i tempi di reazione.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/66518