Nella tesi ho analizzato i capitoli XXXI e XXXII dei Promessi Sposi relativi alla diffusione della peste nella Milano del 1630. Per commentare questi capitoli ho individuato alcuni nuclei tematici principali: il rifiuto della verità, gli errori compiuti dall'uomo, la disgregazione della società, i pregiudizi e le ossessioni del popolo e la speranza nella religione. A livello psicologico la popolazione tende fin da subito a ribellarsi all'idea della malattia e a credere nella sua inesistenza, arrivando addirittura a prendersi beffe dei pochi che cercavano di preservare la salute di tutti. La negazione della peste in un primo momento avviene soprattutto a livello linguistico, infatti chiunque osasse nominare il termine peste veniva insultato. Questo occultamento viene sostenuto dal comportamento del governatore Spinola, dagli errori commessi dai sapienti, ma anche dal popolo. Una volta informato della sciagura che stava colpendo la città di Milano il governatore non si preoccupò di prendere precauzioni o provvedimenti, ma preferì eludere il problema e occuparsi esclusivamente della questione politica e militare. Alcuni medici, pur di non ammettere i propri errori per aver negato la presenza del morbo iniziarono a indicare la peste con termini di malattie comuni. Manzoni mette in risalto le difficoltà che la verità ha dovuto affrontare per fuoriuscire e descrive ironicamente i travestimenti nominali utilizzati per offuscare la realtà, fino a quando la malattia assume realmente la propria denominazione. Ma che cosa succede quando non è più possibile chiudere gli occhi? La popolazione, posta di fronte alla realtà, invece di riflettere su quanto sta accadendo, si abbandona ancora una volta all'irrazionalità e cerca di fuggire dal male, non potendo più negarlo, ma ricorre ad un meccanismo di sostituzione, cioè attribuisce alla peste una falsa origine, quella delle unzioni. La folla si lascia sopraffare dalla paura, infatti il contagio non colpisce e uccide solo il corpo, ma contamina anche le menti. Una volta diffusa tra la popolazione la presenza sospetta degli untori, questi diventano il capro espiatorio del contagio. Ciò accade in modo disarmante e si ricercano i nemici anche all'interno delle proprie case. L'unica speranza la si può ricercare rifugiandosi nella religione. Questo viene messo in luce dalla santità del cardinale Federigo Borromeo e dalla sollecitudine dei cappuccini che posti di fronte al pericolo della peste non si abbandonano alla paura, ma compiono azioni caritatevoli nei confronti del prossimo.
La negazione della peste nei capitoli XXXI e XXXII dei «Promessi Sposi»: cecità e follia
OSELLA, GIORGIA
2021/2022
Abstract
Nella tesi ho analizzato i capitoli XXXI e XXXII dei Promessi Sposi relativi alla diffusione della peste nella Milano del 1630. Per commentare questi capitoli ho individuato alcuni nuclei tematici principali: il rifiuto della verità, gli errori compiuti dall'uomo, la disgregazione della società, i pregiudizi e le ossessioni del popolo e la speranza nella religione. A livello psicologico la popolazione tende fin da subito a ribellarsi all'idea della malattia e a credere nella sua inesistenza, arrivando addirittura a prendersi beffe dei pochi che cercavano di preservare la salute di tutti. La negazione della peste in un primo momento avviene soprattutto a livello linguistico, infatti chiunque osasse nominare il termine peste veniva insultato. Questo occultamento viene sostenuto dal comportamento del governatore Spinola, dagli errori commessi dai sapienti, ma anche dal popolo. Una volta informato della sciagura che stava colpendo la città di Milano il governatore non si preoccupò di prendere precauzioni o provvedimenti, ma preferì eludere il problema e occuparsi esclusivamente della questione politica e militare. Alcuni medici, pur di non ammettere i propri errori per aver negato la presenza del morbo iniziarono a indicare la peste con termini di malattie comuni. Manzoni mette in risalto le difficoltà che la verità ha dovuto affrontare per fuoriuscire e descrive ironicamente i travestimenti nominali utilizzati per offuscare la realtà, fino a quando la malattia assume realmente la propria denominazione. Ma che cosa succede quando non è più possibile chiudere gli occhi? La popolazione, posta di fronte alla realtà, invece di riflettere su quanto sta accadendo, si abbandona ancora una volta all'irrazionalità e cerca di fuggire dal male, non potendo più negarlo, ma ricorre ad un meccanismo di sostituzione, cioè attribuisce alla peste una falsa origine, quella delle unzioni. La folla si lascia sopraffare dalla paura, infatti il contagio non colpisce e uccide solo il corpo, ma contamina anche le menti. Una volta diffusa tra la popolazione la presenza sospetta degli untori, questi diventano il capro espiatorio del contagio. Ciò accade in modo disarmante e si ricercano i nemici anche all'interno delle proprie case. L'unica speranza la si può ricercare rifugiandosi nella religione. Questo viene messo in luce dalla santità del cardinale Federigo Borromeo e dalla sollecitudine dei cappuccini che posti di fronte al pericolo della peste non si abbandonano alla paura, ma compiono azioni caritatevoli nei confronti del prossimo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/66512