The subject of this thesis is a study of the events that took place at the end of World War II in the Pacific, with the defeat of the Japanese Empire and the political, social, and cultural post-war situation under the aegis of the United States. The demand for unconditional surrender imposed by the United States and established by the Potsdam Declaration against Japan was accepted on August 15, 1945, with the reservation that prevented the abolition of the imperial system, thereby preserving the figure of Emperor Hirohito and ensuring the continuity of national politics. The governance of the country, under the authority of the Emperor and the Japanese government following the surrender, was subjected to the presence of General MacArthur, who would preside over the country until the objectives of the Potsdam Declaration were achieved. The Allied occupation focused its strategy on psychological aspects: the aim was to win the trust of the Japanese people by maintaining the figure of Emperor Hirohito, a symbol of sacredness and stability in the country. The ultimate goal was to establish a democracy, ensure peace in the Pacific, prevent the spread of communism, and secure a future economic partner. The creation of a new Constitution represented a crucial moment for post-war Japan in the democratization process. According to the United States, it was necessary to eliminate the Meiji Constitution (the current Constitution) and create a new one based on American liberal and democratic principles, thus marking a break from the past, while still safeguarding the figure of the Emperor. The presence of opposition forces from conservative military officials who did not want to give up their positions made the procedures for “constitutional reform” longer. The new Constitution was ultimately accepted by the Japanese people, thus becoming rooted in the social fabric. The new symbols on which Japanese society was based included: the renunciation of war enshrined in Article 9 (after numerous debates on the need for military defense), the equality of citizens, and the respect for fundamental human rights. The country faced a situation of total devastation in the immediate post-war period: the lack of food and widespread famine, caused by the destruction of the transportation system and reduced agricultural production, affected a population already exhausted by the war. The difficult situation of Japanese prisoners of war, who were exploited as an economic resource by the victorious countries, and the subsequent repatriations from territories conquered by Japan (Manchuria, Korea, Taiwan), complicated economic recovery and represented an open wound in the country's social fabric. The historical debate on the conclusion of the war in the Pacific centered on a question: were the atomic bombs necessary, or would strategic aerial attacks alone have sufficed? The strategic bombing planned for August 11, 1945, could have heavily damaged Japan's railway system, reducing the number of civilian casualties in the immediate term but potentially causing many more in the long term due to food shortages. An alternative strategy to the atomic bombs likely would not have ensured a faster end to the war or reduced the number of casualties: Japan might have surrendered even before the use of the bombs and the Soviet Union’s entry into the war. However, the United States' decision to use the two atomic bombs was driven by the need to end the war as quickly as possible.
Oggetto di questa tesi è uno studio sugli eventi che si verificarono al termine della Seconda Guerra Mondiale nel pacifico, con la sconfitta dell’Impero giapponese e sulla situazione politica, sociale e culturale post-bellica sotto l’egida degli Stati Uniti. La richiesta di resa incondizionata voluta dagli Stati Uniti e sancita dalla Convenzione di Potsdam nei confronti del Giappone, venne approvata il 15 agosto 1945 con la riserva che impedì l’abolizione del sistema imperiale, preservando così la figura dell’Imperatore Hirohito e garantendo la continuità della politica nazionale. La guida del Paese, sotto l’autorità dell’Imperatore e del governo giapponese in seguito alla resa, fu assoggettata dalla presenza del Generale MacArthur, che avrebbe presieduto il Paese fino a quando gli obiettivi della Convenzione di Potsdam non fossero stati raggiunti. L’occupazione Alleata incentrò la propria strategia sugli aspetti psicologici: l’intento fu, infatti, di conquistare la fiducia del popolo giapponese attraverso il mantenimento della figura dell’Imperatore Hirohito, simbolo di sacralità e stabilità del Paese. L’obiettivo finale fu di instaurare una democrazia garantendo la pace nel Pacifico, evitare la diffusione del comunismo ed avere un futuro partner economico. La creazione di una nuova Costituzione rappresentò un momento cruciale per il Giappone post-bellico nel processo di democratizzazione. Secondo gli Stati Uniti fu necessario eliminare la Costituzione Meiji (Costituzione in essere), creandone un’altra basata sui principi liberali e democratici americani, sancendo così una rottura con il passato, ma che salvaguardasse comunque la figura dell’Imperatore. La presenza di forze di opposizione da parte degli ufficiali militari conservatori che non volevano rinunciare alla loro posizione, rese più lunghe le procedure per la “riforma costituzionale”. La nuova Costituzione venne infine accettata dal popolo giapponese radicandosi così nel tessuto sociale. I nuovi simboli su cui si basò la nuova società giapponese furono: la rinuncia alla guerra sancita dall’art. 9 (dopo numerosi dibattiti sulla necessità di avere una difesa militare), l’uguaglianza dei cittadini e il rispetto dei diritti umani fondamentali. Il Paese si trovò in una situazione di totale distruzione nell’immediato dopoguerra: l’assenza di cibo e la presenza di carestia a causa della distruzione del sistema di trasporto e della ridotta produzione agricola, colpirono una popolazione già stremata dalla guerra. La difficile situazione dei prigionieri di guerra giapponesi, che vennero sfruttati come risorsa economica dai Paesi vincitori, e i conseguenti rimpatri dalle colonie conquistate dal Giappone (Manciuria, Corea, Taiwan), complicarono la ripresa economica, oltre a rappresentare una ferita aperta nel tessuto sociale del Paese. Il dibattito storico sulla conclusione della guerra nel Pacifico si concentrò su un quesito: erano necessarie le bombe atomiche o sarebbero bastati unicamente gli attacchi aerei strategici? Il bombardamento strategico predisposto l’11 agosto 1945 avrebbe potuto danneggiare pesantemente il sistema ferroviario giapponese, riducendo il numero delle vittime civili nell’immediato, ma causandone potenzialmente molte di più rispetto alle due bombe atomiche, per la mancanza di cibo nel lungo periodo. Probabilmente la strategia alternativa alle bombe atomiche non avrebbe garantito, dunque, una fine più rapida né avrebbe ridotto il numero delle vittime: il Giappone presumibilmente si sarebbe arreso ancora prima dell’uso delle bombe e dell’entrata in guerra dell’Unione Sovietica. La decisione presa dagli Stati Uniti sull’impiego delle due bombe atomiche riguardò però la necessità di concludere la guerra il più rapidamente possibile.
Gli Stati Uniti e la nascita del Giappone contemporaneo alla fine della Seconda guerra mondiale
CAMOLETTO, GRETA
2023/2024
Abstract
Oggetto di questa tesi è uno studio sugli eventi che si verificarono al termine della Seconda Guerra Mondiale nel pacifico, con la sconfitta dell’Impero giapponese e sulla situazione politica, sociale e culturale post-bellica sotto l’egida degli Stati Uniti. La richiesta di resa incondizionata voluta dagli Stati Uniti e sancita dalla Convenzione di Potsdam nei confronti del Giappone, venne approvata il 15 agosto 1945 con la riserva che impedì l’abolizione del sistema imperiale, preservando così la figura dell’Imperatore Hirohito e garantendo la continuità della politica nazionale. La guida del Paese, sotto l’autorità dell’Imperatore e del governo giapponese in seguito alla resa, fu assoggettata dalla presenza del Generale MacArthur, che avrebbe presieduto il Paese fino a quando gli obiettivi della Convenzione di Potsdam non fossero stati raggiunti. L’occupazione Alleata incentrò la propria strategia sugli aspetti psicologici: l’intento fu, infatti, di conquistare la fiducia del popolo giapponese attraverso il mantenimento della figura dell’Imperatore Hirohito, simbolo di sacralità e stabilità del Paese. L’obiettivo finale fu di instaurare una democrazia garantendo la pace nel Pacifico, evitare la diffusione del comunismo ed avere un futuro partner economico. La creazione di una nuova Costituzione rappresentò un momento cruciale per il Giappone post-bellico nel processo di democratizzazione. Secondo gli Stati Uniti fu necessario eliminare la Costituzione Meiji (Costituzione in essere), creandone un’altra basata sui principi liberali e democratici americani, sancendo così una rottura con il passato, ma che salvaguardasse comunque la figura dell’Imperatore. La presenza di forze di opposizione da parte degli ufficiali militari conservatori che non volevano rinunciare alla loro posizione, rese più lunghe le procedure per la “riforma costituzionale”. La nuova Costituzione venne infine accettata dal popolo giapponese radicandosi così nel tessuto sociale. I nuovi simboli su cui si basò la nuova società giapponese furono: la rinuncia alla guerra sancita dall’art. 9 (dopo numerosi dibattiti sulla necessità di avere una difesa militare), l’uguaglianza dei cittadini e il rispetto dei diritti umani fondamentali. Il Paese si trovò in una situazione di totale distruzione nell’immediato dopoguerra: l’assenza di cibo e la presenza di carestia a causa della distruzione del sistema di trasporto e della ridotta produzione agricola, colpirono una popolazione già stremata dalla guerra. La difficile situazione dei prigionieri di guerra giapponesi, che vennero sfruttati come risorsa economica dai Paesi vincitori, e i conseguenti rimpatri dalle colonie conquistate dal Giappone (Manciuria, Corea, Taiwan), complicarono la ripresa economica, oltre a rappresentare una ferita aperta nel tessuto sociale del Paese. Il dibattito storico sulla conclusione della guerra nel Pacifico si concentrò su un quesito: erano necessarie le bombe atomiche o sarebbero bastati unicamente gli attacchi aerei strategici? Il bombardamento strategico predisposto l’11 agosto 1945 avrebbe potuto danneggiare pesantemente il sistema ferroviario giapponese, riducendo il numero delle vittime civili nell’immediato, ma causandone potenzialmente molte di più rispetto alle due bombe atomiche, per la mancanza di cibo nel lungo periodo. Probabilmente la strategia alternativa alle bombe atomiche non avrebbe garantito, dunque, una fine più rapida né avrebbe ridotto il numero delle vittime: il Giappone presumibilmente si sarebbe arreso ancora prima dell’uso delle bombe e dell’entrata in guerra dell’Unione Sovietica. La decisione presa dagli Stati Uniti sull’impiego delle due bombe atomiche riguardò però la necessità di concludere la guerra il più rapidamente possibile.File | Dimensione | Formato | |
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