I castagneti da frutto rappresentano un patrimonio economico, ambientale, storico e culturale d’inestimabile valore. Tuttavia, questi beni così preziosi rischiano di scomparire a causa dell’incuria e dell’abbandono avvenuti durante l’integrazione della società rurale con il mondo urbano ed industriale e per la diffusione di nuove gravi patologie. Nonostante questa premessa, oggi si sta assistendo ad una rivalutazione di questa coltura, dovuta alla crescente domanda di frutti, ai progressi in campo agronomico e all’interesse verso la grande polifunzionalità di questa pianta. Quanto appena scritto è valido per le numerose zone castanicole del Piemonte, tra cui risalta, in provincia di Torino, la Val Pellice. Questo territorio dispone di un ampio panorama varietale, tra cui emergono due accessioni di marrone (Marrone di Villar Pellice e di Lusernetta) e numerose varietà pregiate di castagna (Gioviasca, Neirana, Ruiana, Primaticcia, Solenga e il grande gruppo varietale delle Pelose). Gli obiettivi principali della tesi sono stati quelli di analizzare i fattori d’involuzione della castanicoltura che hanno interessato il territorio piemontese negli ultimi decenni, di studiare il germoplasma presente, al fine di preservare il patrimonio genetico locale e di pianificare azioni di recupero ritagliate sulle peculiarità del castagno, in modo tale da poter applicare adeguatamente le strategie di valorizzazione della castanicoltura pianificate negli ultimi anni. È stato quindi eseguito il monitoraggio e la valutazione dello stato fitosanitario dei castagneti da frutto dell’alta Val Pellice, ripercorrendo le località segnalate in un elaborato del 1994. Il risultato finale del lavoro ha previsto l’assegnazione di una classe compresa dalla lettera A alla E, indicativa dello stato morfofunzionale e produttivo dei castagneti. La maggior parte delle borgate oggetto dei sopralluoghi ha registrato un peggioramento rispetto a quanto riportato in passato. In particolare, si può osservare come la regressione sia distribuita omogeneamente all’interno del territorio e perciò dedurre che le cause del degrado siano da attribuire a cure colturali inadeguate o spesso assenti. Tuttavia, la maggior parte dei castagneti rientra nella classe C, ovvero in condizioni né ottimali né troppo scarse: da ciò si può ipotizzare come si possano avviare tentativi di recupero su una buona parte degli impianti. In autunno sono stati prelevati campioni fogliari su cui condurre le analisi del DNA, utilizzando marcatori molecolari microsatelliti. Infine, sono stati scelti degli individui su cui progettare gli interventi di potatura necessari per un loro recupero. Sono quindi state previste potature di rimonda del secco, al fine di eliminare le branche secche e di regolare l’equilibrio vegeto-produttivo delle piante. Negli ultimi anni sono state intraprese diverse strategie di valorizzazione della castanicoltura in Val Pellice. Tuttavia, questo territorio subisce ancora gli strascichi dell’abbandono colturale e della mancanza di ricambio generazionale, alimentati dal fatto che gli impianti si trovano spesso su terreni acclivi, difficilmente meccanizzabili. Sarebbe auspicabile, per rilanciare effettivamente questa coltivazione, fornire un concreto sostegno ai produttori ed alla filiera nel suo complesso. Questo anche nell’ottica che chi coltiva il castagneto non fornisce unicamente un prodotto da vendere, ma anche e soprattutto numerosi servizi ecosistemici per la comunità.

Indagine conoscitiva sui castagneti della Val Pellice: valutazione delle dinamiche di involuzione della coltura e descrizione del germoplasma locale

FONTANA, ELEONORA VITTORIA
2020/2021

Abstract

I castagneti da frutto rappresentano un patrimonio economico, ambientale, storico e culturale d’inestimabile valore. Tuttavia, questi beni così preziosi rischiano di scomparire a causa dell’incuria e dell’abbandono avvenuti durante l’integrazione della società rurale con il mondo urbano ed industriale e per la diffusione di nuove gravi patologie. Nonostante questa premessa, oggi si sta assistendo ad una rivalutazione di questa coltura, dovuta alla crescente domanda di frutti, ai progressi in campo agronomico e all’interesse verso la grande polifunzionalità di questa pianta. Quanto appena scritto è valido per le numerose zone castanicole del Piemonte, tra cui risalta, in provincia di Torino, la Val Pellice. Questo territorio dispone di un ampio panorama varietale, tra cui emergono due accessioni di marrone (Marrone di Villar Pellice e di Lusernetta) e numerose varietà pregiate di castagna (Gioviasca, Neirana, Ruiana, Primaticcia, Solenga e il grande gruppo varietale delle Pelose). Gli obiettivi principali della tesi sono stati quelli di analizzare i fattori d’involuzione della castanicoltura che hanno interessato il territorio piemontese negli ultimi decenni, di studiare il germoplasma presente, al fine di preservare il patrimonio genetico locale e di pianificare azioni di recupero ritagliate sulle peculiarità del castagno, in modo tale da poter applicare adeguatamente le strategie di valorizzazione della castanicoltura pianificate negli ultimi anni. È stato quindi eseguito il monitoraggio e la valutazione dello stato fitosanitario dei castagneti da frutto dell’alta Val Pellice, ripercorrendo le località segnalate in un elaborato del 1994. Il risultato finale del lavoro ha previsto l’assegnazione di una classe compresa dalla lettera A alla E, indicativa dello stato morfofunzionale e produttivo dei castagneti. La maggior parte delle borgate oggetto dei sopralluoghi ha registrato un peggioramento rispetto a quanto riportato in passato. In particolare, si può osservare come la regressione sia distribuita omogeneamente all’interno del territorio e perciò dedurre che le cause del degrado siano da attribuire a cure colturali inadeguate o spesso assenti. Tuttavia, la maggior parte dei castagneti rientra nella classe C, ovvero in condizioni né ottimali né troppo scarse: da ciò si può ipotizzare come si possano avviare tentativi di recupero su una buona parte degli impianti. In autunno sono stati prelevati campioni fogliari su cui condurre le analisi del DNA, utilizzando marcatori molecolari microsatelliti. Infine, sono stati scelti degli individui su cui progettare gli interventi di potatura necessari per un loro recupero. Sono quindi state previste potature di rimonda del secco, al fine di eliminare le branche secche e di regolare l’equilibrio vegeto-produttivo delle piante. Negli ultimi anni sono state intraprese diverse strategie di valorizzazione della castanicoltura in Val Pellice. Tuttavia, questo territorio subisce ancora gli strascichi dell’abbandono colturale e della mancanza di ricambio generazionale, alimentati dal fatto che gli impianti si trovano spesso su terreni acclivi, difficilmente meccanizzabili. Sarebbe auspicabile, per rilanciare effettivamente questa coltivazione, fornire un concreto sostegno ai produttori ed alla filiera nel suo complesso. Questo anche nell’ottica che chi coltiva il castagneto non fornisce unicamente un prodotto da vendere, ma anche e soprattutto numerosi servizi ecosistemici per la comunità.
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