Il fenomeno dell’eclettismo in architettura inizia a diffondersi in Europa con la crisi del positivismo e con la progressiva caduta delle certezze illuministe. Gli artisti e gli architetti vengono travolti dalle temperie romantiche e sono costretti a guardare al passato alla ricerca di nuove fondamenta su cui basare la cultura ottocentesca. L’architettura diventa un linguaggio attraverso cui esprimere nuovi simboli e valori, un mezzo per elevare le tradizioni del proprio paese e della propria storia. Ogni nazione attinge dai gloriosi modelli del passato, ognuna riconoscendosi in tipologie ed espressioni diverse, spesso combinandone varie tra loro. Si dà vita quindi ad una serie di forme nuove che comprendono ed esaltano elementi tratti da stili di epoche e contesti geografici diversi. Questo è l’eclettismo: un nuovo modo di concepire l’architettura attingendo da modelli eterogenei, provando ad armonizzarli e conciliarli in qualcosa di nuovo che esprima al contempo significati molteplici. Tuttavia, non sempre l’obiettivo si realizza ed il risultato è ottimale. Le potenze europee accrescono la propria influenza, espandono la propria egemonia oltre i confini del continente, si sviluppa il colonialismo e si amplia lo spettro dei modelli a cui ispirarsi: nasce la moda dell’orientalismo. Dal Marocco alla Spagna, dall’Egitto all’India, le forme “arabeggianti” suscitano un’enorme curiosità in Occidente, con i loro colori sgargianti e gli stucchi finemente intrecciati. L’Oriente assume in Europa un volto che non sempre gli appartiene; non c’è ricerca filologica, non c’è volontà di comprensione; l’orientalismo degli esordi è un fenomeno profondamente eclettico perché finisce per riunire in sé elementi che non hanno niente in comune, se non il carattere di “orientalità”, indistintamente attribuito a svariate manifestazioni. L’Italia, alle prese con l’unità nazionale, si trova a dover gestire anche la questione della ricerca di uno “stile” che sia espressione unica della sua immensa varietà culturale. In questo contesto, è l’architettura a dover mostrare un volto che sia omogeneo da nord a sud. Il risultato inevitabile, al centro di innumerevoli discussioni e dibattiti tra intellettuali, è la ricomposizione eclettica, nonostante da molti venga criticata. Pochi, ma degni di nota, gli esempi di orientalismo architettonico italiani. Nati dal desiderio di differenziarsi dalla cultura dominante, di affermare la propria autoesclusione da un sistema giudicato deludente e inefficiente, gli edifici che guardano all’architettura islamica punteggiano la Penisola. Uno, in particolare, è degno di nota: il castello di Sammezzano. Le sorprese e gli incanti che racchiude sono frutto del genio del suo proprietario. Lo splendore dei colori e l’immensa ricchezza delle forme può distrarre l’occhio di chi attraversa le sue stanze ma le frasi minuziosamente celate restituiscono la complessità del personaggio e del suo pensiero. All’inizio del percorso che attraversa il piano nobile, sopra le porte che conducono alla Sala d’Ingresso, campeggia una frase: “Non Plus Ultra”. Non esiste niente di superiore alle meraviglie di Sammezzano, la sua bellezza raggiunge i limiti estremi raggiungibili.

L’architettura europea tra eclettismo e orientalismo. “Non Plus Ultra”: il castello di Sammezzano

GIANNECCHINI, ALESSANDRA
2020/2021

Abstract

Il fenomeno dell’eclettismo in architettura inizia a diffondersi in Europa con la crisi del positivismo e con la progressiva caduta delle certezze illuministe. Gli artisti e gli architetti vengono travolti dalle temperie romantiche e sono costretti a guardare al passato alla ricerca di nuove fondamenta su cui basare la cultura ottocentesca. L’architettura diventa un linguaggio attraverso cui esprimere nuovi simboli e valori, un mezzo per elevare le tradizioni del proprio paese e della propria storia. Ogni nazione attinge dai gloriosi modelli del passato, ognuna riconoscendosi in tipologie ed espressioni diverse, spesso combinandone varie tra loro. Si dà vita quindi ad una serie di forme nuove che comprendono ed esaltano elementi tratti da stili di epoche e contesti geografici diversi. Questo è l’eclettismo: un nuovo modo di concepire l’architettura attingendo da modelli eterogenei, provando ad armonizzarli e conciliarli in qualcosa di nuovo che esprima al contempo significati molteplici. Tuttavia, non sempre l’obiettivo si realizza ed il risultato è ottimale. Le potenze europee accrescono la propria influenza, espandono la propria egemonia oltre i confini del continente, si sviluppa il colonialismo e si amplia lo spettro dei modelli a cui ispirarsi: nasce la moda dell’orientalismo. Dal Marocco alla Spagna, dall’Egitto all’India, le forme “arabeggianti” suscitano un’enorme curiosità in Occidente, con i loro colori sgargianti e gli stucchi finemente intrecciati. L’Oriente assume in Europa un volto che non sempre gli appartiene; non c’è ricerca filologica, non c’è volontà di comprensione; l’orientalismo degli esordi è un fenomeno profondamente eclettico perché finisce per riunire in sé elementi che non hanno niente in comune, se non il carattere di “orientalità”, indistintamente attribuito a svariate manifestazioni. L’Italia, alle prese con l’unità nazionale, si trova a dover gestire anche la questione della ricerca di uno “stile” che sia espressione unica della sua immensa varietà culturale. In questo contesto, è l’architettura a dover mostrare un volto che sia omogeneo da nord a sud. Il risultato inevitabile, al centro di innumerevoli discussioni e dibattiti tra intellettuali, è la ricomposizione eclettica, nonostante da molti venga criticata. Pochi, ma degni di nota, gli esempi di orientalismo architettonico italiani. Nati dal desiderio di differenziarsi dalla cultura dominante, di affermare la propria autoesclusione da un sistema giudicato deludente e inefficiente, gli edifici che guardano all’architettura islamica punteggiano la Penisola. Uno, in particolare, è degno di nota: il castello di Sammezzano. Le sorprese e gli incanti che racchiude sono frutto del genio del suo proprietario. Lo splendore dei colori e l’immensa ricchezza delle forme può distrarre l’occhio di chi attraversa le sue stanze ma le frasi minuziosamente celate restituiscono la complessità del personaggio e del suo pensiero. All’inizio del percorso che attraversa il piano nobile, sopra le porte che conducono alla Sala d’Ingresso, campeggia una frase: “Non Plus Ultra”. Non esiste niente di superiore alle meraviglie di Sammezzano, la sua bellezza raggiunge i limiti estremi raggiungibili.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/66364