Da tempo l'acaro Varroa destructor causa gravi problemi all'Apis mellifera L.: oltre al danno diretto di sottrazione di emolinfa, l'acaro può trasmettere varie patologie, che limitano la durata di vita delle api; recentemente sono stati evidenziati effetti sinergici tra Varroa e pesticidi come i neonicotinoidi. La Varroasi, inserita sovente tra le malattie delle api, è in realtà una parassitosi che colpisce sia la covata che gli adulti. L'acaro possiede un apparato boccale pungente-succhiante e si comporta da ectoparassita per tutta la durata della sua vita, sia a spese della covata (preferendo quella maschile), sia a spese degli adulti. Il ciclo biologico della Varroa è sincronizzato con quello delle api. Nel momento in cui le famiglie sono prive di covata, le Varroe femmine rimangono sul corpo degli ospiti anche per mesi, in attesa che ricompaiano le larve delle api. Quando riprende l'allevamento di covata da parte delle api, anche le Varroe riprendono il loro ciclo vitale. La riproduzione avviene esclusivamente all'interno della covata opercolata. Rimaste chiuse all'interno della cella, le femmine di Varroe si nutrono di emolinfa a spese dell'ape in via di sviluppo e depongono le uova. Dal primo uovo nasce un maschio che muore dopo essersi accoppiato con le sorelle nate dopo di lui. La fuoriuscita delle Varroe, madre e figlie, avviene attaccandosi al corpo dell'ape quando questa sfarfalla. La riduzione o il mancato utilizzo di acaricidi ha portato molti apicoltori a cercare di contenere l'acaro senza danneggiare le api, attraverso vie alternative. Un metodo utilizzato ormai da molto tempo è il confinamento della regina per un periodo minimo di 21 giorni con numerose varianti sia per lo spazio adibito al confinamento della regina sia per la possibilità di lasciare che la regina deponga o meno le uova. L'obiettivo del lavoro svolto è stato verificare l'efficacia di un metodo meccanico di lotta alla Varroa basato sul confinamento della regina, effettuato con tre diverse modalità e sempre abbinato a un trattamento con una sostanza naturale ad effetto acaricida, l'acido ossalico, confrontato con un metodo che prevede il solo utilizzo di oli essenziali per il contenimento dell'acaro. Ciascuna tesi era saggiata su cinque alveari. Le tre diverse tipologie di isolamento applicate, un favo isolato mediante apposita struttura in rete, due favi isolati nella stessa condizione, e la trappola Scalvini, permettono la deposizione di uova ma lasciano a disposizione della regina un numero ridotto e differente di celle. Le larve che nascono in questi settori sono poi eliminate, lasciando la colonia senza covata e quindi gli acari solo sulle api adulte; segue un trattamento acaricida. Sono stati inoltre presi in considerazione la forza delle famiglie, la caduta di Varroa (sia naturale sia a seguito dei trattamenti) e il numero di acari presenti nelle celle opercolate. Si è così valutata l'importanza dello spazio riservato alla covata al fine del controllo della Varroa e la risposta della regina al tipo di isolamento. Non si sono rilevate differenze significative tra le diverse tesi sulla caduta di Varroa, ma la ripresa dell'ovideposizione della regina è stata più rapida nella tesi con un unico favo isolato. Per rilevare ulteriori ricadute dei tre trattamenti di confinamento rispetto ai testimoni, sono stati considerati anche gli esiti del trattamento invernale e lo stato delle famiglie nella primavera successiva.
METODI DI ISOLAMENTO DELLA REGINA DI APIS MELLIFERA PER IL CONTROLLO DELLA VARROA
CECCARELLO, SIMONE
2013/2014
Abstract
Da tempo l'acaro Varroa destructor causa gravi problemi all'Apis mellifera L.: oltre al danno diretto di sottrazione di emolinfa, l'acaro può trasmettere varie patologie, che limitano la durata di vita delle api; recentemente sono stati evidenziati effetti sinergici tra Varroa e pesticidi come i neonicotinoidi. La Varroasi, inserita sovente tra le malattie delle api, è in realtà una parassitosi che colpisce sia la covata che gli adulti. L'acaro possiede un apparato boccale pungente-succhiante e si comporta da ectoparassita per tutta la durata della sua vita, sia a spese della covata (preferendo quella maschile), sia a spese degli adulti. Il ciclo biologico della Varroa è sincronizzato con quello delle api. Nel momento in cui le famiglie sono prive di covata, le Varroe femmine rimangono sul corpo degli ospiti anche per mesi, in attesa che ricompaiano le larve delle api. Quando riprende l'allevamento di covata da parte delle api, anche le Varroe riprendono il loro ciclo vitale. La riproduzione avviene esclusivamente all'interno della covata opercolata. Rimaste chiuse all'interno della cella, le femmine di Varroe si nutrono di emolinfa a spese dell'ape in via di sviluppo e depongono le uova. Dal primo uovo nasce un maschio che muore dopo essersi accoppiato con le sorelle nate dopo di lui. La fuoriuscita delle Varroe, madre e figlie, avviene attaccandosi al corpo dell'ape quando questa sfarfalla. La riduzione o il mancato utilizzo di acaricidi ha portato molti apicoltori a cercare di contenere l'acaro senza danneggiare le api, attraverso vie alternative. Un metodo utilizzato ormai da molto tempo è il confinamento della regina per un periodo minimo di 21 giorni con numerose varianti sia per lo spazio adibito al confinamento della regina sia per la possibilità di lasciare che la regina deponga o meno le uova. L'obiettivo del lavoro svolto è stato verificare l'efficacia di un metodo meccanico di lotta alla Varroa basato sul confinamento della regina, effettuato con tre diverse modalità e sempre abbinato a un trattamento con una sostanza naturale ad effetto acaricida, l'acido ossalico, confrontato con un metodo che prevede il solo utilizzo di oli essenziali per il contenimento dell'acaro. Ciascuna tesi era saggiata su cinque alveari. Le tre diverse tipologie di isolamento applicate, un favo isolato mediante apposita struttura in rete, due favi isolati nella stessa condizione, e la trappola Scalvini, permettono la deposizione di uova ma lasciano a disposizione della regina un numero ridotto e differente di celle. Le larve che nascono in questi settori sono poi eliminate, lasciando la colonia senza covata e quindi gli acari solo sulle api adulte; segue un trattamento acaricida. Sono stati inoltre presi in considerazione la forza delle famiglie, la caduta di Varroa (sia naturale sia a seguito dei trattamenti) e il numero di acari presenti nelle celle opercolate. Si è così valutata l'importanza dello spazio riservato alla covata al fine del controllo della Varroa e la risposta della regina al tipo di isolamento. Non si sono rilevate differenze significative tra le diverse tesi sulla caduta di Varroa, ma la ripresa dell'ovideposizione della regina è stata più rapida nella tesi con un unico favo isolato. Per rilevare ulteriori ricadute dei tre trattamenti di confinamento rispetto ai testimoni, sono stati considerati anche gli esiti del trattamento invernale e lo stato delle famiglie nella primavera successiva.File | Dimensione | Formato | |
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