Il problema dell'inizio dell'attività punibile si pone in tutti i quei casi in cui il legislatore prevede la conseguenza sanzionatoria, che nel diritto penale è costituita dalla pena (e dalla misura di sicurezza), quando non si sia in presenza di un reato consumato.Principalmente e in maniera più rilevante, sia in termini di garanzia per i cittadini che in relazione alle numerose ipotesi verificabili, la disposizione di legge più significativa a questo riguardo è l'art. 56 c.p. che prevede il delitto tentato. Tale enunciato normativo di parte generale, combinandosi con le fattispecie incriminatrici di parte speciale, converte le fattispecie consumate in fattispecie tentate. Ma analogamente anche le fattispecie cosiddette a consumazione anticipata richiedono un criterio oggettivo a cui fare riferimento per stabilire con esattezza da che momento inizia la punibilità del soggetto agente. Quindi la ricerca trova nell'indagine sul tentativo il nucleo centrale, ma è un'indagine che in realtà è trasversale rispetto alla parte generale perché riguarda il problema dell'inizio dell'attività punibile. E' dunque necessario individuare la condotta penalmente rilevante nel delitto tentato e nei reati cosiddetti a consumazione anticipata al fine di garantire il cittadino di fronte ad abusi del corpo legislativo e giudicante. Le considerazioni della ricerca condotta analizzando le disposizioni legislative relative al delitto tentato, in funzione della ricerca di un criterio oggettivo per stabilire l'inizio dell'attività punibile, potranno essere estese, con gli opportuni accorgimenti, alle fattispecie a consumazione anticipata stricto sensu intese e ai delitti di attentato. Il nostro codice penale, il codice Rocco, è fondamentalmente ispirato al modello oggettivo del reato, come lo erano anche il codice Zanardelli e il codice Napoleone, che in misura rilevante influenzò il codice previgente. Abbandonata la formula dell' ¿inizio di esecuzione¿, il legislatore del 1930 introdusse quella attuale nel testo dell'art. 56 che richiede come elemento oggettivo per la punibilità del tentativo l'idoneità degli atti e la loro direzione non equivoca a commettere un delitto. Analizzando alcune delle possibili interpretazioni del dettato legislativo, il problema fondamentale da affrontare è quello della necessità di stabilire se uno dei due criteri o entrambi siano in grado di risolvere definitivamente la questione relativa al limite dell'inizio dell'attività punibile.

Direzione non equivoca e inizio dell'attività punibile

FIORE, MARIA ANTONIETTA
2013/2014

Abstract

Il problema dell'inizio dell'attività punibile si pone in tutti i quei casi in cui il legislatore prevede la conseguenza sanzionatoria, che nel diritto penale è costituita dalla pena (e dalla misura di sicurezza), quando non si sia in presenza di un reato consumato.Principalmente e in maniera più rilevante, sia in termini di garanzia per i cittadini che in relazione alle numerose ipotesi verificabili, la disposizione di legge più significativa a questo riguardo è l'art. 56 c.p. che prevede il delitto tentato. Tale enunciato normativo di parte generale, combinandosi con le fattispecie incriminatrici di parte speciale, converte le fattispecie consumate in fattispecie tentate. Ma analogamente anche le fattispecie cosiddette a consumazione anticipata richiedono un criterio oggettivo a cui fare riferimento per stabilire con esattezza da che momento inizia la punibilità del soggetto agente. Quindi la ricerca trova nell'indagine sul tentativo il nucleo centrale, ma è un'indagine che in realtà è trasversale rispetto alla parte generale perché riguarda il problema dell'inizio dell'attività punibile. E' dunque necessario individuare la condotta penalmente rilevante nel delitto tentato e nei reati cosiddetti a consumazione anticipata al fine di garantire il cittadino di fronte ad abusi del corpo legislativo e giudicante. Le considerazioni della ricerca condotta analizzando le disposizioni legislative relative al delitto tentato, in funzione della ricerca di un criterio oggettivo per stabilire l'inizio dell'attività punibile, potranno essere estese, con gli opportuni accorgimenti, alle fattispecie a consumazione anticipata stricto sensu intese e ai delitti di attentato. Il nostro codice penale, il codice Rocco, è fondamentalmente ispirato al modello oggettivo del reato, come lo erano anche il codice Zanardelli e il codice Napoleone, che in misura rilevante influenzò il codice previgente. Abbandonata la formula dell' ¿inizio di esecuzione¿, il legislatore del 1930 introdusse quella attuale nel testo dell'art. 56 che richiede come elemento oggettivo per la punibilità del tentativo l'idoneità degli atti e la loro direzione non equivoca a commettere un delitto. Analizzando alcune delle possibili interpretazioni del dettato legislativo, il problema fondamentale da affrontare è quello della necessità di stabilire se uno dei due criteri o entrambi siano in grado di risolvere definitivamente la questione relativa al limite dell'inizio dell'attività punibile.
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